Inauguriamo con questo approfondimento il nostro format sull’allenamento invernale del ciclista.

Un appuntamento mensile, da qui ad inizio marzo, dove verranno illustrati consigli e linee guida per impostare ogni fase della preparazione atletica.

Foto: Jorg Mitter / Red Bull Content Pool

Al nostro fianco ci sarà Mattia Michelusi (foto sotto), ex ciclista Under 23, preparatore atletico con diverse esperienze nel World Tour e membro del Team Performance della Federazione Ciclistica Italiana.
In queste settimane Mattia sta mettendo a punto la preparazione dei ciclisti del neonato Q36.5 Pro Cycling Team.
QUI la news.

Foto: Phil Gale

1 – Il punto di partenza

Prima di scendere nei dettagli facciamo una premessa.
Ogni ciclista è unico ed irripetibile, dal professionista fino all’amatore. Inoltre storia clinica, abilità motorie, predisposizioni, obiettivi e desideri innescano una serie di variabili difficili da illustrare in poche righe. Non da ultimo, il tempo a disposizione tra affetti, famiglia e tempo libero gioca un ruolo fondamentale.

Chiaro, quindi, che la nostra pretesa non può essere quella di comporre una “guida definitiva”. L’obiettivo è quello di definire una cornice, una tabella di marcia indicativa adatta ad un ciclista-tipo in buona salute, senza particolari disfunzioni, che conduce uno stile di vita attivo.

 

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Secondo Michelusi: «Dicembre per ogni amatore è il mese ideale per dare il via alla preparazione, ovvero, iniziare ad allenarsi in maniera strutturata».

«Non facciamoci ingannare da quello che fanno i pro’ perché spesso non si conoscono i dettagli dei programmi definiti dalle squadre.
Prima di rimettersi in pista è fondamentale fare il punto della situazione per capire qual è il nostro punto di partenza. Un check-up medico in questa fase non guasta mai. In genere tutti i ciclisti conducono una vita sana e di conseguenza anche se si viene da un periodo di scarico questo gioca a favore di una ripresa regolare degli allenamenti»
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Foto: @kristoff87

«In linea generale il mese di dicembre è il periodo dell’attività alternativa: corsa a piedi, sci di fondo, sci alpinismo, camminate in montagna e ci metto anche lo sci alpino anche se ad alto livello non è una pratica vista di buon occhio per via del rischio infortuni.

La differenza è dettata dal territorio in cui si vive, dal clima e dalle preferenze di ognuno. L’attività alternativa apre ad una prima fase di adattamento che prevede uscite in bici e palestra che a mio avviso risulta fondamentale».

Foto: Craig Kolesky / Red Bull Content Pool

«Una parentesi sulla corsa piedi… Secondo me è l’attività alternativa ideale per un ciclista perché permette di mantenere la funzionalità del sistema cardio circolatorio. Il difetto, se così possiamo definirlo, è che se non siamo abituati a questa pratica c’è il rischio di incappare in contratture, dolori e fastidi che di sicuro non aiutano.

Se non c’è questa predisposizione, è più opportuno puntare sulle camminate in montagna della durata di un paio d’ore. Meglio preferire le camminate in salita per andare via via ad aumentare l’intensità fino a corricchiare».

Foto: Alfred Jürgen Westermeyer for Wings for Life World Run

Il problema a questo punto per alcuni potrebbe essere la discesa, dove muscoli e tessuti connettivi vengono sottoposti ad una contrazione eccentrica, cioè con il muscolo che si contrare in allungamento per frenare la forza opposta che deriva da ogni impatto con il terreno. Anche qui entra in gioco l’abitudine ad un certo tipo d’attività.

In ogni caso per ridurre al minimo ogni rischio durante la discesa è sempre meglio camminare.

Foto: Keisuke Kato / Red Bull Content Pool

Ulteriore possibilità, secondo Michelusi, sono scalinate e gradoni da affrontare anche con balzi a piedi uniti ed a ritmo più o meno sostenuto.
Ciò permette di aggirare in tronco il “problema discesa” grazie alla fase di ritorno che può essere controllata in maniera più agevole a tutto vantaggio di un ottimo lavoro di potenziamento degli arti inferiori.

Foto: Frode Sandbech / Red Bull Content Pool

2 – Il primo blocco: adattamento e volume

Dicembre configura un unico blocco di lavoro: l’attività alternativa rimane una costante che accompagna le prime uscite in bici ed il lavoro in palestra.
Fondamentale in questo periodo è trovare il giusto equilibrio tra le varie discipline tenendo presente che il consiglio è quello di puntare ad inserire sedute in palestra almeno due volte la settimana.

Foto: @nacer_bouhanni

«Eviterei di fare un lavoro di endurance che andava di moda qualche anno fa: tante ripetizioni con basso carico – precisa Michelusi – Questo è uno stimolo aerobico simile a quello della bicicletta. Il senso della palestra è proprio quello di allargare questo ventaglio per arricchire gli schemi neuromotori».

Qui l’approccio deve essere graduale con le prime due settimane dedicate all’adattamento ed alle classiche serie 3×12 dove vengono impostati carichi che poco hanno a che vedere con i massimali e che tendono a fare il paio con le sensazioni.
Carichi che devono essere aumentati gradualmente per predisporre il fisico ad un lavoro di forza più importante.

 

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Il principio è quello di sostenere pesi in grado d’essere replicati per 13-15 colpi ad ogni serie. Qui entra in gioco il cosiddetto “tonnellaggio”, un indicatore utile per stabilire il volume di allenamento che viene calcolato moltiplicando serie X ripetizioni X peso.

L’obiettivo è quello di arrivare al termine di questo primo periodo riuscendo ad eseguire 8-10 ripetizioni spalmate sempre su tre serie con carichi più elevati rispetto alla quota di partenza.

Inoltre, è importante controllare la velocità del movimento.
Se prendiamo come riferimento uno squat, la fase di discesa (eccentrica) dovrà essere lenta (anche 2/3”) da abbinare ad una spinta veloce (concentrica).

Foto: Frode Sandbech / Red Bull Content Pool

«Un concetto che negli ultimi anni è stato ripreso e sviluppato da alcuni studi che hanno configurato una nuova tecnica di allenamento basata sulla velocità: velocity-based training.

Le applicazioni più rilevanti si concentrano in una seconda fase rispetto a quella che stiamo illustrando, ma è cosa utile iniziare a ragionare e ad abituare il corpo a questa metodologia che servirà quando si dovrà sviluppare la forza in maniera più importante.
L’allenamento basato sulla velocità prevede di eseguire le ripetizioni alla massima velocità sostenibile scandita da un encoder o un accelerometro. Nel momento in cui si rompe la sincronia tra movimento e ritmo dettato dallo strumento, si ferma il lavoro».

In questa fase poi sono importantissimi i recuperi, il controllo della respirazione (sforzo in espirazione e ritorno in ispirazione) e dei muscoli del pavimento pelvico. Ne avevamo parlato qui.

Pavimento pelvico. I muscoli sconosciuti che migliorano la performance

E con la bici come la mettiamo?

«Anche qui – prosegue Michelusi – il volume sarà crescente. Una persona che ha già una buona condizione fisica può partire con 8-10 ore di allenamento durante la prima settimana. A seguire si passa a 10-12 ore per arrivare a 13-15 ore che diventano una barriera già difficile da superare per un amatore medio.

Se vita quotidiana e meteo lo permettono si può incrementare il tutto gradualmente fino a 20 ore però, sottolineo, è importante trovare il giusto equilibrio».

Foto: Alpecin-Deceuninck

«Per quanto riguarda l’intensità per i primi 15 giorni abituiamoci a tornare a pedalare senza troppi pensieri. Conclusa questa fase è possibile andare ad eseguire i primi lavori specifici che riguardano tutte le tipologie di atleta senza particolari distinzioni.

Parlo delle partenze da fermo per iniziare a stimolare i massimali di forza “in continuum” con quanto si fa in palestra e di sessioni multiple da 5′ ad alta cadenza di pedalata (110/120 rpm) per allenare la coordinazione e abituare il fisico. Questo tipo di approccio conduce ai primi lavori al ritmo medio (Z3) che possono essere inseriti a fine mese».

Foto: Alpecin-Deceuninck

3 – Allenamento invernale, sfatiamo un mito

Michelusi ha condiviso con il sottoscritto il percorso agonistico.
Nei primi anni 2000 era ancora in voga un retaggio del passato che vietava di approcciare le salite se non dopo aver macinato almeno qualche migliaia di chilometri in pianura ad alta frequenza di pedalata e magari con il rapporto fisso.
Ripensando ai vecchi tempi ci siamo concessi una risata e qualche considerazione…

Foto: @rossbellphoto

«Il divieto di pedalare in salita ha un senso se pensiamo alle discese ed al freddo. Dal punto di vista atletico sono una componente che permette di variare lo stimolo quindi… ben venga. Il problema vero è l’intensità cioè come viene affrontata la salita: questo è il pericolo più grosso a mio avviso.

Non c’è nulla di male nel percorrere in questa fase una o due salite da tre-quattro km a bassa quota. Concentriamoci sulla cadenza di pedalata che dovrà essere più elevata del solito. Durante la stagione ci saranno ampi margini per curare altri aspetti».

Foto: Helge Roeske / Red Bull Content Pool

Chi è Mattia Michelusi

37 anni, vicentino. Ha un passato nel ciclismo su strada dove ha corso fino alla categoria Under 23. Terminato il suo percorso sportivo si è laureato in Scienze Motorie con specializzazione in Scienza e Tecnica dello Sport. È Preparatore Fisico abilitato FCI ed è membro del Team Performance della Federazione Ciclistica Italiana.
Dal 2011 al 2013 ha seguito il Team Androni Giocattoli. Nel 2014 è passato al Team Cannondale Pro Cycling. Tra il 2016 ed il 2017 ha allenato Elisa Longo Borghini.
Tra il 2016 ed il 2021 ha collaborato con diversi team World Tour.
Nel 2023 sarà di nuovo in gruppo nelle vesti di preparatore del Q36.5 Pro Cycling Team

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Foto: Laura Fletcher

Foto in apertura: @andreavendrame94

Lo stretching è un’altra componente fondamentale in questo periodo. Ecco le principali metodologie.

Lo stretching per il ciclista: tipologie e varianti