C’è davvero bisogno delle gare gravel?
E’ una domanda che stiamo sentendo spesso tra gli appassionati e che ci stiamo ponendo anche all’interno della nostra redazione.

Le aziende stanno lanciando gravel bike sempre più performanti.
Gli eventi con format “race” si moltiplicano, anche se a rilento, e nel 2022 la FCI organizzerà anche il primo campionato italiano di specialità.

C’è davvero bisogno delle gare gravel

Ma c’è davvero bisogno di introdurre la componente agonistica in una disciplina come il gravel?
Ha senso ricercare la performance in un mondo fatto per lo più di avventura, scoperta, contatto con la natura?

Nella prima settimana di giugno si sono svolti due eventi gravel di livello mondiale e, se vogliamo, contrapposti per filosofia e concezione, che ci hanno portato a fare qualche riflessione.
Entrambi hanno visto la partecipazione di circa 3.000 persone.

Uno dei partecipanti all’arrivo del Tuscany -Trail – Foto facebook.com/TuscanyTrail

Da un lato il Tuscany Trail, che incarna lo spirito più libero del gravel, quello del bikepacking e senza alcun tempo limite.
470 km attraverso la Toscana, con partenza alla francese, godendosi il viaggio in totale autonomia, seguendo solo una traccia Gps e scegliendo quanto e come pedalare ogni giorno.

Dall’altro l’Unbound Gravel, una delle competizioni gravel più famose al mondo.
5 percorsi, una gara vera e propria, con la partecipazione anche di tanti Pro’ ed ex Pro’. Sempre un’avventura, ma con una componente agonistica decisamente più marcata.

Insomma, da un lato l’esperienza, dall’altro la competizione.
Da un lato la concezione più Italiana (Europea?) del Gravel, dall’altro quella più Americana, dove il gravel è nato.

C’è davvero bisogno delle gare gravel
La partenza dell’Unbound Gravel – facebook.com/unboundgravel

Poi c’è il format Nova Eroica

Nel mezzo tra questi due modi di concepire il gravel c’è il format degli eventi cicloturistici con tratti cronometrati. E’ la modalità che ha fatto la fortuna della Nova Eroica, ma che negli ultimi tempi è stata sposata da tanti altri eventi, sia in ambito gravel che stradale.

E’ una formula ibrida che prova ad accontentare un po’ tutti.
Rimane il gusto di pedalare in compagnia, al ritmo desiderato e godendosi le bellezze del territorio per gran parte dell’evento, ma con quella parentesi agonistica dei segmenti cronometrati che, diciamolo, non dispiace a nessuno.

Purché l’agonismo, la sfida con se stessi, è comunque parte integrante del ciclismo, gravel compreso. Purché si rimanga nel campo del sano agonismo e non si degeneri in inutili estremizzazioni.

Quale sarà il futuro?

C’è un format “più giusto” dell’altro?
Probabilmente no, e comunque non spetta a noi dirlo.
Il gravel ha mille sfaccettature e l’eterogeneità degli eventi contribuisce a metterle in evidenza.

Al momento possiamo limitarci ad analizzare i numeri e cercare di percepire il sentiment degli appassionati, che ci rivelano come in Italia il concetto di gravel racing faccia fatica ad attecchire. 

Foto facebook.com/TuscanyTrail

I 3.000 partecipanti al Tuscany Trail (che comunque è unico nel suo genere) rappresentano un segnale importante in questa direzione, che si contrappone ai “soli” 200 iscritti della prima prova europea dell’UCI Gravel World Series, svoltasi il 4 giugno in Francia.

Fermo restando che la diffusione di una tipologia di evento non limita la crescita dell’altro. Anzi, di norma più è vasto il panorama delle manifestazioni, più l’interno movimento ne guadagna.
Se le gare gravel non vi piacciono, nessuno vi obbliga a partecipare.
Se non concepite il bikepacking, ci sono molti altri eventi gravel a cui prendere parte.
Per ora l’avventura e il divertimento sembrano avere la meglio sulla competizione (trend che inizia a riguardare anche il mondo road), ma l’unica cosa certa è che il futuro del gravel continuerà ad essere roseo.

E voi cosa ne pensate delle gare gravel? Fatecelo sapere attraverso i commenti al nostro post Facebook che trovate qui sotto:

Qui sotto trovate il nostro racconto della Nova Eroica 2021:

Che esperienza Nova Eroica! Quando il Gravel unisce, diverte e “finisce”