Sabato 4 settembre si è svolta l’ottava prova del circuito UCI Gravel World Series che per la prima volta ha fatto tappa in Italia, a Quattordio (Al), in occasione della 6a edizione de La Monsterrato-Strade Bianche Monferrato, “Memorial Diego Trombin”.
Tra i partecipanti anche Chiara Ciuffini (foto sotto), abruzzese, atleta del Team Cingolani Specialized nonché ambassador del marchio statunitense. Chiara è in sella dal 2009 e “respira” ciclismo a 360°. Dalla Mtb Xc, alle granfondo strada dove ha ottenuto diversi successi fino al gravel.
Qui sotto troverete la sua storia di strada: racconto di una esperienza inedita per tanti ciclisti italiani.
Chiara grazie al 2° posto di categoria (35/39 W) e al 13° assoluto ha ottenuto il pass per il primo Campionato del Mondo gravel che si svolgerà in Veneto sabato 8 (prova femminile) e domenica 9 ottobre. “Quello che conta di più non è l’arrivo, ma il viaggio”. E in fondo anche il gravel condito da una buona dose di sano agonismo è una nuova via. Un nuovo modo di intendere le cose ed il ciclismo. Un nuovo viaggio alla scoperta di sé stessi.
G.B.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da chiara ciuffini (@chiara_ciuffini)

Gare gravel, Campionato del Mondo gravel. Parole, eventi che dalla scorsa stagione sono diventati sempre più dirompenti.

Gravel nell’immaginario collettivo è sinonimo di viaggio, avventura, cicloturismo, cicloescursionismo, voglia d’evadere. Poco o nulla a che vedere con l’agonismo almeno qui in Italia.
Quando l’UCI ha ufficializzato il calendario UCI Gravel World Series, la mia attenzione è caduta sulla tappa numero otto di questa inedita rassegna. Ho messo così il famoso cerchietto rosso su La Monsterrato-Strade Bianche Monferrato.
Ho questo vizio: ciò che che esce dai miei schemi naturali spalanca le porte a nuove sfide. Se di mezzo poi c’è qualcosa in grado di saziare la mia sete di novità il gioco è fatto.

Il calendario UCI Gravel World Series 2022.

Così non ci ho pensato due volte ad approcciare un nuovo modo di intendere il gravel fatto di sano agonismo e competizione anche per via del fatto che in Italia non esiste un vero e proprio calendario di competizioni.

Il movimento gravel race dalle nostre parti deve essere messo ancora a fuoco rispetto ad altre nazioni: si punta molto sui cicloraduni, sulle pedalate non agonistiche o su eventi con tratti cronometrati mentre all’estero le competizioni si sono già evolute. E non sto parlando solo degli Stati Uniti dove tutto ha avuto inizio. Germania, Belgio ed Olanda sono più avanti di noi in questo’ambito.

Amo molto la bici da strada, ma ad un certo punto della stagione ho bisogno che la mia mente si apra verso nuovi orizzonti… Il gravel ha segnato un punto di svolta.
Un ulteriore input è arrivato grazie a Specialized in occasione della presentazione della Crux: la “bici gravel più leggera di sempre”. QUI il nostro approfondimento.
Ho avuto così la possibilità di provare e scoprire questa nuova bicicletta con un unico grande punto di domanda: partecipare a La Monsterrato senza aver mai fatto prima una gara gravel per mettere a punto il mezzo.

La mia Monsterrato
Foto: gentile concessione Chiara Ciuffini

Per sopperire a questa mancanza ho partecipato ad una gara Mtb Xc con la Crux. Percorrendo la Monsterrato ho capito dopo pochi chilometri che il gravel è un altro sport completamente diverso! Non è strada, né alla Mtb, men che meno ciclocross: il gravel è una “lingua diversa”.
A Quattordio tutte le mie certezze sono crollate subito dopo il via.

La mia Monsterrato
Foto: gentile concessione Chiara Ciuffini

Il via della gara dal Centro Sportivo. La partenza scaglionata suddivisa per griglie d’età secondo i criteri definiti dall’UCI: prima i più giovani ed a seguire tutti gli altri.

Prime pedalate su 500 metri d’asfalto poi l’ingresso a tutta nello sterrato e in men che non si dica… Buio totale! O meglio fitta coltre di sabbia e polvere che oscura la vista fino a confondere i profili della ruota di chi precede.

Respirare uguale mangiare aria mista a polvere. Guardare uguale occhi che bruciano. Pedalare uguale cuore a mille. Pochi attimi e mi ritrovo in uno stato di totale confusione. Non riesco a capire le linee tracciate dalle ruote della mia bici. Le coperture affondano nella sabbia. A volte slittano.
Passano i minuti ed il gruppo (finalmente) si allunga. Vedo meglio. Mai avrei pensato ad una partenza del genere per la mia Monsterrato!

Cerco di seguire le mie avversarie per lo più straniere. In salita prendo un po’ di vantaggio, nei tratti tecnici loro si rifanno sonno e allungano. Un elastico che mi spinge vicino se non oltre i miei limiti al punto da saggiare il ciglio del fosso fino a giocare con la fortuna.
I fuorisoglia sono una costante per recuperare terreno e non perdere il “treno”.
Ad un certo punto sento di essere vicina a quella famosa spia che si accende: guardo il ciclocomputer. Ho percorso solo 30 km. Ne mancano 95.

Foto: gentile concessione Chiara Ciuffini

Quasi in riserva cerco di capire come arrivare in fondo. Mi stacco, lascio passare e proseguo del mio passo. Capisco che la rigidità in sella mi porta a farmi trascinare dalla bici quando invece dovrebbe essere il contrario. Sulla sabbia spingo a tutta eppure mi sembra di essere ferma sempre sullo stesso punto. Oltre alla forza provo a giocare di tecnica.
Intanto la povere non dà tregua e la gola chiede acqua in continuazione. Tre le soste ai ristori. Per respirare fino a risorgere.

Arrivo a metà gara. Metto sempre la cautela in cima alla lista. La fatica pesa, il male di più: alle mani, alle braccia, alle spalle. Il meno sono le gambe.
Il percorso prosegue con il suo menu: strappi duri e velenosi, discese tecniche e tanto brecciolino dove le ruote continuano ad affondare.

Ad un tratto sento un rumore provenire dalla ruota anteriore ed inizio a “saltare”.
Mi fermo e vedo un chiodo a tre punte conficcato sullo pneumatico. Primo pensiero: la mia Monsterrato è finita, se lo tolgo il liquido di sicuro non chiuderà. Secondo pensiero: osare, in fondo, non guasta mai. Così tolgo il chiodo, faccio girare e sperare… nella buona sorte. Il liquido schizza ovunque, ma la pressione è sufficiente. Mancano 30 km e 200 metri di dislivello.

Il finale è un susseguirsi di compagnie. Pedalare con alcuni poi con altri poi ritrovare quelli di prima e i dispersi. Chi va meglio sul tecnico chi sui tratti scorrevoli, chi si ferma ai ristori e chi va in crisi nera. In una sola gara tanti quadri diversi nei quali rivedo me stessa quasi immersa in una Odissea a pedali. Situazioni in rima con le emozioni: paura, sconforto, euforia e di più. Andare incontro all’ignoto.
Al punto che mi ritrovo su una strada percorsa in partenza con un caro signore che grida: “Un chilometro all’arrivo”. Faccio due conti, guardo sotto. Non è uno scherzo alla “dopo la curva spiana”.

Mi rilasso, lascio il gruppetto e mi godo ogni attimo. Ripenso ai primi chilometri a quando ho lasciato andare la mia avversaria: una ciclista statunitense che si dedica a tempo pieno alle gare gravel. Grazie a lei ho capito meglio i miei limiti tecnici e in fondo anche a questo servono gli avversari.
Penso “la centrifuga è finita” anche stavolta la “porto a casa”.
All’arrivo non vedo volti, ma sguardi incisi dentro maschere d’argilla e sorrisi veri impossibili da nascondere. Così in partenza come all’arrivo. Tutti assieme a condividere gli stessi attimi e lo stesso percorso: professionisti, ex ed amatori.

Una parola per descrivere la mia Monsterrato? DEVASTANTE! Eppure ripartirei altre dieci, cento, mille volte perché in fondo si tratta d’amare un’esperienza ed io sento di essermi innamorata.

In Italia siamo indietro, ma non importa. C’è il Mondiale in Veneto, da pedalare, vivere e condividere con tanti atleti da ogni parte del Pianeta. Un segnale, un’occasione per trovare le conferme. Forse siamo di fronte alla disciplina del ciclismo più dura che c’è.

La mia Monsterrato
Foto: gentile concessione Chiara Ciuffini

Qui sotto il nostro test della Specialized Crux.

TEST – Nuova Specialized Crux 2022: come va e a chi la consigliamo