Sedersi accanto ad un Campione del Mondo fa sempre un certo effetto soprattuto se questo Campione è l’ultimo degli italiani ad aver conquistato l’iride. La memoria dello scatto di Alessandro Ballan a Varese nel 2008 è viva, immortale. Ancora oggi stuzzica la creatività dei meme sui social grazie anche alla famosa esclamazione urlata in telecronaca da Auro Bulbarelli che ha saputo viaggiare fino ai giorni nostri.

Alessandro Ballan, 43 anni, da Castelfranco Veneto (Tv).
191 cm per 77 kg (69 in occasione del Mondiale).

Ballan

Lo incontriamo a Milano nella sede della Canottieri Olona 1894 uno dei club sportivi più antichi d’Italia.
La struttura si affaccia sul Naviglio Grande ed in pancia custodisce una vasca voga (i rulli dei canottieri per intenderci) che ha saputo mantenere inalterato il fascino dello stile liberty.

Foto: Canottieri Olona

Qualche metro più in alto la Canottieri, in collaborazione con Garmin Italia e Giant Italia, ha inaugurato il 3 ottobre scorso una sala dedicata all’indoor cycling che può vantare 12 postazioni con altrettante biciclette montate su smart trainer Tacx Neo 2T smart (Tacx nel febbraio del 2019 è stata acquisita da Garmin).

Il pretesto che ci ha fatto sedere di fianco a Ballan è proprio quello di una pedalata virtuale sul tratto finale del Giro delle Fiandre, una corsa che il ciclista veneto ha saputo conquistare nel 2007 battendo allo sprint il belga Leif Hoste dopo aver piazzato la stoccata decisiva sul mitico Kapelmuur.
Ma facciamo qualche passo indietro…

– Qual è il rapporto di Alessandro Ballan con smart trainer e smart bike?
– Molto buono direi. Al di là della mia collaborazione con Garmin confesso di provare un po’ di invidia nei confronti dei miei ex colleghi che oggi possono contare su questo tipo di dispositivi.

– Ovvero?
– Quando ero dilettante puntavo sempre a far bene nella prima parte di stagione perché le corse erano più adatte alle mie caratteristiche. Riprendevo in mano la bici il 20 novembre. Uscivo con la pioggia e la neve pur di non perdere un giorno d’allenamento, ma alcune volte ho rimediato bronchiti e raffreddori importanti. All’inizio degli anni 2000 tutta questa tecnologia non c’era. Io usavo un ciclomulino artigianale.

– Come gestivi gli allenamenti indoor?
Piccola premessa… Già averlo il ciclomulino fu un mezzo successo. L’azienda sbloccava la produzione dopo aver raccolto almeno dieci ordini. Riuscivo a fare al massimo un’ora, giravo le gambe. Oggi la tecnologia ha allargato gli orizzonti. Gli allenamenti sono meno monotoni, gli amatori si divertono sui percorsi dei professionisti ed i professionisti anche se non hanno mai partecipato ad una corsa possono prendere confidenza con il percorso. Ai miei tempi c’era il famoso “primo anno d’esperienza”: oggi non esiste praticamente più anche grazie a questi strumenti.

– Strumenti che collegati a piattaforme come Zwift possono catapultare un amatore nel professionismo. Vedi il caso di Luca Vergallito (QUI la nostra intervista). Cosa ne pensi?
– Se si scopre un talento ben venga… I numeri sono importanti, ma non bastano. Serve il colpo d’occhio, il coraggio, quella sana cattiveria agonistica che puoi coltivare solo quando sei in gruppo.

– Sei passato professionista tardi a 24 anni. In questo ciclismo dove sarebbe Alessandro Ballan?
– Avrebbe smesso sicuramente, ma non a 24 anni da Elite secondo anno. Ben prima: nel passaggio tra la categoria esordienti ed allievi. Non avevo vinto nulla, la bici però mi piaceva. Oggi se a 12-13 anni non hai risultati fai fatica a trovare squadra. Io sono maturato tardi e le prime vittorie di peso sono arrivate a 21 anni suonati. A quest’età oggi un talento è già professionista da due-tre stagioni.

Ballan

– Hai tenuto duro nonostante tutto però…
– Vengo da una famiglia modesta. Mio padre faceva l’agricoltore e se n’è andato quando avevo 16 anni. Oltre alla bici c’era la scuola ed il lavoro. Da dilettante percepivo per dieci mesi un rimborso spese. Gli altri due lavoravo. Facevo il muratore, l’idraulico, l’imbianchino.

– Ma come un Campione del Mondo imbianchino?
– Ti dirò di più. Nell’inverno del 2003 davo una mano ad Oscar Dalla Costa, mio direttore sportivo al Velo Club Breganze. Stavo nastrando una finestra ed ero in cima ad una scala.  Ad un certo punto squilla il telefono. “Il momento ideale” penso tra me e me. Dall’altra parte si presenta un certo Bontempi che mi invita ad andare a Milano per incontrare Saronni. Io chiudo in fretta pensando ad uno scherzo e lo racconto ad Oscar. Qualche minuto dopo richiamo Bontempi, mi scuso. Carta e penna alla mano prendo nota delle informazioni che mi aveva dato in precedenza.

Ballan Climbs to San Fermo
– E…
– Il giorno dopo ero a Milano: da solo, senza procuratore, senza direttore sportivo con il contratto in mano. Così sono diventato professionista…

– Quindi provi un po’ d’invidia anche quando vedi qualcuno che passa professionista grazie alla Zwift Academy?
– No. Tutto quello che vissuto alla fine è servito per conquistare le mie vittorie più belle. Il tempo in più trascorso tra i dilettanti mi ha permesso di capire che le mie doti emergevano sulla distanza. Una qualità che è servita per vincere il Mondiale e, ripeto, il colpo d’occhio non si impara sui rulli soprattutto quando corri un Giro delle Fiandre dove gli agguati sono sempre dietro l’angolo.

– A cosa ti riferisci?
– Belgi ed olandesi a metà anni 2000 formavano un vero e proprio cartello. Ad esempio prendevano in testa la curva a destra che introduce al Vecchio Kwaremont e rallentavano subito dopo bloccando di fatto la strada. Non passava nessuno. Prima del tratto più impegnativo rallentavano ancora al punto che se eri in ventesima posizione eri costretto a mettere piede a terra. In quell’istante scoppiava la corsa. Per questo dico che i numeri non bastano. Serve la capacità di leggere la situazione, di passare anche se è difficile. Il coraggio di osare insomma.

Ballan
Nel 2007 in cima al Kapelmuur. Foto: Wilier Triestina

– Ballan l’ultimo Campione del Mondo italiano, il primo di casa Garmin. Cosa c’è dietro quel ciclocomputer storto sul traguardo di Varese?
– Nel 2008 Garmin ci consegna un Edge 705 (foto sotto). Lo utilizzo alla Vuelta. Nel corso della settima tappa sono in fuga: nebbia, tempo da lupi, non vedo la strada. Prendo la mappa, la allargo quanto basta e riesco a capire le insidie davanti a me. Così sferro l’attacco decisivo. Forse avrei vinto lo stesso, ma certe funzioni hanno aiutato di sicuro. I manubri allora non erano predisposti per accogliere questi ciclocomputer. In Lampre venivano installati sull’attacco manubrio. Io ho il femore molto lungo così quando mi alzavo sui pedali sfioravo il supporto. In occasione dello scatto di Varese con il ginocchio destro ho urtato l’unità. Ero a tutta, non avevo tempo e modo di mettere tutto in ordine.

– Quel Garmin che fine ha fatto?
– È stato sequestrato (sorride, ndr). Io ne ho una copia identica all’originale, ma quello usato a Varese viene gelosamente custodito negli uffici di Garmin Italia. In fin dei conti per l’azienda rappresenta un pezzo di storia: il primo ciclocomputer ad aver vinto un Mondiale.

– Quanto tempo dovrà passare ancora prima di vedere un altro italiano sul tetto del mondo?
– Brutto da dire… Credo ci vorrà ancora un bel po’. Abbiamo giovani promettenti che però reggono fino ad un certo punto il confronto con i grossi calibri come Van Aert o Pogačar. Serve una squadra italiana World Tour. I progetti ci sono, manca il coraggio ed una legislazione in grado di favorire realmente le aziende che investono nello sport. Da noi gli imprenditori appassionati di ciclismo non mancano, anzi, sono in crescita. E nonostante tutto questo mondo non ha perso la sua vena romantica, fatta di passione vera.

Ballan a Varese: i dati del suo Garmin Edge 705

Distanza: 258 km
Tempo: 6.37’.30”
Dislivello: 4.207 mt
Velocità media: 39km/h
Velocità al momento dello scatto decisivo: 63.9km/h

Ballan ha percorso in solitaria gli ultimi 2.360 mt con una pendenza media dell’1,5% ad una velocità media di 42 km/h.

Qui sotto il nostro test della Tacx Neo Bike Smart.

TEST – Tacx Neo Bike Smart: benvenuti nell’iper realismo di pedalata