Due giorni, 286 km e quasi 8.850 metri di dislivello. Per molti ciclisti gare come la Hero o la Sportful Dolomiti Race rappresentano l’obiettivo di un’intera stagione. Il nostro Daniel Rocchi non si è accontentato di sceglierne una sola, e ha deciso di tentare una vera pazzia: Hero più Sportful insieme.

Gare “simbolo” del ciclismo su strada e su sterrato, la Hero Dolomites si è tenuta a Selva di Val Gardena sabato 17 giugno, mentre la Sportful Dolomiti Race si è corsa domenica 18 a Feltre, provincia di Belluno. Se la prima conta 86 km di sterrati per 4.500 metri di dislivello, la seconda rilancia con 204 km e ben 4.900 metri di dislivello.

Il giorno dopo questo folle week-end abbiamo raggiunto Daniel, che abbiamo trovato stanco ma decisamente più pimpante di quanto ci aspettassimo. Quando abbiamo saputo della sua impresa infatti non abbiamo potuto fare a meno di rivolgergli alcune domande. Prima di tutto..

– Daniel, devo proprio chiedertelo, come ti è saltato in mente di lanciarti in quest’avventura?
– L’idea è nata a tavolino a settembre. Mi sembrava un’ottima spinta per concentrarmi sugli allenamenti quotidiani.

– Come mai hai scelto proprio queste due gare?
– Il seme di questa avventura è stato piantato in occasione della mia prima partecipazione alla Sportful (ho partecipato a tre edizioni).
Quella volta sul Croce d’Aune mi ritrovai in preda ad una crisi di fatica e un ciclista che mi superò in quel frangente mi disse di avere fatto la Hero il giorno prima.
Negli anni ho avuto la fortuna di conoscerlo meglio e mi ero ripromesso di tentare la stessa impresa. In più si tratta di due gare iconiche per il mondo strada e Mtb amatoriali, con una grandissima macchina organizzatrice dietro. Puro spettacolo in ambientazioni altrettanto spettacolari.

– Ha funzionato darti questo obiettivo per allenarti?
– Sì certo. Impostare un obbiettivo ti dà energia e io mi sono allenato tutto l’inverno e la primavera con l’intenzinoe di arrivare pronto a fare due belle prestazioni.
A fine maggio sono andato a provare il percorso della Hero il giorno prima di fare la Marcialonga. Volevo simulare il doppio impegno fisico che mi aspettava.
Sapevo di dover stare molto attento all’alimentazione e soprattutto al ritmo del sabato. Ma poi, quando attacco il pettorale alla schiena, molti schemi saltano e il gas aumenta!

– Hai affrontato da solo questa impresa?
– Sì, anche se non amo fare trasferte in solitaria, perché penso che la vera fonte della gioia nello sport sia la condivisione.
Purtroppo però non ho trovato nessuno che condividesse questa pazzia. Però gli amici sono stati ugualmente fondamentali in quest’avventura.

– In che modo?
– Beh, tanto per cominciare a Selva mi ha ospitato in appartamento una coppia di carissimi amici. Per la Hero poi tutti gli amici biker mi hanno seguito con partecipazione.
Non so se perchè volevano sostenermi o perchè tra biker e stradisti non corre buon sangue e volevano vedere come me la sarei cavata – scherza.

– Perché tu invece sei uno stradista, giusto?
– Già, si può dire che non ho mai praticato Mtb. La Hero è stata in assoluto la mia prima gara in Mtb e tipo la mia sesta uscita fuoristrada. Qualche settimana prima avevo provato il percorso e non avevo avuto noie particolari, ma confesso che ero un po’ preoccupato prima della corsa. Al ritiro dei pettorali l’emozione era già fortissima.

– E poi com’è andata?
– La corsa è stata a dir poco entusiasmante. Le salite sono indescrivibili. Non si può raccontare l’Ornella, bisogna farla! Non mi aspettavo invece di trovarmi tanto in difficoltà nelle discese. Alla Hero sono veramente lunghe e mi sono subito accorto della mia poca dimestichezza. Alla fine di ogni discesa ringraziavo il cielo di essere ancora intero.

– Qual è stato il momento più duro da affrontare?
– Da Porta Vescovo al Passo Pordoi. Il sentiero era decisamente impegnativo, e subito dopo la discesa verso Canazei mi è sembrata infinita.
Quando sono arrivato in fondo ero del tutto privo di energie a mani e gambe e completamente fuori dalla mia comfort zone. A quel punto tutti i pensieri più negativi iniziavano ad affacciarsi alla mente: “fermati, rallenta, pensa a domani..”.

– Cos’è stato a farti ripartire?
– Ho fatto buona parte del Duron pieno di pensieri, con le gambe stanche e la testa china. Poi in fondo al pianetto dove comincia la risalita impervia verso il passo ho alzato lo sguardo e ho visto intorno a me quel paesaggio fantastico, e alcuni biker che risalivano davanti a me.
Le energie sono tornate all’improvviso, ho alleggerito il rapporto, ho preso un gel e ho aperto il gas fino all’arrivo. L’ultima ora di gara è stata puro godimento. Nella salita allo Zallinger sono riuscito a restare sotto i venti minuti. Una vera libidine.

– Come ti sei sentito all’arrivo?
– Davvero felicissimo, ma fisicamente a pezzi. E i miei pensieri hanno iniziato a correre ai 5.000 metri di dislivello del giorno seguente.

– A quel punto ti aspettava anche la trasferta verso Feltre…
– Esatto! Ho lavato la bici, mangiato qualcosa, sono corso in appartamento per una doccia e via verso Feltre! Per fortuna lì mi aspettava la mia squadra al completo con la cena già in tavola. Sapere di poter contare sugli amici in queste situazioni fa la differenza, mi hanno fatto sentire a casa. Dopo un’ottima cenetta sono piombato a letto e addormentato in meno di 20 minuti.

– E il giorno dopo eri di nuovo in griglia…
– Al mattino ero carico a pallettoni e pronto ad accendere le micce. Sono partito a gas aperto e sono andato avanti così fino a metà Manghen, dove ho capito che se non avessi calato un po’ i ritmi non sarei arrivato in fondo.

– In due giorni del genere la crisi era inevitabile.
– Salendo verso Paneveggio vedevo i watt calare inesorabilmente. Il caldo aumentava, tutto taceva intorno a me. Il silenzio era disarmante. Tenevo capo rivolto verso il basso, la velocità ormai mi aveva abbandonato e la bici sembrava non andare più avanti.

– Poi cos’è successo?
– Ho iniziato a sentire dei rumori che mi hanno ricordato la mia infanzia. Era una raganella, accompagnata da grida di incitamento. Qualcuno era lì anche per me. Il cuore ha fatto un balzo di gioia. Ho preso il telefono e fatto un video, sentivo di essere già rinato.
A pochi metri da lì c’era un ristoro con i ragazzi ad accogliermi carichi come il fuoco, adulti pronti a riempirti le borracce, bambini che mi allungano un pezzo di crostata.

Mi sono fermato un attimo, dimenticandomi di me stesso. Era una vera a propria festa fatta di persone in strada a bordo strada. E a una festa si va per divertirsi.
Carico di tanta bella energia sono ripartito. Da quel punto in poi mi sono fermato a tutti i ristori, cosa che solitamente non faccio mai. Sono arrivato a Feltre demolito ma super felice.

– Che cosa ti è rimasto dentro di questo week end tra le montagne?
– Ci sono cose che mi si sono impresse dentro in maniera indelebile. L’amicizia, il silenzio, la fatica… e soprattutto la gioia.
Gli amici mi hanno dato tutto, dalle bici all’ospitalità alla cena all’incitamento. Senza amici non mi sarei mosso!
Il silenzio: è una parte del viaggio che mi piace da matti. Quando ti alleni, quando affronti una salita, quando ti lanci in una discesa. Sento sempre lo stesso silenzio che mi parla, e io adoro ascoltarlo.

La fatica: è una compagna di viaggio onesta e leale. La bici la insegna e dona una grande dose di umiltà.
E poi la gioia: se mi dimentico di questa fase sono perduto. Che io riesca o meno in quello che faccio devo sempre trovare la gioia. E’ il motore principale, quello che ogni volta che passo vicino alla bicicletta continua a dirmi:” forza sali, andiamoci a divertire”.

Daniel ha chiuso la Hero Dolomites 49° in classifica tra gli amatori con un tempo di 6:21.31,8 e la Sportful Dolomiti Race in 165° posizione con un tempo di 7:48.52,5.

QUI trovate le classifiche complete della Hero e QUI quelle della Sportful.