Se mi ci fermo a pensare mi vengono in mente innumerevoli esempi di neo ciclisti.
O, più in generale, di neo sportivi.
Cioè di persone che scoprono il piacere di praticare uno sport appassionandosene visceralmente ad un’età, diciamo, non più adolescenziale.
E non c’è nulla di male.
Anzi.
Ben vengano gli appassionati, ben vengano altre persone in bici e ben venga anche uno stile di vita più salutare per un numero sempre maggiore di persone.
La bici fa bene, lo sappiamo.

Ma il confine fra benessere e malessere in bicicletta, purtroppo, è estremamente sottile, soprattutto quando si diventa preda di quella passione appena acquisita per il ciclismo.
Soprattutto a 35-40-45 anni e oltre.
Lo scopo di questo articolo non è affatto semplice: installare delle spie nel cervello di chi va in bici e infilarvi anche un po’ di consapevolezza in più su alcune tematiche.
Spie che indichino il superamento di certe soglie di fatica, velocità e stress.
Tematiche quali l’effetto delle endorfine e la voglia di rivalsa.
Vi invito a proseguire la lettura soprattutto se siete dei ciclisti alle prime armi, e vi invito a farlo con la massima onestà intellettuale di cui siete capaci.

– Tutta colpa delle endorfine?

Le endorfine sono note anche come morfine endogene perché prodotte direttamente dal nostro organismo ed entrano in circolazione in seguito ad attività fisica.
Da un punto di vista ormonale, in pratica, noi ciclisti non facciamo altro che cercare le occasioni per produrre endorfine per percepire quella sensazione di appagamento, benessere e felicità che tanto ci piace dopo un’uscita in bici.
Ovviamente il ciclismo è ben altro, ma questa componente chimica è comunque degna di nota ed è bene sapere che esiste e sapere come funziona.
Perché può generare una forma di dipendenza, più o meno marcata in ognuno di noi, aumentando anche il rischio di sovrallenamento.

– Quella voglia di rivalsa

“Ecco, la bici è quell’occasione che cercavo per far vedere a tutti chi sono!”
La bici diventa anche uno strumento tramite il quale riscattarsi, spiccare e farsi riconoscere dei meriti e dei successi che, magari, si vorrebbe avere in altre circostanze, magari anche più importanti.
Nulla di male nel cercare dei riscatti, ma fatelo sempre in maniera consapevole, perché se non siete dei professionisti del pedale è molto probabile che questa voglia di riscatto possa portarvi ad eccedere.
Cioè, arrivare in quella zona in cui il ciclismo fa male.

– La scoperta di una nuova gioventù

Chi comincia a fare uno sport aerobico, basato su un continuo sfidare se stessi su pendenze e chilometraggi sempre maggiori e scoprendo quell’incredibile e magnifica sensazione di libertà che solo la bici riesce a donare, arriva in un battibaleno a sentirsi più giovane.
Ed è fantastico!
Ma lo è soprattutto se si tiene sempre a mente che l’anagrafe e la biologia più di tanto non si riesce ad ingannarle e che presto o tardi ci si ricorderà che siamo (mi ci metto anch’io) comunque nella schiera degli -anta (cioè 40 anni, 50 anni, 60 anni…).

– I pro’: un nuovo modello a cui ispirarsi…

…ma da non imitare.
Lasciateli perdere i pro’.
Sono atleti professionisti e per diventarlo non basta allenarsi tanto.
Devi nascere atleta.
Devi nascere cavallo da corsa.
Non date troppo peso alle scelte che fanno sulle loro bici: loro fanno un altro sport.
Incitateli, gioite e soffrite con loro, ammirateli, ma sempre tenendo un sano e realistico distacco rispetto a loro, alle loro prestazioni e alle loro scelte tecniche.
In fondo serve anche a rispettare i loro abnormi sacrifici.

quando il ciclismo può far male

– Il desiderio di evasione trova finalmente uno sbocco

Ci si sente più giovani, l’ho già detto, ma soprattutto si scopre che con se stessi si sta davvero bene.
Ed è fantastico.
Per i pedalatori più esperti è una consapevolezza acquisita da tempo e, anzi, è una risorsa mentale ed emotiva fortissima capace di migliorare la propria vita di tutti i giorni.
Chi ha cominciato da poco non vede l’ora di agganciare i pedali, partire e scordarsi di tutto il resto.
Ovviamente questa evasione temporanea va fatta con criterio (ognuno di voi sa con quale criterio, spero…) ed è una sensazione che potreste descrivere ai vostri amici, invitandoli a venire in bici con voi.
Ma qualcosa mi dice che magari l’avete già fatto.
E forse anche più di una volta…

– Se non sei nato cavallo da corsa…

…non lo diventerai mai.
Mi riaggancio al discorso dei pro’.
Uno degli allenatori che ho frequentato da ragazzino diceva: “Un asino può diventare un asino da corsa, ma non sarà mai un cavallo da corsa”.
E credo che non occorra aggiungere altro.
Ovvero se non siete diventati degli sportivi professionisti nei vostri primi 20 anni di vita, non lo diventerete mai più.
Punto.
Amen.
Quindi, se avete più di 30-35 anni e avete iniziato ad allenarvi seriamente in bici lo state facendo per divertirvi e, al massimo, per ben figurare in qualche competizione amatoriale.
Meglio ricordarvelo, non si sa mai…

quando il ciclismo può far male

– La bici può essere pericolosa

In che senso?
Nel senso che è pur sempre un mezzo che circola su strada e come tale richiede un minimo di perizia e buon senso nella guida.
Non serve la patente per usarla sulle strade, però un cervello ben ossigenato e acceso sì.
Quindi, scordatevi dei segmenti di Strava in discesa e se questo non bastasse pensate a chi vi aspetta a casa.
E rallentate.

Quindi, sì, la bici è meglio scoprirla da giovanissimi, perché il carattere, il fisico e la forza d’animo di un ciclista sono risorse utili sin da quando si è giovani, ma anche se avete iniziato da qualche anno e siete nella schiera degli -enta o degli -anta questo non vi preclude la possibilità di amare questo mezzo e il modo in cui modifica e migliora il proprio stile di vita.
Tenete a mente le spie di cui sopra, fate leggere questo articolo ai vostri amici ciclisti e neo ciclisti, dopo di che “casco in testa ben allacciato, luci (e cervello) acceso anche di giorno e prudenza, sempre!”

PS: se siete interessati al tema sicurezza in strada, cliccate qui, mentre apprendere di più sui temi allenamenti e preparazione, cliccate qui