Come ho già detto nel racconto sulla nostra esperienza al Tuscany Trail, in questo tipo di avventura la bici diventa una vera e propria compagna di viaggio, ed è esattamente quello che è successo alla mia Wilier Adlar al test di questo evento unico.
Non si tratta solo di pedalare e macinare chilometri per ore e giorni di seguito. Per un po' di tempo la bici diventa il nostro solo mezzo di spostamento, la nostra casa, il luogo dove riponiamo i nostri averi e la testimone dei nostri momenti di esaltazione e di conforto.
Sostiene quasi la nostra stessa fatica, a volte anche di più, riempiendosi di polvere e di sporcizia, venendo presa a sassate e scivolando sotto il peso di un carico costante fatto della somma del nostro peso e del nostro bagaglio.
La Adlar lo scorso anno era stata prestata proprio come una bici pensata per questo tipo di utilizzo e allora vale la pena raccontarvi come mi sono trovata io con l’equipaggiamento che vi avevo raccontato in questo articolo dopo il test del Tuscany Trail.
Prima di partire per il Tuscany devo confessare di avere avuto qualche perplessità sulla bici che mi avrebbe accompagnato, la Wilier Adlar. Avevo fatto qualche uscita e avevo un po’ faticato a trovare il feeling.
Niente di particolare, ma continuavo a dire che semplicemente non era la bici che avrei scelto per me, forse perché sono abituata ad una gravel più corsaiola con geometrie più simili a quelle del mondo road.
E’ anche vero però che da qualche anno mi sono data anche alla Mtb e mi aspettavo di trovarmi subito a mio agio con le forme della Adlar anche per questo motivo.
Wilier Adlar al test: una bici pensata per viaggiare
Durante il Tuscany però la musica è completamente cambiata e credo che le condizioni di un trail siano state davvero il terreno migliore per mettere alla prova questa bici.
Oggi posso dire che se Wilier la presenta come una bici da viaggio con ottime capacità off-road, beh, dategli retta. Perché la Wilier Adlar sembra comportarsi meglio "nell’allestimento da viaggio" di quanto non faccia da scarica.
Sia chiaro, si tratta comunque di una bici che va molto bene, ma quello che non ti aspetti è che migliori una volta carica. Generalmente succede il contrario.
Forse la maggiore stabilità data dal peso su un telaio dalle forme sì off-road, ma comunque molto leggero, fanno sì che si raggiunga il compromesso ideale.
Le geometrie quasi da mtb, con reach generoso e attacco corto, ne fanno un missile in discesa.
Ottimo anche il comfort, vero punto di forza di questo mezzo. Dopo giorni passati in bici a ritmi lenti e con notti poco riposanti posso dire che è stato un plus fondamentale.
Anche se non si trattava della bici a cui sono abituata non ho avuto nessun tipo di fastidio o dolore. Al contrario, mettermi in sella la mattina dopo aver trascorso la notte su uno scomodo materassino era quasi un piacere.
La scelta (fondamentale) delle coperture
Al Tuscany ho visto utilizzare tanti pneumatici piuttosto lisci, magari anche generosi, ma con battistrada estremamente scorrevoli.
All’inizio mi sono chiesta se non avessi esagerato con la tacchettatura scegliendo dei Pirelli Cinturato Gravel M da 45, ma già dopo il primo giorno ero più che felice della mia scelta.
Sono partita con una pressione di 2,3 bar all’anteriore e 2,4 al posteriore, impostata prima del via e che non ho più avuto modo di ricontrollare se non manualmente.
Il terreno del Tuscany Trail è estremamente variabile. L’asfalto è davvero poco, e c’è tanta tanta ghiaia. Anche sulle pendenze più impegnative con terreno molto scivoloso sono riuscita a pedalare praticamente sempre, senza pagare poi così tanto sui terreni scorrevoli.
Anche la mescola morbida è servita a darmi sicurezza e nelle discese ho sempre spinto a fondo grazie ad una tenuta eccellente. Nonostante il carico...
Pur facendo attenzione ad evitare buche e pietre, se si fanno buone velocità è inevitabile che capiti qualche impatto un po’ più critico. Anche sotto questo aspetto le gomme si sono rivelate robuste e resistenti alle pizzicature come promesso.
Solo una volta a casa mi sono accorta di una foratura abbastanza importante, ma il liquido deve aver fatto il suo lavoro egregiamente dato che durante il Tuscany Trail non ho percepito cali di pressione importanti.
Trasmissione: strapazzata ma impeccabile
Ottime le sensazioni anche con il cambio, uno Shimano GRX monocorona a 12 velocità meccanico, con casetta 10-51 e corona anteriore da 40.
La scala non è così graduale come la versione per doppia, ma questa combinazione permette di avere rapporti sufficientemente agili per superare anche le pendenze più arcigne, nonostante il carico.
Ho avuto qualche problema solo per quanto riguarda la rumorosità sia a livello del cambio che del freno anteriore, che a tratti si facevano sentire. Tutto nella norma dato che non ho avuto modo né di pulire né di lubrificare la bici, uno degli errori che non commetterò più se dovessi affrontare nuovamente un percorso di questo genere.
Qui sotto trovate il racconto completo della mia esperienza al Tuscany Trail.
Il "mio" Tuscany Trail: un'avventura che ci ha chiesto tanto e restituito di più...
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Sull'autore
Silvia Marcozzi
Vivo da sempre in equilibrio tra l’amore per lo studio e le parole - ho due lauree in lettere e un dottorato in lingue - e il bisogno di vivere e fare sport all’aperto. Mi sono occupata a lungo di libri e di eventi. Dieci anni fa sono salita su una bici da corsa e non sono più scesa, divertendomi ogni tanto a correre qualche granfondo. Da poco ho scoperto il vasto mondo dell’off-road, dal gravel alla Mtb passando per le e-Mtb, e ho definitivamente capito che la mia sarà sempre più una vita a pedali.