Fanno sempre più rumore i numeri, i dati, attorno al 110° Tour de France. L’ombra del doping (non per forza in stile anni ’90 e 2000) è sempre più densa. I record rincorrono i sospetti. I paragoni tra varie epoche provano a sostenere il confronto. A volte la portata della differente dimensione emerge in maniera netta: basta pensare al peso delle bici ed ai materiali. Altre volte il paragone zoppica. Intanto due uomini al comando. Gli altri a distanza siderale e prima ancora del doping una domanda: Vingegaard e Pogačar sono umani?

Vingegaard e Pogačar sono umani
Foto: © A.S.O. / Pauline Ballet

La crono della vita

I dati elaborati da @eltiodeldato relativi alla velocità media dell’unica cronometro individuale di questo Tour rendono bene l’idea di quanto scritto poco sopra.

Ad essere granitica è stata la prestazione di Vingegaard.
Orfani di dati certi basta la progressione sulla classifica generale (infografica sotto) che prende in considerazione i primi 12.

La flessione è piuttosto omogenea.

E parafrasando un vecchio adagio si potrebbe dire che “un dato vale più di mille parole”.
Aforisma che in sostanza, a ben guardare la classifica generale, ha finito per premiare chi non ha operato il cambio bici.

Vingegaard e Pogačar sono umani
Foto: © A.S.O. / Pauline Ballet

Se guardiamo alla tappa di oggi ed al Col de la Loze tornano in mente le parole di Pidcock ad inizio Tour: «Vado più forte dello scorso anno, ma non basta».

A conferma di ciò ci sono sempre i numeri che incorniciano la prestazione andata in scena sulla Cima Coppi del Tour: 28 km al 6% che oltre ad essere il valico più alto rappresenta anche l’ascesa più lunga della Grande Boucle 2023.

I dati diffusi da ASO si riferiscono al segmento Strava degli ultimi sette chilometri: pendenza media 9,2%.

Tadej Pogačar nel 2020, 3° al termine della 17° tappa, impiegò 23’18’’. Oggi sono ben due i corridori ad aver battuto quel tempo: Felix Gall (23’07’’) e
Jonas Vingegaard
che con 22’03’’ si prende il KOM e mette in cassaforte la Maglia Gialla. Terzo tempo per un onestissimo Simon Yates (23’29’’).


Vingegaard e Pogačar sono umani? La presunzione d’innocenza

La Maglia Gialla non ha tutti i torti…

 

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Vingegaard in conferenza stampa è il primo ad invitare i giornalisti alla prudenza ed al dubbio. Il che suona come una nota di sarcasmo quasi a voler ricordare quel ruolo di cane da guardia che sta alla base della deontologia di un giornalismo fatto come si deve.

E qui le analogie iniziano ad essere per lo meno suggestive.
Mi riferisco ai duelli pepati ed alle antipatie ferali tra Lance Armstrong ed il giornalista del Sunday Times David Walsh, il primo a dichiarare con l’inchiostro i dubbi sulle prestazioni del ciclista texano.

Lance Armstrong on L'Alpe d'Huez, 2004 TdFLo stesso imprinting emerge da una spiazzante dichiarazione dell’ex professionista francese Félix Pouilly rilasciata a La Voix du Nord a proposito di Vingegaard e Pogačar: «Hanno qualcosa, non necessariamente illegale, che gli altri non sanno».

I “quattro controlli antidoping in meno di 48 ore” dichiarati dallo staff Jumbo-Visma potrebbero non essere sufficienti.

Perché il problema non è la quantità dei controlli ed i corridori che sovvenzionano il programma antidoping quanto piuttosto la qualità di questi ultimi con la prospettiva allarmante del presidente dell’UCI che siede nel massimo organo esecutivo della WADA (Agenzia Mondiale Antidoping) in rappresentanza dell’ASOIF (Associazione delle Federazioni degli sport olimpici estivi).

Senza dimenticare la finezza di un certo tipo di corruzione che nel recente passato ha finito per trafiggere proprio l’UCI…

Ora, giusto per alleggerire i toni, la presunzione d’innocenza vale per tutti e va ben oltre lo sport anche se nel ciclismo siamo rimasti piuttosto scottati da clamorose smentite. E visto che siamo sul Tour: basta guardare l’albo d’oro

Foto: © A.S.O. / Charly Lopez

La Scienza che va avanti

Si è fatto un gran parlare di Massimo Consumo d’Ossigeno (VO2 max), dei valori abnormi di Vingegaard secondi solo a quelli di Oskar Svendsen (96.7 ml/kg/min) rilanciati da Cyclingtakes.

Numeri da non intendere in senso assoluto perché un alto VO2 max non significa essere automaticamente Eddy Merckx anche se ad essere la strada potrebbe essere quella giusta.

La cosa più interessante ed inedita è che Oskar Svendsen dopo aver conquistato il Mondiale crono Junior nel 2012 è diventato soggetto di uno studio scientifico condotto guarda caso lassù al nord in Norvegia di preciso.

Rønnestad BR, Hansen J, Stensløkken L, Joyner MJ, Lundby C. Case Studies in Physiology: Temporal changes in determinants of aerobic performance in individual going from alpine skier to world junior champion time trial cyclist. J Appl Physiol (1985). 2019 Aug 1;127(2):306-311. doi: 10.1152/japplphysiol.00798.2018. Epub 2019 Jun 13. PMID: 31194601.

L’ascesa del ciclismo scandinavo sulla scena Mondiale potrebbe essere anche il frutto di un certo tipo d’approccio scientifico che sembra aprire le porte all’analisi del talento al punto da generare un importante effetto a cascata a livello tecnico.

Chiaro, a ruota ci sono poi tante altre componenti. La fortuna conta, ma fino ad un certo punto.
Fa pensare la Jumbo-Visma (e non solo) che ha tra i suoi sponsor annovera Box Altitude, azienda australiana che si occupa della produzione e messa a punto di tende ipobariche che simulano l’altitudine (illegali in Italia).

Un sistema che potremmo definire portatile senza troppo azzardo e che inizia a dare i suoi benefici a partire da cifre tutto sommato ragionevoli: 3.599 euro. A condizioni logistiche inimmaginabili 20 anni fa…

«È il modo in cui crei te stesso che conta, il fisico è solo un bonus», dichiarò Svendsen (foto sotto) prima di congedarsi dal ciclismo per intraprendere gli studi in psicologia.

Gira e rigira torniamo sempre al punto di partenza, ovvero, all’importanza imprescindibile del dato scientifico. E allora una provocazione…

Vingegaard e Pogačar sono umani? Azzardiamo

Senza dover per forza inseguire i fantasmi del passato, smentite, conferme, confronti e sospetti… Tagliamo la testa al toro: fuori i numeri tutti quanti!

Una provocazione grossolana ed impossibile? Forse, ma nel momento in cui il gruppo si ritrova a giocare a carte scoperte il confronto diventa ancora più interessante ed avvincente. Tutto a beneficio non solo dei performance manager, ma anche e soprattutto della Scienza e di tante valide menti in giro per il mondo che potrebbero aprire discussioni e critiche degne d’essere confutate.

Vingegaard e Pogačar sono umani
Foto: © A.S.O. / Pauline Ballet

Forse il passaporto biologico non basta più, o meglio, prende veramente senso se viene sovrapposto ai dati (certificati) che hanno a che fare con la prestazione.

Insomma, liberiamo il campo dalle chiacchiere al netto delle ipocrisie. Il crollo di Pogačar dà un gancio destro in faccia all’agonismo ed una carezza al ciclismo ed alla sua umanità.

Vingegaard e Pogačar sono umani? Teniamo gli occhi aperti e godiamoci lo spettacolo!

Vingegaard e Pogačar sono umani
Foto: © A.S.O. / Pauline Ballet

Foto in apertura: © A.S.O. / Pauline Ballet

Qui tutti nostri contenuti sul Tour de France 2023.

Qui sotto un pezzo per ricordare ciò che alla fine conta più di tutto ed al di là di tutto.

Il bello della bici da strada è…