Sono passate meno di 24 ore dalla fine del mondiale Yorkshire 2019 e si fa ancora fatica a metabolizzare una sconfitta che brucia parecchio.
Brucia per noi tifosi e appassionati, visto che per come si era messa la corsa, quasi tutti abbiamo pensato di avere l’oro in tasca.
Brucia soprattutto per Matteo Trentin, che ha visto sfumare l’occasione della vita e la sua faccia sul podio parlava più di mille parole.
Non sarà facile lasciarsi alle spalle una delusione così, ma la consapevolezza di aver dato tutto sicuramente lo aiuterà.
Il mondiale inglese ci ha offerto emozioni e tanti spunti, anche per colpa (o grazie) a condizioni meteo proibitive.
A mente fredda facciamo qualche considerazione e qualche approfondimento tecnico…
TRENTIN, TUTTO GIUSTO O QUASI…
Di chiacchiere ieri, dopo l’arrivo, se ne sono fatte tante.
Matteo doveva staccarli prima, in volata è partito troppo lungo, era troppo sicuro di vincere…
La verità è che Pedersen, in quella volata, ha avuto più gambe, parecchie più gambe.
In condizioni normali Matteo è sicuramente più veloce, ma dopo 260 km corsi tra pioggia e freddo cambia tutto.
Le gambe si gonfiano all’improvviso, ti sembra di stare bene poi quando vai a dare tutto i muscoli si inchiodano…
Forse, e diciamo forse, l’unico piccolo errore è stato continuare a tirare dopo che si era staccato Moscon.
Gianni non sarebbe rientrato comunque, ma poteva essere una scusa buona per risparmiare le ultime gocce di energia.
Ma il ciclismo è così, con i se e con i ma non si vince e il danese si è imposto in modo così netto che forse non sarebbe cambiato nulla.
????@Mads__Pedersen ?? is WORLD CHAMPION!!! #Yorkshire2019 pic.twitter.com/4gCcZckJ2X
— UCI (@UCI_cycling) 29 settembre 2019
NAZIONALE DA 10 E LODE
Nei giorni antecedenti al mondiale c’era più di qualche dubbio sulla nazionale azzurra e non tutti erano d’accordo con i nomi scelti da Cassani.
La corsa, ancora una volta, ha dato ragione al CT e ha fatto emergere la nostra nazionale come una delle più forti e delle più compatte.
Altre squadre erano sicuramente composte da corridori più forti, ma poche altre hanno dimostrato di saper onorare la maglia della propria nazionale come lo hanno fatto i nostri.
Tutti al proprio posto, tutti a lavorare per un obiettivo comune, tutti a fare il proprio ruolo finché le gambe lo consentivano.
E’ questo spirito di gruppo, forse, il più grande merito di Cassani.
COSA E’ SUCCESSO A VAN DER POEL?
Ha detto di non averlo capito bene neanche lui, ma chi mastica ciclismo sa che un crollo così netto può essere dovuto quasi esclusivamente ad una “crisi di fame”.
Chi l’ha provata almeno una volta nella vita sa bene di cosa si tratta.
Nessuna avvisaglia, anzi, fino a un minuto prima ti senti un leone e poi l’interruttore si spenge.
E’ il classico caso in cui l’espressione “ha finito la benzina” spiega alla perfezione la situazione.
Ha mangiato, ma non a sufficienza. Non solo le gambe non vanno più, ma pure il cervello si annebbia.
.@mathieuvdpoel ?? has cracked!!!
No one expected this. He is swept up by the peloton. #Yorkshire2019 pic.twitter.com/1y9GZ4mKo5
— UCI (@UCI_cycling) 29 settembre 2019
Un suo errore, ovvio, magari frutto della giovane età, oltre che delle condizioni meteo e della lunghezza della gara.
Abbiamo pensato che avrebbe persino fatto fatica ad arrivare, ma ha voluto terminare questo mondiale, seppur tremolante e con lo sguardo perso.
Anche in queste cose si vede la stoffa del campione.
Ci metterà un po’ a riprendersi, ma avrà tempo di rifarsi.
LA SVOLTA A DISCO
E’ forse la prima volta che in un grande evento sono più numerose le bici equipaggiate con freno a disco che quelle con freno tradizionale.
E’ vero, le condizioni meteo proibitive e l’assenza di lunghe salite hanno spinto in questa direzione, ma era capitato altre volte che si corresse sotto la pioggia e le scelte tecniche erano state diverse.
E’ ancora presto per dirlo, ma il mondiale Yorkshire 2019 nei prossimi anni, oltre che per la pioggia, potrebbe essere ricordato anche come l’evento ad aver segnato il passaggio definitivo dal rim brake al disc brake, anche tra i Pro’.
E IL BELGIO CHE COMBINA
Gilbert cade. Evenepoel si ferma e tira fino alla sfinimento per cercare di riportare uno dei suoi capitani in gruppo. Arrivano a pochi secondi e proprio quando sembra fatta in testa scatta Van Avermaet e dà il colpo di grazia a Gilbert.
Non c’erano le radioline in corsa e magari Van Avermaet non era bene a conoscenza della situazione, ma qualche dubbio sulla gestione della corsa del Belgio resta.
Se fosse successo in Italia, ci sarebbe stato parecchio da discutere.
SAGAN, ANNO NO
Nel finale ha dimostrato che le gambe c’erano, ma ha fatto una scelta sbagliata.
Quando ti capita l’anno storto succede anche questo: quando ti trovi davanti non hai le gambe giuste e il giorno che hai le gambe sbagli strategia.
Dopo l’arrivo ha dichiarato di non essere entrato nella fuga per scelta, perché pensava che i corridori davanti sarebbero stati ripresi.
Peter è un tipo schietto e sincero, quindi non abbiamo motivo per non credergli, ma è ovvio che ha fatto una valutazione sbagliata, anche se guardando il mondiale seduti in poltrona è tutto più facile.
Sono anni che vince a ripetizione, dunque una stagione un po’ sottotono ci può stare.
E nonostante tutto ha chiuso in quinta posizione…