- Il bello della bici da strada è che è un po' come la vita.
Vento contro, laterale a volte, favorevole quasi mai (o sempre troppo poco). Salite che sembrano infinite e strappi da sputar sangue. Discese dove la bici va da sola, altre che manco al Rally di Monte Carlo. E poi pianura e falsopiani traditori. Incidenti di percorso e borracce fresche.
- Il bello della bici da strada è il panino con il prosciutto cotto (il crudo fa sete) accompagnato da una Coca Cola o da una birra (con moderazione) in cima ad una salita. Avete presente i piaceri della vita? Il panino dopo aver conquistato il GPM Hors Catégorie ti fa sentire addosso la Maglia a Pois...
- Il bello della bici è incontrare sulla ciclopedonale un ragazzino di 12 anni, basso e magrolino che pedala, maglia al vento (altroché body da galleria del vento), assieme a compagni d'allenamento più grandi di lui. Di un lustro. Piccolo particolare: quando va in testa mena come un fabbro e tutti zitti a ruota.
Forse i talenti ci sono da qualche parte... Forse mancano (o sono sempre meno) le persone genuine. Quelle che il talento lo sanno svezzare, accompagnare, accudire per poi far prendere loro il volo.
P.S. Ogni ragazzino/a in bici da strada (ma anche in MTB o BMX poco importa) che dà l'anima sui pedali è una speranza per il futuro.
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- Il bello della bici da strada è che pronti-via puoi lasciare sul posto 12mila ciclisti e cogliere in un colpo solo onori della cronaca, diretta RAI e palma d'oro del Ciclista Ignorante. Salvo essere ripreso all'imbocco della prima salita, salvo salutare il gruppo di testa a metà della prima salita, salvo tirare in remi in barca in vista del quarto colle (nove sono troppi). E una volta in cima, al diavolo l'orgoglio e i fuggitivi (poveri) della prima ora. Meglio quattro pizzette una dietro l'altra per tirare fino all'arrivo.
- Il bello della bici da strada non per voler essere ripetitivi è la La Salita. Scritto MAIUSCOLO stavolta. E c'è una bella differenza. L'ascesa è una di quelle che sta all'ombra delle Dolomiti, ma che dovrebbe essere patrimonio mondiale UCI al pari dello Stelvio, del Tourmalet, del Galibier o dell'Angliru. 21 km.
Una salita che ha ospitato agonia e gloria di Charly Gaul. Giro d'Italia 1956, 8 giugno, 21° tappa Merano-Monte Bondone, 242 chilometri. Costalunga, Rolle, Gobbera, Brocon e infine il Bondone fino a Norge dove allora finiva l'asfalto. Prima la pioggia poi la neve. E i tifosi di Aldo Moser che mollano tutto e dalla Val di Cembra partono per andare a Predazzo e portare al loro beniamino un paio di scarpini asciutti, ma prima di tutto conforto. E Gaul da solo in mezzo alla tormenta.
Tappa e maglia. Lo tirano giù di peso dalla bicicletta. Non ha la forza di reagire. Oggi la strada è sua. Per sempre. E si pedala all'ombra del mito.
- Il bello della bici da strada è Coppi che chiede la borraccia a Martini con Alfredo che passa quello che ha: poco, nulla. Coppi rifiuta, Alfredo rimane in disparte avvilito quando ad un certo punto sente picchettare sulla schiena. È Coppi: «Tieni, prendi questa borraccia, me la renderai quando starai meglio».
- Il bello della bici da strada è che si rimane corridori per tutta la vita al di là delle circostanze. Anche quando forze, possibilità o volontà non ci sono più o perché la vita chiama altrove. Le salite, le discese e i falsopiani non se ne vanno. Rimane una visione, quella metafora che pervade tutto. E allora le circostanze avverse diventano pendenze a doppia cifra.
Famiglia, lavoro, amicizie. Rapporti umani come se fossero legami tra compagni di squadra. A volte si comanda e si fa la corsa, altre si è chiamati a fare il lavoro sporco, tirare le volate, andare a prendere le borracce. Pochi patemi perché sai già come e cosa fare per raggiungere il traguardo.
- Il bello della bici da strada è la filosofia del successo. Da soli sui pedali, ma insieme verso un obiettivo. Se va bene si divide, se va male si divide lo stesso quel poco che c'è. Condividere a prescindere perché si dà sempre il massimo.
E scopri che è quasi più bello far vincere che vincere (anche se alzare le mani qualche volta non guasta). Passaggio non immediato, non scontato, non per tutti. Alcuni nascono e rimangono cavalli di razza e va bene così. Provateci però (non solo in bicicletta) non riuscirete più a farne a meno.
- Il bello della bici da strada è che sei a metà tra epica e realtà. Storia, arte e letteratura.
C'è l'ultimo, Giovanni Pinarello, Maglia Nera al Giro d'Italia 1951 a cui viene chiesto di farsi da parte perché la squadra vuole un giovane (Pasqualino Fornara). 100.000 Lire di buonuscita e lui apre bottega e fonda il suo marchio. E che marchio. Scala la classifica. Oggi le sue bici sono iconiche.
Poi c'è il futurista Umberto Boccioni che dipinge nel 1913 il "Dinamismo di un Ciclista" (foto sotto) e ci rivedi Moser a Città del Messico 1984.
Poi ancora c'è Roland Barthes con "Miti d'oggi" e "Lo sport e gli uomini" che racconta il senso profondo del ciclismo e dell'evento sportivo a cadenza annuale più seguito al mondo (il Tour de France). «L'uomo non deve sconfiggere l'uomo, ma la resistenza delle cose».
Poi ci sarebbero molti altri autori tra cui Gianni Rodari.
«Filastrocca del gregario corridore proletario, che ai campioni di mestiere deve far da cameriere, e sul piatto, senza gloria, serve loro la vittoria. Al traguardo, quando arriva, non ha applausi, non evviva. Col salario che si piglia fa campare la famiglia e da vecchio poi si acquista un negozio da ciclista o un baretto, anche più spesso, con la macchina per l'espresso».
- Il bello della bici da strada è il baro. Doping o bici elettrica sempre truffa è. Al pari del ladro e dell'evasore. C'è chi sopporta il rimorso "tanto ai miei tempi lo facevan tutti", chi non ce la fa più e confessa "la verità vi renderà liberi" e chi invece preferisce "ripetere una bugia cento, mille, un milione di volte: diventerà una verità". Vedi albo d'oro letour.fr, con il tempo che mette (quasi) tutto e tutti al loro posto...
- Il bello della bici da strada è che si potrebbe continuare all'infinito con questi stornelli senza età.
Cercate il vostro "bello" quando siete in sella. Condividetelo. Raccontatelo.
Fermatemi e ditemi la vostra (ma non in salita perché non metto mai piede a terra). Così anche di getto come viene come uno scatto improvviso.
Il bello della bici da strada in fin dei conti è lasciar spazio all'ispirazione.
Ogni riferimento a cose o persone NON è puramente casuale...
Foto in apertura: Sportograf
Qui tutte le nostre storie di strada.
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Sull'autore
Giovanni Bettini
"I poveri sono matti" diceva Zavattini. Anche i ciclisti oserei dire. Sono diventato "pazzo" guardando Marco Pantani al Tour de France 1997 anche se a dire il vero qualcosa dentro si era già mosso con la mitica tappa di Chiappucci al Sestriere. Prima le gare poi le esperienze in alcune aziende del settore e le collaborazioni con le testate specializzate. La bici da strada è passione. E attenzione: passione deriva dal greco pathos, sofferenza e grande emozione.