Learco Guerra fu il corridore che indossò la prima maglia rosa della storia.
Quel 10 maggio del 1931, nella pianura tra Milano e Mantova, su un percorso piatto e dritto quasi come una ferrovia, chi se non la “locomotiva umana” poteva battere quello che fino ad allora sembrava l’imbattibile Binda?
Chi se non uno con un nome da mito greco poteva entrare nella leggenda del Giro d’Italia?

Foto: Wikipedia.org

Learco Guerra, fisico potente da muratore e combattività innata, vinse in volata la prima tappa del Giro di novanta anni fa proprio contro Alfredo Binda, che all’epoca aveva vinto tutto o quasi – due Campionati del Mondo, quattro Giri d’Italia, tre Giri di Lombardia, due Milano-Sanremo.
Ed ebbe quindi l’onore di vestire la maglia rosa, il simbolo appena inventato della corsa che sarà in futuro chiamata proprio Corsa Rosa.



Ad introdurre la maglia rosa fu Armando Cougnet, giornalista sportivo della Gazzetta dello Sport, ed era dello stesso colore della carta con cui si stampava il giornale che organizzava il Giro.
Ci si rese conto, infatti, che c’era bisogno di un simbolo che facesse facilmente identificare il leader della corsa in mezzo a tutti gli altri ciclisti.

Ma chi era questo ciclista mantovano che già nel nome prometteva battaglia?

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Guerra, nato nel 1902 come Binda, aveva iniziato a correre in bici tardi, a 25-26 anni.
Prima faceva il muratore insieme a suo padre, lo sport gli era sempre piaciuto e aveva un fisico forte, allenato, resistente, anche se fino ad allora la bicicletta la usava solo per andare a lavorare.

Poi trovò un ingaggio, portò a casa i primi piazzamenti e i premi in denaro, che gli consentivano di conciliare la sua passione con le esigenze della famiglia.

Uno sorcio del ciclismo degli Anni Trenta… (foto: pagina Facebook dedicata a Learco Guerra)

La svolta arrivò nel 1929 in modo piuttosto rocambolesco: un amico gli procurò una bici e una maglia della Maino, uno dei team più importanti dell’epoca, dicendogli che poteva presentarsi alla partenza della Milano-Sanremo.

Guerra andò, corse alla sua maniera, col coltello tra i denti, senza arrendersi, e arrivò al traguardo, seppur con parecchio distacco dal vincitore (che, guarda caso, era di nuovo Binda)
Fu l’unico con i colori della Maino a finire la gara.

Tornato a casa, però, scoprì che non era stata la Maino ad invitarlo ma il suo amico a comprargli bici e maglia da un rivenditore.
Il patron della Maino, tuttavia, volle sapere chi era quel giovanotto spavaldo che aveva finito la Milano-Sanremo con la maglia della sua squadra pur non facendone parte e, consigliato da Girardengo, decise di dargli davvero una possibilità.

Guerra era finalmente un corridore professionista e nel 1930 arrivò la sua consacrazione.
Al Giro d’Italia mostrò le sue doti: irresistibile a cronometro, andava forte negli sprint e riusciva a difendersi spesso anche in montagna e sulle lunghe distanze.
Era esplosivo e non calcolatore, amava la sfida ed era pieno di grinta.

Vinse due tappe ed è in questa occasione che un giornalista della Gazzetta lo ribattezzò la “Locomotiva umana”.
I tifosi di ciclismo iniziarono ad apprezzarlo per poi amarlo definitivamente al Tour di quello stesso anno, quando Learco si rese protagonista vincendo diverse tappe, indossando la maglia gialla e finendo secondo a Parigi.
I duelli allo sprint tra Guerra e Pelissier infiammarono i tifosi italiani e francesi.

Addirittura, tale era la popolarità conquistata che a Mantova i suoi concittadini organizzarono una raccolta di fondi in segno di gratitudine e con quel denaro Learco riuscì a comprarsi una casa!
Al Campionato italiano di quell’anno Guerra si aggiudicò il titolo, interrompendo la serie di quattro successi consecutivi di Binda. Ed è da quel momento che, secondo quanto si racconta, tra i due si accese una rivalità che durò fino alla fine delle loro carriere.

La bicicletta con cui Learco Guerra vinse il campionato del mondo a cronometro individuale a Copenaghen nel 1931 e la maglia originale conquistata nell’occasione. (foto: pagina Facebook dedicata a Learco Guerra)

Nel 1931, ad esempio, Binda vinse la Milano-Sanremo davanti a Guerra e al Giro si scatenarono entrambi, anche se poi furono costretti al ritiro tutti e due per infortunio.
Al Mondiale, che si tenne quell’anno a Copenaghen con l’inedita formula della cronometro individuale, Guerra si prese una rivincita contro l’eterno rivale, dominando la gara.

Maglia rosa, maglia tricolore, maglia iridata: una collezione invidiabile nel giro di un anno!

Nel 1933 arrivò finalmente la vittoria della Sanremo, dopo un duello incandescente con Alfredo Binda.
Al Giro vinse per la quinta volta Binda, e quel sigillo fu il testamento di un grande campione, con uno stile sopraffino, che però risultava freddo e troppo “aristocratico” per la gente, al contrario di Guerra che invece con il suo carattere aperto ed “esplosivo” toccava il cuore dei tifosi.

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Infine, nel 1934 Guerra ottenne il successo a cui tanto ambiva, la vittoria al Giro d’Italia, con 10 tappe vinte. E pensare che sull’Appennino patì una crisi e stava per ritirarsi e pare che furono gli stessi organizzatori del Giro, insieme alla sua squadra, a convincerlo a restare e a tenere duro…
Per chiudere alla grande quel 1934, Learco vinse il suo quinto titolo italiano e il Giro di Lombardia.

Una delle bici di Learco Guerra in mostra al Museo dei Campionissimi di Novi Ligure

Le cronache del tempo lo descrivevano come un generoso, un uomo e un atleta di grande tempra e grande carisma.
Un carisma che possiamo riconoscere anche una volta chiusa la sua carriera agonistica: Learco Guerra diventò, dopo il secondo conflitto mondiale, prima produttore di biciclette, poi commissario tecnico e direttore sportivo.
E proprio in questo ultimo ruolo guidò tanti ciclisti aiutandoli a raggiungere il successo, fra i quali Charly Gaul e un giovane Vittorio Adorni.
Non fece in tempo a coltivarne altri di giovani talenti perché morì prematuramente a 61 anni.
La Locomotiva, dopo tanti primati, era giunta alla sua ultima stazione…

Qui sotto il video che racconta la storia della maglia rosa dal 1931 al 1940:

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(Foto di apertura: PelotonTales.com)