Il soprannome con cui è conosciuto, “il principino”, dice molto di lui. Garbato ed elegante dentro e fuori dal campo, Claudio Marchisio è uno sportivo conosciuto ed apprezzato anche fuori dall’ambito calcistico.
È fatto ormai noto che Marchisio si è appassionato alla bici dopo il suo ritiro, avvenuto nel 2019, tanto da diventare testimonial del marchio veneto Basso Bikes.

Per chi non lo conoscesse, i numeri parlano per lui: classe 1986, vanta 320 presenze in serie A, quasi tutte nella Juventus. In carriera ha vinto sette Campionati consecutivi di Serie A, uno di Serie B, tre Supercoppe Italiane e quattro Coppe Italia consecutive.
Lo abbiamo raggiunto per farci raccontare da lui com’è nato l’amore per la bici e che cosa gli sta regalando.

marchisio in bici

– Claudio, partiamo dall’inizio. Come hai iniziato ad andare in bici e perché ti sei appassionato a questo sport?

– Ad essere sincero ho iniziato per esigenza. In carriera usavamo le bici da spinning durante gli allenamenti in palestra come “attrezzo” per il defaticamento o la riabilitazione. Però, a parte questo, la bici era qualcosa che pur piacendomi avevo usato solo da ragazzino. Abitavo in campagna e per spostarmi non avevo altro mezzo.

Quando ho smesso di giocare a calcio, per un problema di cartilagine al ginocchio destro, ho dovuto abbandonare anche la corsa. La bici è stata la scelta più naturale per mantenermi in forma e per salvaguardare il ginocchio.

Poi è successo che ho scoperto nella bici la possibilità di tornare a spingere e a forzare i miei limiti come non potevo più fare in campo, e questa è una delle cose che mi ha catturato.

– C’è anche un altro aspetto?

– Sì, forse il più importante. Mi sono reso conto che oltre a fare del bene al mio fisico la bici mi permetteva di scoprire il territorio attorno a me in un modo completamente diverso. Ritrovarsi a fare sport tra panorami meravigliosi, magari a poca distanza da posti che conosci da sempre, è una delle magie della bici.

E poi è la percezione stessa di ciò che ti circonda a cambiare. Sentire il vento che ti accompagna in discesa o ascoltare suoni di cui normalmente non sei consapevole è qualcosa che mi piace moltissimo. In bici hai l’orecchio teso per percepire le auto che si avvicinano o le presenze in strada a cui fare attenzione.

È allora che ti accorgi di riuscire a sentire il tuo cuore che batte, il respiro che aumenta di frequenza, e tutto quello che ti circonda.

– E oggi qual è il tuo rapporto con la bici? La vivi come relax e scoperta o è capace di risvegliare il tuo spirito agonistico e ti stimola a metterti alla prova?

– Senz’altro un mix di entrambe le cose. Per quanto riguarda la parte di sfida con te stesso per me è una vera e propria scoperta. Sei abituato a conoscerti in un certo contesto atletico, ma poi in bici è tutto diverso. Ti ritrovi a non sapere se riuscirai ad arrivare in cima ad una salita e subentra tutto l’aspetto psicologico del dover contare solo su te stesso.

È molto diverso da quello che ho vissuto in tutta la mia carriera. Nel calcio il risultato, nel bene e nel male, è sempre frutto del lavoro di tutta la squadra. Quando vai in bici invece – al di fuori del contesto professionistico – ci sono solo le tue gambe a condurre la tua bici “in porta”.

– Quale tipo di percorso preferisci?

– Fino a qualche tempo fa abitavo nella provincia di Torino, da dove mi sono spostato nell’ultimo anno. Mi trovavo a partire sempre per dei lunghi giri verso l’albese o il cuneese affrontando parecchi chilometri in pianura.

Ora mi sono trasferito nelle colline torinesi e sto riscoprendo tutta questa zona fino al  Chiarese e oltre. Devo dire che rispetto a qualche tempo fa preferisco di gran lunga i percorsi misti. Magari più impegnativi come dislivello, ma che mi danno la sensazione di “conquistare” la montagna.

– Quando esci in bici preferisci farlo su percorsi abituali che conosci bene o ti piace avventurarti su strade nuove?

– Devo dire che un aspetto che considero molto nella scelta dei miei percorsi è quello della sicurezza. Per questo tendenzialmente esco nel week end e cerco di “mappare” i miei giri per capire quali sono le strade meno trafficate e più piacevoli da percorrere.

Credo che il discorso della convivenza sulla strada con il traffico automobilistico sia anche una responsabilità dei ciclisti. Quando si può scegliere di percorrere una strada più adatta alle bici è giusto farlo.

– Quanto riesci ad uscire in bici?

– Quando il meteo lo consente più di una volta alla settimana. Diciamo che la primavera dalle mie parti è stata complicata a livello di piogge e anche di dissesto idrogeologico. In questi casi abbandono la bici da strada per la gravel per riuscire ad uscire comunque e anche per avere un po’ più di sicurezza.

– Quindi non solo bici da strada? Abbiamo visto di recente nelle tue storie anche una mountain bike elettrica Lee Cougan se non sbaglio.

– Sì, hai visto bene, quando mi capita l’occasione esco volentieri anche fuoristrada. La mountain bike mi ha dato la possibilità di coinvolgere anche mio figlio nelle mie uscite. Dato che non è spericolato sugli sterrati devo andarci piano, ma rispetto molto questo suo modo di avvicinarsi per gradi a qualcosa che non conosce. Credo che sia l’atteggiamento giusto.

marchisio in bici

– Quindi riesci a portare un po’ la bici anche in famiglia?

– Sì, anche se non sempre vengo “compreso”. Ad esempio quando siamo in vacanza in Sardegna porto sempre con me la mia Basso per qualche giro di prima mattina.  Per evitare il caldo e il traffico sulle strade mi sveglio alle 5 per ritagliarmi un’uscita di un paio d’ore. Quando rientro mia moglie e i miei figli devono ancora fare colazione e non mancano mai di darmi del matto.

– Quando esci in bici usi cardio e misuratore di potenza o ti alleni a sensazione?

– Uso sia cardio che misuratore di potenza, ma in particolare il primo che reputo di importanza fondamentale. È vero che ho iniziato a usare la bici più per un discorso muscolare, ma per gli sportivi è importante monitorare la parte cardiaca.

Il nostro problema è che tendiamo sempre a fare riferimento alle nostre prestazioni in carriera, ma la verità è che gli anni passano e bisogna imparare a tenere sotto controllo il proprio motore interno.

– E il tuo rapporto con il ciclismo professionistico? Segui le corse?

– Sì, amo lo sport in generale e seguivo le gare già da prima di pedalare. Ho avuto poi la fortuna di lavorare in Rai per anni con diversi giornalisti che sono stati al seguito di corse mitiche come il Giro e il Tour e mi hanno sempre raccontato delle tappe fantastiche.

– Un’uscita che ti è rimasta impressa?

– Ricordo in particolare un’uscita fatta dopo pochi mesi che avevo iniziato a pedalare con l’amico Massimo Beretta. Eravamo insieme in Liguria e abbiamo pedalato tra Portofino e Recco su un giro con dislivello di circa 1000 metri, per me decisamente importante allora.

È stato emozionante perché ho avuto davvero la percezione della quota guadagnata, dato che siamo partiti si può dire dal livello del mare. Era una delle mie prime uscite e me conservo un ricordo molto vivido.

marchisio in bici

– Un sogno ciclistico da realizzare?

– Sicuramente spero di riuscire presto a raggiungere gli amici di Basso Bikes a Bassano del Grappa per pedalare in quella che è una delle zone più celebri d’Italia per la bici. Dall’altra parte mi piacerebbe in qualche modo riuscire a fare quello che in famiglia era retaggio di mio padre.

Mio papà era un alpino, scalare le montagne era la sua specialità. A Torino abbiamo sempre davanti agli occhi il Monviso, che visto da qui è come una piramide perfetta. L’idea di partire dalla città e di riuscire a raggiungerne la vetta e tornare è un bel sogno che spero di riuscire a realizzare.

– Esci da solo o in compagnia?

– Mi capitano entrambe le situazioni. Ho amici che vanno in bici e mi piace uscire in compagnia, ma devo dire che mi piace tanto anche uscire da solo. Ho sempre cercato un po’ la solitudine quando ho bisogno di staccare, forse perché sono sempre stato circondato da tante persone.

La bici in questo mi aiuta. Andare in bici da corsa poi è un po’ come guidare una formula uno, devi stare attento e concentrato su quello che fai quando sei in strada. Questo significa che devi un po’ svuotare la testa da tanti pensieri, ed è qualcosa che mi piace molto.

– Sappiamo che altri ex del calcio si sono appassionati alla bici, come Cannavaro che ha di recente dovuto tener fede alla promessa fatta di pedalare da Roma a Napoli per lo scudetto partenopeo. Hai mai avuto occasione di parlare con lui o con altri di bici?

– Sì, ci sentiamo e parliamo volentieri di bici. In generale è qualcosa che mi piace condividere con chi viene dal mio stesso ambiente perché credo che per noi possa essere una grande risorsa. Innanzitutto c’è un discorso fisico per cui la maggior parte degli ex calciatori ha comunque problemi con le ginocchia e la bici aiuta molto in questo senso.

E poi c’è un altro aspetto più “psicologico”. Un calciatore professionista è abituato ad essere sempre insieme ad altri, che siano la squadra, gli avversari, gli allenatori, il pubblico, sin da giovanissimo.

Ritrovarsi in uno sport individuale dove devi fare affidamento solo su te stesso, dove sei solo nel tuo sforzo, ma anche nella preparazione della tua bici, del tuo percorso, è sicuramente un modo per conoscersi sotto un altro punto di vista, per imparare qualcosa su di sé e per rafforzarsi.

– Com’è nata la collaborazione con Basso?

– L’incontro è nato dalla loro curiosità di conoscere un po’ il mio lato sportivo quando hanno visto che mi stavo avvicinando alla bici. Da lì al di là della parte lavorativa c’è stato subito quel feeling che nasce dalla condivisione di valori che nel nostro caso sono quelli dello sport, del sacrificio e allo stesso tempo della qualità di quello che si fa.

La ricerca della migliore prestazione possibile attraverso la cura del dettaglio e l’attenzione al particolare è qualcosa che io mi porto dietro dal mondo del calcio e che ho ritrovato pienamente nel loro lavoro. Ho sempre pensato che la qualità nelle piccole cose sia quella che fa la differenza nel raggiungere gli obiettivi. Questo è stato il punto di incontro con Basso.

– Su che bici pedali di solito?

– Quasi sempre sulla mia Basso Diamante, la bici che ho in garage. Ovviamente l’ho scelta nella colorazione di serie “bianco-nera” (opal white, n.d.r.). Per alcuni mesi ho anche avuto a disposizione una Diamante SV, è nonostante la Diamante sia già una bici eccellente devo dire che è stato un vero piacere testare qualcosa di ancora più raffinato.

– Con Basso ci sono delle iniziative in programma?

– Purtroppo in primavera il tempo non ci ha aiutati, avevamo in programma due tour a Bassano e in Sardegna ma non siamo riusciti a combinare i tempi a causa del meteo. Di sicuro ci saranno preso altre occasioni per riprendere questi progetti.

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