Allenarsi in altura al livello del mare senza rinunciare al comfort sembra ormai essere pratica comune per diversi ciclisti professionisti, così come per atleti di tante altre discipline di endurance.

Sabato scorso ha suscitato scalpore il record di scalata al Coll de Rates del belga Victor Campenaerts. Il ciclista belga del team Lotto Soudal, detentore del Record dell’Ora, è riuscito a battere di 13” il tempo di Tadej Pogačar.
Ne avevamo parlato QUI.

In quell’articolo avevamo accennato anche ad un altro particolare legato a quel record e al training camp di Campenaerts in Spagna: il soggiorno del belga all’hotel Syncrosfera di Pedreguer, dove è possibile allenarsi in altura al livello del mare.
Cosa significa? Che le stanze diventano delle vere e proprie camere ipobariche in grado di riprodurre le condizioni ambientali di diverse altitudini attraverso la riduzione della pressione atmosferica (esattamente come avviene in quota).

Qui sotto trovate il video in cui lo stesso Campenaerts spiega un po’ come funziona la faccenda:




Come potete vedere, per gli atleti stranieri è una cosa normale, tanto da farci anche un video su YouTube, ma è bene ricordare che per la legge italiana le pratiche ipobariche rientrano tra i metodi dopanti, cosa che non avviene in altri stati (come il Belgio) dove la pratica è consentita.
Una zona d’ombra del regolamento che deriva dalla decisione della WADA (World Anti-Doping Agency) di delegare ai singoli stati l’eventuale divieto.

Gli atleti stranieri che fanno ricorso a questa pratica, dunque, non commettono alcun illecito, ma è innegabile che siamo di fronte ad una questione spinosa, che genera una disparità di trattamento, visto che gli atleti italiani (quelli che possono vestire la maglia della Nazionale per intenderci) diventano sanzionabili anche se eseguono tale pratica all’estero.
Potremmo dire che dal punto di vista della salute i nostri atleti sono più tutelati, ma dal punto di vista sportivo sono penalizzati…

Allenarsi in altura
Foto: @boxaltitude

Per comprendere i motivi di questa disparità di trattamento abbiamo chiamato il prof. Alessandro Donati (foto sotto), maestro dello sport e consulente dell’Istituto di Scienza dello Sport del CONI. Un profilo famoso per le sue battaglie contro il doping, le accuse al sistema internazionale antidoping ed il “caso Schwazer”.
Prese di posizione che emergono anche nel suo ultimo libro: “I signori del doping. Il sistema sportivo corrotto contro Alex Schwazer” (ed. Rizzoli, 2021).

– Professor Donati: tende ipobariche e hotel dove è possibile simulare l’altitudine. Qual è il suo punto di vista?
– Stiamo parlando di metodi e strategie in grado d’alterare i parametri ematici in modo sensibile ed evidente. Viene stimolata la produzione dei reticolociti (globuli rossi giovani n.d.r.): dinamica che innesca balzi significativi dell’ematocrito che può passare da 40-41% ad oltre il 50% dopo un periodo di 20/30 giorni.
In altri termini la tentazione è a portata di mano.

Foto: @Hypoxico

– Ovvero?
– Non c’è un meccanismo di regolazione ed esposizione naturale all’altura e il rischio è quello di farsi prendere la mano: spingere la pratica del metodo oltre misura.
Il regolamento antidoping italiano, con la legge n.376/2000 ed il Decreto Ministeriale del 30 dicembre 2002, vieta espressamente l’uso di pratiche ipobariche. La WADA ha rimandato la decisione in merito ai singoli Stati.
Gli esperti della Commissione di Vigilanza sul Doping italiana presumo abbiano inserito il divieto per fare in modo di non alterare i risultati sportivi tutelando allo stesso tempo la salute degli atleti.

Allenarsi in altura
Foto: @boxaltitude

– Queste strutture ricettive aprono nuove frontiere. Allenarsi in altura al livello del mare: qual è il cambio di prospettiva?
– La tendenza è quella di allenarsi a basse quote per poi recuperare e dormire attorno ai 2.000 metri. Per farlo in maniera naturale, però, l’atleta viene esposto prima di tutto ad uno stress termico oltre al fatto che è costretto a spostarsi per raggiungere luoghi adatti all’allenamento.
In genere si evita di svolgere l’attività sportiva in altura perché ciò comporta una elevata distruzione dei globuli rossi. Inserire a quote differenti l’attività e il recupero-sonno permette di stimolare l’eritropoiesi (il processo di produzione dei globuli rossi n.d.r.) evitando stress fisiologici.
Questi nuovi sistemi semplificano l’organizzazione, ma aggiungono un rischio.
Inoltre, non tutti reagiscono all’altura allo stesso modo.

Foto: @campenaertsvictor

– Lei è uno dei massimi esperti a livello mondiale per quanto riguarda la Metodologia dell’Allenamento e il sistema antidoping. È possibile individuare ai controlli un atleta che si sottopone a pratiche ipobariche?
– Se l’ipossia viene dosata con criterio e in maniera moderata è impossibile da rilevare. L’evento si presenta solo se c’è un utilizzo intenso e sconsiderato. L’aumento dei globuli rossi viene tracciato grazie a parametri stabiliti da alcune formule matematiche elaborate dalla WADA che hanno un certo margine di tolleranza. E questo “margine” complica ulteriormente la ricerca di questa pratica.

Allenarsi in altura
Il salotto dove Campenaerts trascorre la maggior parte del tempo quando non si allena è a 1.536 m d’altitudine.

– Da un lato, quindi, c’è la tutela della salute e la garanzia del risultato sportivo che ha mosso i nostri legislatori. Sul fronte opposto c’è un certo lassismo da parte della WADA che di fatto non pone divieti. Gli atleti italiani sono vittime di un trattamento che non li fa gareggiare ad armi pari?
– Poniamo il caso che uno dei nostri decida di utilizzare la tenda ipossica. Chi va a casa o in altri luoghi a controllare se c’è o meno la tenda? Inoltre, a mio avviso, gli organi di giustizia italiani non condannerebbero nemmeno più il metodo proprio alla luce di questa disuguaglianza sportiva.

Secondo l’Australian Institute of Sport, trascorrere 19 notti a 3.000 metri aumenta il massimo consumo d’ossigeno del 5.3%

– Una politica piuttosto perversa. Sotto sembra esserci molto di più…
– Stiamo parlando di un ambiente che depenalizza il doping. Facciamo di fatto prostituire i talenti sportivi. La pratica ipobarica, ad esempio, fa parte di una serie di “concessioni”: due test antidoping mancati in 12 mesi prima della squalifica, la depenalizzazione della caffeina. Gli effetti collaterali ed i rischi per la salute di quest’ultima sostanza sono evidenti. Lasciamo da parte per un attimo il risultato sportivo. Questo sistema è costruito per tutelare la salute? Non credo.

Allenarsi in altura

– Torniamo alle pratiche ipobariche e ai regolamenti messi in atto dai singoli stati. Come si esce da questo meccanismo che chiama in causa l’antidoping e i governi nazionali?
– Ci sono delle evidenti lacune lasciate dalla politica che per vari motivi ha delegato al sistema sportivo la gestione del doping. Il massimo organo decisionale della WADA (il Foundation Board n.d.r.) è composto da 38 membri: rappresentanti del sistema sportivo internazionale e rappresentanti governativi eletti su base continentale.
I governi nazionali, chiamati a finanziare e sostenere economicamente l’Agenzia, si dimostrano nella maggior parte dei casi inadatti a capire le pieghe del sistema sportivo. Così la politica va a ruota dello sport.
Le persone chiamate a sorvegliare sul risultato sportivo sono le stesse persone a cui fa comodo avere una prestazione d’alto livello. L’unica via è creare un’istituzione totalmente esterna ed indipendente rispetto al mondo dello sport.

 

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– Non sembra esserci una soluzione chiara all’orizzonte, giusto?
– La questione dell’ipossia alza il velo su moltissimi aspetti che non hanno semplicemente a che fare con la fisiologia dello sport.
Chi prova a contrastare il sistema antidoping viene schiacciato.
Il mio auspicio è quello di arrivare non tanto ad un’azione risolutiva del problema quanto piuttosto ad un miglioramento della situazione attuale che solo in apparenza sembra prendersi cura di determinati aspetti. Sarebbe già un passo in avanti.

Chi è il prof. Alessandro Donati 

Maestro dello Sport, dal 1974 al 2006 in qualità di dipendente CONI ha ricoperto diversi incarichi. Dal 1977 al 1987 è stato allenatore responsabile della Nazionale di atletica leggera e consulente per la Metodologia dell’Allenamento di diverse Federazioni Sportive disciplina per la quale è stato docente alla Scuola dello Sport del CONI.
Nel 2015 è divenuto responsabile del progetto di monitoraggio e di allenamento di Alex Schwazer dopo la sua positività all’EPO.

Autore di diverse pubblicazioni scientifiche e di studi riguardanti il traffico mondiale di droga e di sostanze dopanti. Tra i suoi libri: Campioni senza Valore (ed. Ponte alle Grazie, 1989), “Lo sport del doping. Chi lo subisce, chi lo combatte” (ed. Gruppo Abele, 2012). Oggi è consulente dell’Istituto di Scienza dello Sport del CONI.

Allenarsi in altura
Il prof. Alessandro Donati con Alex Schwazer. Foto: Alex Schwazer

Foto in apertura: facebook.com/Syncrosfera

Non sempre le tecniche d’allenamento utilizzate dai professionisti vanno bene per tutti.
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