Caro Omar, sei un pazzo.
E ogni volta che annunci una nuova impresa mi spaventi.
Mi atterrisci.
E sulle prime faccio fatica a capirne il senso.

“Ma perché lo fa?”

Appena finito di leggere dove andrai nella tua nuova impresa vivo uno stato di ansia e angoscia.

“In Antartide in bicicletta?”

Come se a partire in questi (chiamiamoli) viaggi fosse un fratello.
Per un attimo mi sento anche io lì, in sella, avvolto in un freddo che non riesco nemmeno ad immaginare.
E poi penso a quante ne hai già superate e a quante altre volte mi hai fatto percepire il brivido dell’avventura.

Programmata, calcolata e studiata, ma siccome di avventura si tratta di base c’è sempre una certa dose di sconsideratezza.
Di accettazione dell’imprevisto.
Di sfida totale.
Di abbandono estremo della zona di comfort.
Di rifiuto degli agi della vita moderna e (di alcune) delle semplificazioni che la tecnologia ci permette tutti i giorni.

caro omar
Dicembre 2015, Roma: la presentazione della sua prima impresa artica avviene nel negozio Balduina Bike Shop davanti a una piccola platea. Il suo seguito all’epoca era più contenuto, ma già molto entusiasta.

E qui viene un punto cruciale: la bicicletta insegna l’utilità e l’importanza di uscire e poi tornare nella zona di comfort.
Insegna a contare sulle proprie risorse.
Non so quanti di noi pedalano e azzardano distante impegnative in sella con la consapevolezza di questi aspetti.
Che ci rendono persone più forti, più sicure e più pronte contro gli imprevisti della vita.

E ce la fanno amare con una forza inaudita, quella di chi, a se stesso, è riuscito a dare nuovi e inaspettati limiti.
L’esplorazione del mondo diventa esplorazione di sé e più vado lontano e più apprendo di me.

E poi c’è la condivisione dell’esperienza.
Parlo a tutti voi che state leggendo questo articolo: la missione di Omar Di Felice è raccontare e documentare il suo limite.
Che diventa anche il nostro.
E che si allontana o si avvicina (a seconda delle situazioni) ad ogni pedalata.
Senza dimenticare la fotografia che Omar sta costruendo del pianeta Terra.
Faccenda ben più spinosa, questa, ma che un ciclista è portato a sentire più di altri individui.

Alcuni, me compreso, gli danno del pazzo.
E’ un folle.
Ma chi glielo fa fare?
Ma poi, almeno nel mio caso, prevale la fascinazione del suo racconto.
Dell’umana esperienza sui pedali, con dimensioni di lunghezza, larghezza e altezza che sono così fuori dalla mia quotidianità da lasciarmi basito.

E questa è la missione di Omar Di Felice.

Perciò, la cosiddetta “zona Omar” è diventata, in gergo ciclistico, esplorazione di sé ed è qualcosa che ognuno di noi può sperimentare anche dietro casa.
Senza necessariamente prendere un aereo e disegnare linee ardite su una mappa dall’altra parte del globo.
Per questo ammiro Omar e finisco sempre con il rettificare la prima impressione, cioè “Sei un pazzo!”, con “Sei un grande!”.

caro omar
Settembre 2017, sede CONI, presentazione del Giro d’Italia Unlimited. Omar Di Felice, insieme al suo preparatore, Fabio Vedana (alla sua destra) e al sottoscritto, presenta la nuova impresa ai media.

caro omar
Dicembre 2020: un incontro casuale sui Monti Simbruini dopo la prima nevicata della stagione.

E qui mi rivolgo direttamente a lui: caro Omar, semmai ad un certo punto pensassi di abortire l’impresa, fallo senza troppa remore.
Solidarietà e comprensione non mancheranno.
Uscirai dalla “zona Omar” per entrare in “zona Panzini”, cioè la caffetteria delle nostre chiacchierate al caldo.
Forse parleremo della tua impresa (o forse no) oppure, magari, parleremo semplicemente di bici.
Come due ragazzini appassionati.

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