Come si diventa professionisti?
Ovvero, quali doti deve avere un giovane ciclista per poter sognare di accedere al mondo dei Pro’?
Quali sono i parametri da valutare e analizzare?

Come si diventa professionisti
Foto facebook.com/BahrainVictorious

Romanticamente, ci piacerebbe dire che la passione viene prima di tutto, ma purtroppo non è così.
La passione è fondamentale per iniziare, è una molla indispensabile per “sopportare” le fatiche e i sacrifici che lo sport di alto livello richiede, e magari per farlo divertendosi, ma da sola non basta.

Ne abbiamo parlato con Paolo Alberati, ex professionista su strada e in Mtb, che ha scoperto e portato al professionismo Egan Bernal. Oggi allenatore di ciclisti di professionisti, di categorie giovanili e di amatori, oltre che manager di molti Pro’.
In fondo all’articolo trovate maggiori dettagli su di lui e sulla sua attività.

Paolo Alberati con Egan Bernal




Durante la chiacchierata con Alberati è emerso che per diventare un buon professionista nel ciclismo moderno servono tre qualità fondamentali:

1- Valori fisiologici fuori dal comune (che analizziamo nel proseguo dell’articolo), ovvero il cosiddetto “motore”. Le prestazioni si possono migliorare con il duro allenamento, ma la “generosità” di madre natura gioca un ruolo chiave.
2- Capacità tecniche e di guida superiori alla media.
3- Determinazione e doti mentali e umane di altissimo profilo.

In questo articolo ci concentreremo sui valori fisiologici e sulle capacità tecniche, due concetti poco poetici, ma imprescindibili e misurabili.
In una seconda puntata, invece, approfondiamo l’aspetto mentale, più difficile da inquadrare, ma altrettanto importante (se non di più).

Prima di cominciare, però, Paolo ci tiene a sottolineare che doti fisiche e mentali NON sono scindibili. Un corridore con numeri pazzeschi, ma senza la testa, difficilmente arriverà ad essere un professionista di successo e viceversa…

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Foto facebook.com/BahrainVictorious

VO2max
Il Vo2max è il primo valore che Alberati analizza quando si trova di fronte ad un giovane particolarmente promettente, poiché è già indicativo a partire dai 17-18 anni.
Si tratta di un parametro biologico che esprime il volume massimo di ossigeno che un essere umano può consumare nell’unità di tempo per contrazione muscolare e si misura in ml/kg/min (millilitri di ossigeno per kg di peso corporeo al minuto)

Perché è così importante?
Perché è un dato influenzato principalmente dalla genetica, che solo in minima parte può essere migliorato con l’allenamento e, come ci spiega in modo chiaro ma semplice Paolo, ci fornisce “la cilindrata della resistenza” di un atleta.

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“Nel ciclismo moderno il “minimo sindacale” per poter immaginare che un atleta possa diventare un professionista è 70 ml/kg/min ma, se parliamo di atleti di alto livello, la soglia sale intorno agli 80, specie in corse dure o competizioni a tappe.
Fanno eccezione solo i velocisti, che potrebbero primeggiare anche con valori di VO2max leggermente più bassi, ma è pur vero che a fare la volata ci devono arrivare.
Per capirci, disputare lo sprint a Parigi dopo 3 settimane di Tour è tutt’altro che banale, perciò anche gli sprinter oggi necessitano di un VO2max da fuoriserie.

“I valori più alti di massimo consumo di ossigeno si registrano tra i 19 ed i 25 anni, quindi quando un giovane, ad esempio a 18 anni, si avvicina a 80 ml/kg/min, so che ha il potenziale per diventare un ottimo corridore.

“Da 88 in su abbiamo i “fenomeni della natura”– continua Paolo – Nella mia carriera ne ho incontrati tre, ovvero Egan Bernal, Kevin Rivera e un altro che conoscerete tra poco… Egan, come sapete tutti, si è già realizzato: a 18 anni aveva 89,4 di VO2max e ho certezza che ora sarà costantemente sopra 90 ml/min/kg.
Kevin ha fatto misurare addirittura oltre 95, un valore ai limiti della fisiologia umana, tanto che quando ho visto quel dato la prima volta alla clinica olimpica del comitato costaricano pensai che fosse un errore, salvo poi rilevare lo stesso dato (e anche di più) altre volte qui  in Italia”.

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Per darvi un’idea, la media della popolazione tra i 20 e i 29 anni ha un VO2max compreso tra 44 e 51ml/kg/min per quanto riguarda gli uomini e tra 35 e 43 nelle donne.

Tra i grandi campioni di cui si conoscono i valori, Greg Lemond aveva 94, Miguel Indurain 88, Chris Froome 88.
Uscendo dal mondo del ciclismo, il valore più alto di sempre è stato fatto registrare dal grande campione di scii di fondo norvegese Bjørn Dæhlie, con 96 ml/kg/min.

Avere un VO2max elevato non significa automaticamente che si potrà avere successo nel ciclismo o in altri sport di resistenza, ma che si ha il potenziale per farlo.
Ci sono molti altri fattori da analizzare (fisici e mentali), ma il VO2max ad oggi viene considerato uno dei parametri di maggiore importanza.

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Foto facebook.com/JumboVismaRoad

COME MISURARLO
Siete curiosi di conoscere il vostro VO2max?
Per avere una misurazione precisa del valore reale è necessario sottoporsi ad un test specifico in uno studio medico, se eseguite un test massimale, oppure si può ricavare il valore dal test sub-massimale anche al di fuori dell’ambito medico.
In genere, quasi tutti i centri di medicina dello sport dispongono del macchinario per eseguirlo.

In alternativa, se utilizzate con regolarità il cardio e un misuratore di potenza ben tarato, oggi ci sono diversi ciclocomputer in grado di calcolare un dato piuttosto preciso, ma si tratta pur sempre di una stima.

Kevin Rivera durante un test svolto nello studio di Paolo Alberati

RAPPORTO PESO/POTENZA
Il rapporto peso/potenza è l’altro parametro chiave per valutare le potenzialità di un atleta.
E’ strettamente correlato al VO2max, ma la differenza sostanziale sta nel fatto che il rapporto watt/kg è molto più sensibile all’allenamento rispetto al VO2max.

E’ ovvio che il rapporto peso/potenza è influenzato dalla durata dello sforzo e che sarà progressivamente più alto al diminuire della durata della prestazione. In genere, come dato di riferimento e di confronto si possono utilizzare la CP20, la FTP o la potenza di soglia anaerobica in un test incrementale.

“Personalmente preferisco il test incrementale eseguito indoor – ci spiega Paolo – poiché ho sempre l’atleta sotto controllo, ma i risultati ottenuti sono inevitabilmente diversi. Per chiarezza, dunque, possiamo ragionare sulla CP20, ovvero sulla massima potenza sostenibile per 20 minuti, da cui si può ricavare la “famosa” FTP.
Un professionista di alto livello fa registrare anche più di 6,5 watt/kg sui 20’ e, cosa non da poco, molto spesso lo fa dopo 5 o 6 ore di corsa, su un percorso molto impegnativo. 

“Quando mi trovo di fronte ad uno juniores che sui 20’ minuti ha valori superiori ai 5,5 watt/kg so che durante l’anno ha la possibilità di vincere con una certa regolarità. Se sfiora i 6 watt/kg mi aspetto che possa passare professionista nell’arco di qualche anno.
Se tocca i 6,2-6,3 watt/kg siamo di fronte a un potenziale piccolo fenomeno”.

“Se parliamo di FTP, ossia i watt che si possono mantenere per 60 minuti consecutivi prima di crollare, un professionista forte ha quasi sempre più di 6 watt/kg.
Da un ragazzino di 18-20 anni, per pensare che possa diventare un ottimo professionista, mi aspetto una FTP di almeno 5 watt/kg, anche se come vi ho già spiegato mi affido di più al VO2max, perché è meno influenzato dall’allenamento”.

E’ chiaro che abbiamo semplificato molto i concetti e preso in considerazione i dati più significativi.
Nell’analisi delle capacità atletiche di un corridore ci sono altri parametri da valutare, che chiamano in causa il Power Profile, la tipologia di gara e le capacità di erogare potenze molte elevate su minutaggi inferiori (pensiamo ai velocisti o ad atleti come Van der Poel), ma avremmo rischiato di entrare troppo nel tecnico.

E’ possibile che velocisti e corridori con grandi performance anaerobiche possano primeggiare anche con valori di CP20 o FTP leggermente inferiori a quelli sopra citati, mentre per gli scalatori e i corridori da corse a tappe i dati di riferimento sono quelli.

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Foto facebook.com/deceuninckquickstep

CAPACITA’ TECNICHE
Delle capacità tecniche e di guida della bici si parla molto meno rispetto ai valori fisiologici, ma in realtà rappresentano una condizione fondamentale per poter diventare un buon corridore.

Nel ciclismo moderno, dove spesso sono i marginal gains a fare la differenza, saper guidare bene la bicicletta in discesa e nei momenti critici della gara rappresenta un fattore decisivo, che può fare la differenza tra vincere o perdere.

Foto facebook.com/Colnago

Non è un caso che la maggior parte degli atleti più giovani e forti abbiano fatto della multidisciplinarietà il loro punto di forza.
Alcuni esempi? Pensate a Sagan, Van der Poel, Van Aert, il neo campione olimpico Pidcock, solo per citare alcuni dei più famosi.
Cimentarsi nel ciclocross e nella Mtb non permette solo di migliorare le proprie qualità fisiche, ma anche (e soprattutto) le doti tecniche e di sensibilità.

“Se non sai guidare bene la bici sarai sempre svantaggio rispetto ai tuoi rivali. A “limare” si impara stando in gruppo, ma è fondamentale conoscere quali sono le basi tecniche e questo è un aspetto troppo poco considerato dai giovani corridori.
Uno juniores che sa impennare con la bici da corsa mi fa sperare bene. Perché? Perché dimostra di avere un controllo del mezzo fuori dal normale, che a volte può sopperire a doti fisiche leggermente inferiori agli avversari.

“Ci sono atleti che sotto questo punto di vista nascono avvantaggiati rispetto ad altri (basta guardare cosa Van der Poel nel video qui sopra…).
Chi ha meno qualità dovrebbe lavorare per migliorarsi. Troppo spesso, soprattutto nel ciclismo su strada, ci si preoccupa di lavorare solo sulle prestazioni atletiche, senza pensare alle lacune tecniche.
Discorso che diventa ancora più importante per chi si è avvicinato al ciclismo non proprio da bambino.

“Pensa che ci sono atleti professionisti seguiti dal mio staff a cui abbiamo fatto prendere lezioni di guida in discesa da Martino Fruet, un funambolo della Mtb, per poter migliorare le doti tecniche di base…”.

Se avete trovato interessante questa prima puntata su come si diventa professionisti, dedicata ai numeri e alla capacità tecniche, vi invitiamo a rimanere sintonizzati, perché tra qualche giorno ci occuperemo delle doti mentali e psicologiche, ovvero la cosiddetta “testa”.
Più in basso, per rimanere in tema di numeri, trovate un paio di articoli in cui abbiamo parlato delle prestazioni di Pogačar al Tour e Bernal al Giro.

Paolo Alberati

CHI E’ PAOLO ALBERATI
Nato a Perugia il 13 aprile 1973, Paolo Alberati dal 1995 è stato ciclista professionista su strada per 4 anni ed in mountain bike per 11.
Laureato in Scienze Politiche nel 2004 con una Tesi di Laurea storica sul Gino Bartali eroe della resistenza nella Seconda Guerra Mondiale, tesi poi diventata il film Rai Gino Bartali l’Intramontabile, è ad un esame dalla seconda Laurea, stavolta in Scienze Motorie.
Paolo è anche scrittore per la Casa Editrice Giunti e Giornalista Iscritto all’Albo.

Diplomatosi tecnico direttore sportivo di Ciclismo e Mtb oltre che Nutrizionista Sportivo, oggi Paolo con la sua A&G SPORTING OFICINA è allenatore di ciclisti di categorie giovanili, di professionisti e di ciclisti amatori. Diplomatosi Rider Agent nel 2012 alla UCI, conduce anche l’attività di Manager di Corridori Professionisti nella sua AFB CYCLING ACADEMY insieme a Maurizio Fondriest e Andrea Bianco.

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