Ha senso allenarsi come i professionisti?
O meglio, è proficuo per noi amatori cercare di fare quello che fanno i Pro’?

A tutti piace tentare di migliorare le prestazioni e spesso proviamo a farlo osservando come si allenano i campioni.
Anche su BiciDaStrada.it abbiamo parlato diverse volte del training dei professionisti e di come vengono preparati appuntamenti specifici come Classiche e Grandi Giri.
QUI, ad esempio, avevamo ripreso il training camp di Froome in vista del Tour.




Se da un lato cercare di fare quello che fanno i Pro’ può essere uno stimolo e una fonte di soddisfazione, dall’altro dobbiamo chiederci quanto sia utile per migliorare le nostre prestazioni e, soprattutto, il nostro benessere generale.
Anche perché, in molti casi, lo si fa senza essere adeguatamente seguiti, ma lasciando spazio all’improvvisazione.

Dunque, torniamo alla domanda iniziale: ha senso allenarsi come i professionisti?
, se per allenarsi come i professionisti intendiamo carpirne alcuni segreti ed imitare principi di base e metodologie di training.
No, se pensiamo di riproporre anche gli stessi volumi e gli stessi tempi di recupero dei Pro’.

Allenarsi come i professionisti
facebook.com/Borahansgroheofficial

Pur tenendo conto delle differenze tra cicloamatore e cicloamatore (per capacità fisiche, età, stile di vita), è fondamentale adeguare i concetti di allenamento alle nostre capacità fisiche, affinché il training sia efficace e non controproducente.
Di seguito cerchiamo di spiegare brevemente perché…

La nostra, ovviamente, non vuole essere una critica, ma uno spunto di riflessione costruttivo per cercare di capire fino a che punto imitare i professionisti può essere utile, senza risultare dannoso per la prestazione (e la salute).

VALORI FISIOLOGICI
E’ il primo fattore da considerare.
I professionisti hanno doti atletiche fuori dal comune e dunque sono in grado di sostenere dei carichi di lavoro impensabili per la maggior parte di noi comuni mortali.

Alcuni valori fisiologici, come il VO2max, non sono frutto dell’allenamento (o solo dell’allenamento), ma sono genetici.
Insomma, è un “dono di Madre Natura” e già questo dovrebbe farci capire che certi sforzi non sono per tutti.
Ne abbiamo parlato in modo approfondito nell’articolo qui sotto:

I numeri che servono per diventare professionisti: VO2max, watt/kg e…

ETA’
L’avanzare dell’età riduce le prestazioni e, soprattutto, allunga i tempi di recupero.
Il 95% dei professionisti ha meno di 35 anni, viceversa, la maggioranza degli appassionati ha dai 30 anni in su.
Si tratta di un aspetto su cui riflettere e ognuno dovrà essere bravo ad ascoltare i messaggi del proprio fisico, prestando sempre maggiore attenzione man mano che gli anni passano.

In genere, con l’avanzare dell’età, per rendere proficuo un ciclo di allenamento è necessario aumentare i tempi di recupero, dunque ipotizzare di fare (come i professionisti) diversi giorni consecutivi di allenamento intenso diventa sempre meno proficuo.

Allenarsi come i professionisti
facebook.com/Borahansgroheofficial

IMPEGNI LAVORATIVI E FAMILIARI
Per i Pro’ andare in bici è prima di tutto un lavoro.
Al termine della gara o dell’allenamento, dunque, si possono dedicare al recupero (integrazione e alimentazione corretta, riposo, massaggi).

Anche se, a dirla tutta, negli ultimi anni la routine si è complicata molto anche per loro, a causa di un numero di ritiri e gare sempre più alto (spesso in luoghi lontani), di impegni crescenti con media e sponsor, di un’attività social necessaria, ma che a volte diventa fonte di stress.

Foto facebook.com/equipecyclistegroupamafdj

Per quanto oggi possa essere complicata la routine del professionista, non è comunque paragonabile a quella del cicloamatore medio, che per allenarsi deve alzarsi all’alba o sfruttare le ore più calde della giornata e appena tornato dalla pedalata deve recarsi velocemente al lavoro o dedicarsi alle faccende familiari.
A parte pochi fortunati, il riposo durante la giornata è un miraggio.

Senza contare le Granfondo, che spesso richiedono sveglie prima dell’alba e, una volta concluse, di rimettersi in macchina per diverse ore per rientrare a casa in tempo utile.

Insomma, sono tutti aspetti che non possono essere tralasciati e che incidono negativamente sul recupero e sulla prestazione.
Avete notato, tanto per intenderci, quanto si va più forte nei periodi di vacanza?
Non è di certo un caso…

DIFFERENTI SITUAZIONI (E LUOGHI) DI ALLENAMENTO
Questo aspetto è in parte legato a quello precedente.
Per i professionisti pedalare è un lavoro e quindi è normale cercare di farlo nelle migliori condizioni possibili.

Per questo, quando nel periodo invernale è necessario lavorare sulla resistenza e pedalare per tante ore, non lo fanno al freddo, ma si spostano in zone con temperature più miti (una volta si andava in riviera, oggi alle Canarie, Tenerife, ecc…).
In estate, per evitare il caldo torrido e sfruttare i benefici dell’altura, si allenano in quota.
E’ vero, anche molti cicloamatori “evoluti” negli ultimi anni hanno preso questa abitudine, ma non sono tanti quelli che hanno la possibilità di farlo e comunque per periodi non troppo lunghi.

allenarsi come i professionisti
Foto Strava Michal Kwiatkowski

Insomma, quando in inverno vogliamo fare fondo come i professionisti, ricordiamo che pedalare 5 o 6 ore, per diversi giorni a settimana, con temperature sotto lo zero, non sempre conduce ai risultati sperati.
Discorso analogo vale per il periodo estivo, quando si avrebbe più tempo, ma le temperature sono torride.
Il volume (e a volte anche l’intensità) dell’allenamento vanno adeguati anche in base a questi aspetti.

allenarsi come i professionisti
Foto Strava Steven Kruijswijk

DIVERTIMENTO
Chiudiamo con un ultimo aspetto, forse quello più importante.
Per i Pro’, come già detto più volte, la bici è passione, ma prima di tutto un mestiere.
Per noi amatori, più o meno dotati e “agonisticamente incarogniti”, è (e deve rimanere) un divertimento.

Se per imitare a tutti i costi i professionisti la bici diventa fonte di stress, significa che c’è qualcosa di sbagliato.
Magari si potrà andare più forte per qualche mese, ma alla lunga il rischio è di passare rapidamente dall’amore all’odio.

IN CONCLUSIONE
Vi invitiamo a tenere a mente questi concetti, ovvero a vivere la bici in modo “sostenibile” e a tenerla alla larga il più possibile da fissazioni, manie e abitudini sbagliate, che possono avere ripercussioni negative sulla salute e sulla vita lavorativa e familiare.

Per i Pro’ il marginal gain è una filosofia di vita che conduce a miglioramenti concreti.
Noi comuni mortali, ricordiamocelo, abbiamo il privilegio di vivere la bici come un divertimento.

Allenarsi come i professionisti
Foto facebook.com/BahrainMerida – Credits: Marti Milla/Agència Catalana de Turisme

Però, siccome sappiamo quanto sia affascinante prendere spunto da loro, non smettiamo di sognare, cerchiamo di imitarli, ma adeguando i carichi di lavoro al nostro “motore” e facendolo in modo compatibile con il nostro stile di vita, l’età e i fattori suddetti.

Il marginal gain ha senso ed è proficuo se diventa uno stile di vita sostenibile.
Stile di vita verso il quale alcuni Pro’ di spicco hanno preferito prendere le distanze.
Della serie, evviva la bici fintanto che ci fa tornare a casa con il sorriso.

Se avete trovato interessante questo contenuto, QUI trovate gli ultimi articoli pubblicati su BiciDaStrada.it