Abbiamo ancora negli occhi lo straordinario finale delle Strade Bianche.
Dire che è stato uno spettacolo grandioso, forse, è addirittura riduttivo.

Merito degli sterrati toscani, merito dei corridori e di come hanno interpretato la corsa, ma forse è stato merito anche del… Covid19.

Ok, in parte è una provocazione, ma neanche troppo.
Se ci seguite nella lettura cerchiamo di spiegarvi il perché.

ciclismo ancora più bello
Foto facebook.com/stradebianche



Il Covid è una delle piaghe più grosse degli ultimi decenni.
Ha sconvolto le nostre vite, ha limitato la nostra libertà personale e provocato migliaia di morti.
Ha complicato tanto anche l’attività dei team e dei corridori, costretti a vivere e allenarsi in “bolle” rigorose, con un calendario sempre a rischio e incerto.
Tutto è diventato più stressante e più difficile all’interno del grande “carrozzone” del ciclismo, che comprende anche meccanici, tecnici, giornalisti, fotografi, ecc.

Un gran casino, insomma, che speriamo finisca il prima possibile, ma che una cosa buona ce la sta lasciando: un ciclismo che ad ogni corsa ci regala sfide esaltati tra un gran numero di campioni, a cui non eravamo più abituati.
O comunque, a cui non eravamo più abituati così di frequente.

Foto facebook.com/giroditalia

Perché?
Perché ci sono meno corse, il calendario è incerto e ogni occasione diventa buona per mettersi in mostra e provare a vincere.

Il risultato è che nel gruppo di testa dell’ultima Strade Bianche, a darsi battaglia senza esclusione di colpi, c’erano il campione del mondo su strada, il campione del mondo di ciclocross, il vincitore uscente della corsa, i vincitori degli ultimi due Tour de France, più tre giovanissimi di grandi speranze.

Una goduria per gli appassionati.
E probabilmente una goduria anche per i corridori, perché quando si può dare spettacolo a guadagnarne è tutto il movimento.

E’ vero, la Strade Bianche è una corsa unica e pazza, capace di strizzare l’occhio sia ai corridori da classiche sia a quelli da corse a tappe.
Ma nelle gare di inizio stagione, anche quelle abitualmente considerate di “seconda fascia”, gli ordini d’arrivo sono sempre stati di altissimo livello.
E questo, inevitabilmente, qualche riflessione la deve sollevare.

E’ vero, una situazione di emergenza e di così grande incertezza è difficile da sostenere per tutti, corridori e squadre in primis.
Troppo stress, troppe complicazioni.
Ma se fosse uno spunto per ripensare la direzione intrapresa dal ciclismo negli ultimi anni?
Insomma, per tornare un po’ “al passato”, in senso buono?

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Foto facebook.com/stradebianche

Non viviamo fuori dal mondo e sappiamo che la globalizzazione è una realtà e che l’UCI ha interesse a portare il ciclismo in tutto il mondo.

Ma siamo sicuri che allungare così tanto il calendario (ormai si corre tutto l’anno) e infarcirlo con un numero esagerato di gare sia la scelta giusta?
Non sarebbe meglio ridurre un po’ il numero degli appuntamenti e di conseguenza restituirgli più valore?
Non si potrebbe programmare il calendario in modo che le gare con maggiore prestigio non siano penalizzate dalla concomitanza con tanti altri eventi?

Il calendario deve essere ampio, perché tutti i team ed i corridori possano avere la possibilità di mettersi in mostra, ma deve essere anche “razionale”.

Non vogliamo risultare anacronistici e sappiamo che gli interessi in ballo sono enormi, ma il ciclismo che abbiamo visto in questi ultimi mesi ci pare sia tornato ad entusiasmare le folle come non accadeva da tempo…

In più, viviamo “un’epoca sportiva” fortunata, ricca di giovani campioni dal talento eccezionale che possono rappresentare il Rinascimento del ciclismo.
Non approfittarne sarebbe un peccato mortale, quindi, una volta tornati alla normalità, una riflessione sul futuro ci sembra indispensabile.
Riflessione che deve interessare i dirigenti di questo ciclismo, ma che per essere costruttiva deve avere come attori principali i corridori ed i team…

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Foto d’apertura Luigi Sestili – luigisestili.com