ROMA – Si è tenuta ieri a Roma la conferenza Sport Sicuro – Focus sul ciclismo promossa dall’ACSI (Associazione Centri Sportivi Italiani) e dall’associazione ZeroSbatti (che si occupa della tutela del ciclista in caso di incidente stradale) alla quale ha partecipato, fra gli altri, anche e soprattutto Vincenzo Nibali.
E proprio le sue parole, in qualità di ciclista da diversi anni attivo nella promozione dei concetti cardine per la sicurezza in strada, sono state ascoltate con grande interesse.

Vincenzo Nibali e la sicurezza in strada
Da destra, Vincenzo Nibali, Federico Balconi (ZeroSbatti) ed Emiliano Borgna (vice presidente ACSI ciclismo)

«Non è un tema nuovo – ha detto Nibali – noi pro’ lo affrontiamo tutti i giorni.
Il ciclismo è sempre stato messo in secondo piano sul fronte sicurezza in strada e il primo punto di svolta è stato l’obbligo del casco in gara per i professionisti.
Creando un fenomeno di emulazione comunque positivo.
Oggi la bici elettrica ha permesso un vero boom anche per l’uso quotidiano al posto dell’auto, ma il popolo italiano è ancora molto legato all’auto.
La cosa che mi spaventa di più in bici in allenamento?
E’ riuscire a prevenire, cioè a prevedere ciò che potrebbe succedere davanti a me.
Ma io sono un ciclista esperto, so riconoscere situazioni di potenziale pericolo, basta un colpo d’occhio a volte.
I meno esperti, invece, hanno a che fare con il traffico, con gli sportelli che si aprono all’improvviso, con gli incroci e con il fatto che la tua velocità in bici non è facilmente riconoscibile da chi sta in auto.
Quante volte chi guida si accorge tardi che tu in bici eri più veloce di quanto lui pensasse?
Serve, quindi, di anticipare problemi e riconoscerli prima.
Una città positiva per il ciclista?
L’Olanda e la Danimarca sicuramente.
In Canton Ticino, dove io vivo, ci stanno lavorando, ma c’è ancora molto molto da fare».

In risposta alle varie domande poste ieri a Nibali, il corridore ha anche menzionato le piste ciclabili:
«In Italia è difficile, se non addirittura impossibile, realizzarle ovunque.
Basti pensare ai centri storici.
E quando ci sono sono comunque difficilmente utilizzabili da chi va in bici per sport: un professionista o un amatore in pianura viaggia fra i 30 e i 40 all’ora.
E in ciclabile incontra di tutto: da chi passeggia con la bici insieme al figlio a chi usa la ciclabile per passeggiare a piedi o con il cane.
Cioè è impossibile e pericoloso allenarsi in ciclabile.
Potrebbe essere più facile e comunque utile istituire le corsie per i ciclisti, delimitandole con una linea tratteggiata sull’asfalto, sul margine destro della carreggiata.
In questo modo il ciclista riconosce la sua porzione di strada, sa che deve restare lì dentro e lo stesso vale anche per gli automobilisti.
Chiaramente la corsia non protegge il ciclista come una vera ciclabile, ma si crea la consapevolezza che in strada possono esserci dei ciclisti».

Vincenzo Nibali e la sicurezza in strada

Durante l’incontro di ieri a Roma è emerso in modo chiaro che le suddette corsie per i ciclisti e in generale la presenza dei ciclisti in strada richiedono aggiornamenti al Codice della Strada, all’interno del quale le biciclette sono ancora chiamate velocipedi.
Sulla sicurezza in bici, quindi, c’è ancora molto da fare in termini di normative e obblighi (sia da parte di chi pedala, sia di chi sta al volante) e per ora ciò che si può fare, secondo Vincenzo Nibali, è tenere presente che in strada occorre essere visibili.
Sul tema visibilità in strada abbiamo parlato diffusamente su BiciDaStrada.it e a breve torneremo approfondendo l’argomento.
In attesa che il colloquio fra Acsi, Fci e governo si trasformi in normative più chiare e aggiornate.

Qui tutti i nostri articoli sulla sicurezza stradale in bici.