20 marzo: Giornata Internazionale della Felicità.
Felicità che una Risoluzione della Nazioni Unite datata 19 luglio 2011 – QUI il testo – ha definito come “obiettivo umano fondamentale”. Una meta raggiungibile attraverso “un approccio inclusivo, equo ed equilibrato orientato alla crescita economica che promuova la felicità e il benessere di tutti i popoli”.

Be Mindful (consapevole), Grateful (riconoscente), Kind (gentile) sono le tre parole chiave di questa speciale giornata targata 2023 e celebrata per la prima volta dieci anni fa.

Giornata Internazionale della Felicità

Il mio “Day of Happiness”

Mi sono chiesto… Qual è il modo migliore per celebrare “in felicità” il mio 20 marzo?
Di sicuro un pensiero per i propri cari, per gli amici e per quelle persone che in questo periodo con la felicità hanno poco da spartire. Senza dimenticare se stessi.
Così un bacio alla famiglia e ore 8:30 al ponte.

Appuntamento con Max, direzione sud per due ore e mezza prima di tornare ai nostri affetti ed ai nostri affari.
Quaranta minuti per scaldare la gamba tra una chiacchiera e l’altra, i commenti sulla Milano-Sanremo ed un occhio malinconico ad un magro fiume Adige. Così secco che appena si sale un po’ in quota è possibile vederne il fondo in alcuni punti.

E qui c’è poco da essere felici nonostante tutto.
Siamo parte di qualcosa di più grande e la consapevolezza non basta più anche se un promemoria targato ONU-Day of Happiness non guasta.

Giornata Internazionale della Felicità

Minuto 47′: la strada sale

«Che vuoi fare?» – chiede Max – «Saliamo da nord o da sud?».
Lo guardo è sorrido perché nord o sud poco cambia: da dove la prendi questa salita è sempre piccante. A sud piccante all’italiana: persistente ed intensa, ma pedalabile. Da nord piccante “alla messicana”: aggressiva, pungente, verticale con un breve tratto al 16%.

Saliamo da nord… e va bene così.
Max si stacca e proseguo da solo. Sopravvivo al primo tratto e mi sento felice. Approccio la seconda metà e mi sento felice, ma un po’ meno.

Il mio Hammerhead Karoo 2 fa il conto alla rovescia. Sono sul tratto più impegnativo guardo lo schermo: pendenza 15,8% (chiedo scusa se non c’è la foto più un grazie per la comprensione). Mancano 1,5 km alla vetta e 150 m di dislivello. Fate voi.

Mi tolgo gli occhiali e li inforco nel casco. Il sudore scorre sul viso, ho la lingua fuori e sento il sapore del sale, della fatica. Arrivo in cima, mi giro e risalgo accompagnando Max.

Il tempo di mettersi lo smanicato ed arriva la proposta di un caffè sulla strada del ritorno scolpita ancora una volta dal vento. Max sta dietro, un po’ di gamba c’è e così… penso.

Giornata Internazionale della Felicità

Cherofobia, serendipità e Pippo Ganna

Penso ad un termine conosciuto solo poco tempo fa, ma che in realtà è diventata roba da grande schermo già nel 2018 quando Martina Attili si è presentata ai provini di X Factor con un brano dal titolo omonimo: “Questa è la mia cherofobia, fa paura la felicità…”.

Il termine ha etimologia greca e deriva da kairós “ciò che rallegra” e fóbos “paura”.

Non si tratta di una patologia diagnosticata, ma di una convinzione.
Felicità come stato volatile e passeggero: ad un momento gioioso devono necessariamente seguire disgrazie, traumi o eventi negativi. Un’angoscia dovuta al timore di ciò che accadrà dopo aver raggiunto un traguardo o vissuto un’esperienza positiva.
Paura di essere felici: davvero???

Così d’impatto cerco una risposta mentre continuo a pedalare. Mi viene in mente un intervento di Antonella Bellutti, olimpionica ad Atlanta ’96 e Sydney 2000 nel ciclismo su pista.

«A 16 anni facevo già parte nella Nazionale Italiana di atletica leggera. La mia disciplina forte erano i 100 metri ad ostacoli. Record su record. Vittoria su vittoria. Il mio destino sembrava scolpito sulla pietra. E invece accadde l’imprevisto: un infortunio al ginocchio. Inizia il pellegrinaggio da un medico all’altro. Le terapie finivano per peggiorare la situazione. Un gruppo di amici triathleti mi convinse, per riabilitarmi, ad andare in bicicletta».

«Ne compro una di seconda mano. Così ho iniziato a pedalare verso la serendipità: trovare qualcosa d’inaspettato mentre si sta cercando qualcos’altro. Un mix tra il guizzo dell’ingegno e la coincidenza fortuita che spesso è alla base di rivelazioni positive per la quotidianità».

Qui sotto il libro scritto da Antonella Bellutti: “La vita è come andare in bicicletta”.
Sport, alimentazione e… vita.

Penso che è questa, in fondo, l’essenza della bici.
Uscire per pedalare.
Tornare e ritrovare la leggerezza, la priorità delle cose ben prima della stanchezza e del mal di gambe.

Penso a Ganna ed alla 114° Milano-Sanremo (Pippo che numero!).
«Mi dispiace perché avrebbe potuto essere una vittoria. Avevo quel feeling per seguire Van der Poel però avevo paura. Era una delle prime volte che mi trovavo in quella situazione non sapevo neanche io come avrebbero potuto reggere le mie gambe. […] Ora punto tutto su Roubaix».

Foto: Gian Mattia D’Alberto/LaPresse

E si sa… prima della luce c’è sempre il buio così come prima di una vittoria (o un trionfo, vedi Record dell’Ora) c’è sempre una sconfitta (vedi Mondiale a cronometro).
Pippo lo sa benissimo e quel sorriso in faccia alla telecamera a fine intervista sa di sfida e voglia di essere felice (fossi in Van Aert e Van der Poel inizierei ad aver paura).

Altroché cherofobia!

Imparare dalle sconfitte, nello sport come nella vita…

E comunque pedalando e pensando arriva il caffè più mezza brioche: sono le 11:00 e sui tavoli girano già gli aperitivi… Una tentazione.
È ora di andare a casa, c’è il resto da vivere in questa Giornata Internazionale della Felicità!

Per maggiori informazioni: dayofhappiness.net

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