Pogačar sul Puy de Dôme ha dato l’ennesima dimostrazione di forza in questo Tour de France 2023. Alla fine ha guadagnato solo 8 secondi su Vingegaard, ma sotto il punto di vista mentale è stato sicuramente un bel colpo.

Foto Velon.cc POOL/Cor Vos © 2023

Lo sloveno è stato autore di una prestazione straordinaria anche sul Puy de Dôme. Come era prevedibile ha disintegrato il record di scalata degli ultimi 4,2 km (i più duri) che pare risalisse alla cronoscalata del 1983. A impressionare non è tanto il tempo, ma la prestazione assoluta (ok, ormai ci ha abituato, ma è pur sempre eccezionale).
Applausi, ovviamente, anche per il vincitore di tappa Mike Woods, in fuga tutto il giorno e autore di una salita finale di altissimo livello.

In questo articolo, come al solito, faremo una breve analisi dati, ma prima ci soffermeremo anche sulle scelte tecniche di Pogačar, che per la prima volta ha utilizzato delle ruote diverse rispetto alle Enve SES 4.5.

 

Le scelte tecniche

Pogačar è un grande amante delle ruote Enve SES 4.5, che praticamente ha utilizzato in tutta la prima parte di stagione e nella prima settimana del Tour.
Cerchio hookless con canale interno da 25 mm, profilo da 50 mm sull’anteriore e 56 mm sul posteriore. Peso dichiarato: circa 1.450 grammi.

Per affrontare le pendenze a doppia cifra del Puy de Dôme, però, per la prima volta nella stagione ha preferito puntare su una ruota con profilo più basso e leggero.
Una scelta scontata, direte voi, ma in realtà non così. Se date un’occhiata alle immagini, infatti, in tanti hanno comunque optato per ruote a medio/alto profilo.
Sempre all’insegna della leggerezza è stata la scelta di corone e dischi, di cui avevamo già parlato QUI.

Pogačar sul Puy de Dôme
Dalle immagini si vede bene che Pogačar ha usato le Enve SES 2.3. Foto A.S.O. / Charly Lopez

Dalle immagini si capisce che Tadej ha utilizzato le Enve SES 2.3, cioè le più leggere della casa americana, pensate proprio per ottimizzare le prestazioni in salita, sacrificando qualcosa in termini di aerodinamica. Rispetto a quanto aveva fatto negli anni passati, invece, non ha voluto rinunciare al sistema tubeless, anche se il tubolare avrebbe garantito ancora qualche grammo in meno.
Questo Tour, probabilmente, segnerà la definitiva scomparsa delle ruote per tubolare…

Il profilo delle SES 2.3 (immagine in basso) è molto basso: 28 mm all’anteriore e 32 mm al posteriore. Il peso dichiarato è addirittura di 1.197 grammi.
Notevole la differenza anche per quanto riguarda il canale interno, che in questo caso è da 21 mm anziché 25 mm.
Questo consente una maggiore prontezza in fase di scatto e, volendo, dà la possibilità di montare pneumatici da 25 mm (opzione non concessa sulle SES 4.5, dove la sezione minima è 28 mm), dunque più reattivi e leggeri.
In tutta onestà, però, non sappiamo se Tadej abbiamo optato per la gomma da 25 o 28 mm. Siamo invece sicuri, perché si vede bene, che ha scelto la versione TT dei Continental GP5000 S, cioè quella più leggera e scorrevole.

Simile anche la configurazione adottata da Vingegaard, che ha scelto di usare il tubeless e le ruote Reserve 34|37, le più leggere a disposizione della Jumbo Visma. Peso dichiarato circa 1.300 grammi. 

Se per Pogačar la ruota a profilo basso rappresenta un’eccezione, per Vingegaard invece è la normalità in tutte le tappe con molta salita.

Pogačar sul Puy de Dôme
Per Vingegaard solita configurazione con ruote basse, le Reserve 34|37. Foto A.S.O. / Charly Lopez

Record di scalata del Puy de Dôme: i dati

Passiamo ai dati.
Pogačar al momento non ha condiviso l’attività sul suo profilo Strava, ma possiamo fare riferimento al cronometraggio manuale e al profilo di Tom Pidcock, autore di una grande prestazione sul Puy de Dôme. L’inglese si è staccato solo nel tratto più duro ed è giunto al traguardo a soli 51” dallo sloveno.

Il Puy de Dôme, secondo l’altimetria ufficiale, misura 13,3 km al 7,7% di pendenza media. Si tratta di una salita divisa in due, con un primo troncone facile e gli ultimi 4,2 km all’11,7%.

Pogačar ha percorso l’intera salita in 35:10, ad una velocità media di 22,69 km/h.
La VAM è stata di 1.736 m/h, la potenza stimata di circa 6,5 w/kg.

Una performance di altissimo livello, ma non fuori dal comune nel ciclismo moderno, se pensiamo che non è stata limitata dall’alta quota e che la prima parte della tappa è stata percorsa dal gruppo a velocità non esagerata.
L’unico elemento limitante per la prestazione è stato il caldo, visto che tutta l’ultima salita è stata percorsa oltre i 30°.

Pogačar sul Puy de Dôme

Qui sopra i dati dell’intera salita

La prestazione eccezionale, come avrete già capito, Pogačar (e Vingegaard) l’hanno espressa nei 4,2 km finali più duri (immagini in basso).
Lo sloveno ha impiegato 14:45, distruggendo il precedente record, che pare appartenesse allo spagnolo J. Jimenez con 15:43. Non era difficile immaginare che questo tempo sarebbe stato battuto, visto che risaliva al 1983, anche se fatto segnare durante una cronoscalata.

Pogacar ha superato i 4,2 km all’11,7% di pendenza a 17,08 km/h di media, con una VAM di 2.000 m/h. Questo sì che è un dato straordinario, se pensiamo che è stato espresso a fine tappa e al termine di una salita lunga. E’ vero che la pendenza importante aiuta a registrare valori di VAM elevati, ma andare oltre i 1.800 m/h in un’ascesa del genere è da fenomeni…

Non conosciamo il dato di potenza, ma come per l’arrivo di Cauterets-Cambasque, è possibile stimare una prestazione di poco inferiore ai 7 w/kg.
Considerate che Clement Berthet (AG2R Citroen), che era in fuga ed è giunto quinto all’arrivo, con circa 5,8 w/kg in quest’ultimo tratto ha beccato 2:45…

Foto d’apertura A.S.O. / Charly Lopez

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