Perché si cade così tanto in gruppo negli ultimi tempi?
Il brutto incidente di ieri, a circa 30 km dall’arrivo della quarta tappa del Giro dei Paesi Baschi, ha riacceso il dibattito tra appassionati e addetti ai lavori. E a quanto pare anche all’interno del gruppo stesso.

Tanti danno la colpa a disco, alle nuove bici e ai materiali troppo estremi. Ma chiunque abbia pedalato su una bici di ultima generazione, siamo quasi certi, difficilmente tornerebbe indietro.

Puntare il dito solo contro i materiali ci sembra ingeneroso e superficiale.
Certo, le bici di oggi hanno spostato il limite più in alto, fanno andare più forte in pianura come in discesa. Il fatto è che l’evoluzione tecnica dei materiali non è andata di pari passo con il miglioramento della sicurezza dei percorsi (come ad esempio è successo in Formula 1). E quando la situazione è questa, aumentano di brutto i rischi di farsi male e ci vuole “più sale in zucca”.

I fattori da analizzare sono tanti, e promettiamo di farlo nelle prossime settimane, ma intanto qui sotto riportiamo un post di Nicholas Roche, professionista dal 2005 al 2021, che in poche parole ha sintetizzato molto bene la questione, toccando anche alcuni argomenti spinosi. Più in basso la traduzione: 

 

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Un post condiviso da Nicolas Roche (@roche_nicholas)

“Non mi sono mai ripreso del tutto da questo incidente alla Vuelta 2019. Ha influenzato gli ultimi anni della mia carriera, ma ancora oggi, quasi 5 anni dopo, ne vivo le conseguenze.
Non ho bisogno di nominare il corridore che ha causato quella caduta, non è lo scopo di questo post…

Ricordo i miei primi anni da ciclista professionista, pensavo di sfilarmi a 2 km dalla vetta per prendere le borracce che poi in discesa avrei dato ai miei compagni di squadra.
La discesa era fatta per recuperare. Fare rifornimento. Il ciclismo è cambiato già da tempo, l’evoluzione è normale.

Sono 3 anni che seguo il ciclismo da una prospettiva diversa. Non sono sicuro che la situazione in gruppo fosse così brutta, anche se ammetto di aver avuto più paura negli ultimi anni. Ma adesso sono arrivato a temere per la salute dei miei amici che ancora corrono.
La velocità è più alta, il livello generale è più alto, anche la ricerca dell’aerodinamica è diventata al limite del pericoloso, la potenza frenante è maggiore (quindi c’è meno tempo di reazione prima della frenata), i ciclisti pedalano più vicini, i team sfruttano al massimo i passaggi pericolosi e mettono pressione ai corridori, gli arredi stradali sono costruiti per far sì che i veicoli vadano più lenti, mentre i ciclisti vanno sempre più veloci.

La posta in gioco per la vittoria è così alta che i ciclisti sono pronti a rischiare tutto. Dosi pazzesche di caffeina (la maggior parte dei gel contiene caffeina).

Per molti anni i ciclisti hanno incolpato gli organizzatori, ma la maggior parte delle volte è stata colpa dei ciclisti. Anche se è vero che gli organizzatori cercano percorsi sempre più spettacolari!

Non credo che ci sia un solo motivo alla base di tutti questi incidenti. Ma ogni cosa gioca un ruolo importante. Gli incidenti sono e saranno parte di questo sport, hanno creato il dramma, ma adesso la situazione è decisamente fuori controllo.
Non è normale che i ciclisti rischino la vita per ottenere dei buoni risultati. Speriamo sia possibile collaborare tutti insieme per avere un lavoro più sicuro”.

Qui in basso riportiamo un articolo realizzato qualche tempo fa insieme a Luca Guercilena, manager della Lidl-Trek, in cui si parlava anche delle enormi pressioni a cui sono sottoposti team e corridori, che secondo Roche rappresentano uno dei punti da analizzare:

Qualcosa non va nel ciclismo moderno? Ne abbiamo parlato con Luca Guercilena