E’ andata esattamente così: la settimana scorsa Chiara Ciuffini (se non la conoscete cliccate qui) ha pubblicato delle foto di un suo giro in bici sulle Dolomiti. 
Silenzio e strade deserte.
Ho immaginato lo scenario e la spettacolarità delle Dolomiti silenziose e ho chiesto a Chiara di raccontarci le sue emozioni.
Non tutte magnifiche come mi sarei aspettato.

SL

È quasi la fine di giugno.
Un mese che per il ciclista è forse il più bello.
Caldo ma non troppo e finalmente, salita e discesa in libertà.
Sudando e ridendo, pensando, magari, a quando finalmente si tornerà a scalare le “montagne dei grandi”, che sia in gara o in vacanza, pedalare su quelle strade che hanno scritto la storia del ciclismo mondiale, ci farà sentire sempre, Coppi, Bartali o il mitico Pantani, per un minuto, un’ora o una giornata di privata gloria che si è sognata un inverno intero.
E sì, perché alla fine, ognuno di noi, quando in inverno si trova a pedalare al freddo e al gelo o in casa sui rulli, ha come obiettivo un’estate da campione.
Nei giorni passati ho avuto appunto la fortuna di pedalare nello scenario che il ciclista amatoriale ama di più al mondo, sulle strade della famosa Maratona dles Dolomites, la gara per eccellenza, quella che si dice “una volta nella vita va fatta”.
Ed è davvero così…

dolomiti silenziose
Il Passo Sella, lo scorso anno, prima del via della Maratona Dles Dolomites

Perché il posto, il panorama, la magnifica organizzazione ed il calore della gente sulle strade che, da primo o da ultimo arrivato ti regala emozioni che non dimenticherai mai.
Già da quando lasci l’autostrada e ti inoltri nelle valli, nelle Dolomiti, da lì inizia il viaggio, un viaggio vero, sembra di entrare in un’altra dimensione, una dimensione più lenta, più umana, quasi antica, ma che a me personalmente dona una serenità infinita.
Ogni anno che sia per gara o per passare dei giorni felici mi reco tra queste montagne…
Che sono per me una seconda casa, posti in cui ho imparato a conoscere le baite dove si sta bene, le pasticcerie dallo strudel sopraffino, i piccoli panifici che profumano gli angoli dal mattino a sera.
Strade che percorro ogni anno in bicicletta, strade che durante la settimana della Maratona sembrano quasi riservate ai ciclisti come se la valle diventasse una valle ciclabile, uomini donne bambini, tutti in bici, sui passi, scalata e foto di rito sotto i famosi cartelli, da postare e mostrare o semplicemente tenere per ricordo, di quei giorni felici, strade che nel resto dei giorni oltre alle bici sono sempre super affollate di auto e moto, quasi a creare code su per i tornanti verso le cime.

Foto Chiara Ciuffini

Bici che fanno a volte lo slalom tra le auto stesse, autobus che faticano a far manovre per salire e scendere dai valichi, parcheggi degli impianti di risalita colmi, quasi come in inverno e persone sparse ovunque a perdita d’occhio.
Dal prato fin sui cocuzzoli e in su per le ferrate e in discesa con le e-bike per i sentieri, chiacchiericcio, schiamazzi di bambini, imprecazioni degli automobilisti, suoni e voci della montagna, vociare in tutte le lingue conosciute, selfie, video, tutto a condire questa infinita grandezza che, grazie a tutto ciò, fa vivere una intera comunità.

E invece…

Cosa ho trovato in questi 4 giorni di una breve visita al mio amico Igor e la sua Ustaria Posta?
Cosa ho provato in questi 4 giorni, di un viaggio… nel post-Covid19?
Sono arrivata in valle, e quasi mi sembrava di non esserci mai stata, ho scelto di salire a Badia passando per Selva di Val Gardena, paese che da molti anni ospita la famosa Hero Sudtirol Dolomites, ogni volta, negli anni passati, attraversando il paese la cosa che più spiccava erano gli striscioni sui balconi e sulla piazza principale di Selva a ricordarti che “You are a Hero”
Sì.
Lì c’erano stati tanti Hero per un giorno, ed invece attraversando Selva, ho trovato un paese spoglio, quasi come se a Natale mancassero le luci in città, desolata, un po’ silenziosa, molto affaccendata in lavori di rifacimento.
Ma lontana dalla Selva in festa.
Proseguo e inizio a salire sul Passo Gardena.
Non trovo auto di troppo, né moto che mi sorpassano sui tornanti, né bici che sfrecciano in discesa.
Normale viabilità, di un paese quasi dormiente in un periodo in cui invece avrebbe fatto scintille.

Arrivo sul Passo Gardena.
E’ l’ora del tramonto, mi fermo, scendo dall’auto, parcheggiata comodamente a bordo strada, la sensazione è di dover far poco rumore perché c’è un silenzio assordante.
Salgo su un pezzetto di prato e scatto una foto dopo l’altra, senza intralci, senza auto, né camper, né persone che entrano nel mio schermo.
Pulita, e mi rendo conto di esserci io e altre poche persone che, come me, si guardano intorno, ammirate, come se quei posti così non si fossero mai visti.

dolomiti silenziose
Il Passo Gardena, qualche giorno fa – foto Chiara Ciuffini
Il Passo Gardena durante la Maratona Dles Dolomites

Non sento parlare altre lingue se non italiano e ladino.
Scendo a Badia passando per Colfosco e Corvara e, sarà la tarda ora, ma… sembrano paesi chiusi.
Pochissima gente per strada.
Molti cantieri edili.
Strutture chiuse, serrate, sbarrate.
Arrivo in hotel, e saluto Igor.
Mi dice:
«Stanza 10, va bene? Da bomber… Altrimenti scegli pure, tanto avanzano. La bici lasciala pure in garage, tanto siamo noi».
Io qui sono a casa e come potrei sentirmi diversamente?

Chiara Ciuffini, prima di partire in bici

Al mattino successivo, alle 8:30, sono in bici.
Corvara e subito Campolongo, ma… sono solo io.
Quasi non ci credo, un primo tratto nei rumori del rifacimento del manto stradale devastato dall’inverno e ancora da rifare, a causa del blocco di tutti i cantieri, ma qualche km dopo…rimaniamo io il rumore della mia bici.
Il mio respiro e la natura.
Mi guardo intorno e anche la luce mi sembra diversa.
Mi sembra quasi di vedere alcune cose per la prima volta, sul valico del Passo, il famoso Hotel che è meta per il caffè della sgambata pre-Maratona.
Mi volto e, CHIUSO, sbarrato.

Scendo ad Arabba e inizio a salire il Pordoi.
E qui l’unico rumore che supera quello del mio fiatone è quello dei campanacci al collo delle mucche che pascolano ai bordi della strada e l’acqua che scorre ovunque in queste montagne, in ogni angolo.
Arrivo in cima, e ci siamo io, altri 2 ciclisti in Mtb e una coppia di motociclisti, gli unici a cui riesco a chiedere una foto.
Continuo i miei 4 Passi e nel mio strano Sellaronda incrocio 10-15 ciclisti al massimo, con cui sembra di salutarci come se ci conoscessimo da secoli.
Quasi a dirsi:
«Ah, anche te qui! Che strano, eh?»

Sui Passi la foto al cartello si fa senza fare la coda quest’anno.
Magari un selfie, perché è difficile trovare chi si presta a scattarti una foto.
Le strade sono ancora in pieno rifacimento perché tutto è stato rimandato e i danni dell’inverno ancora ben visibili.
Le baite, per il 70% sono chiuse, o, magari, aperte nel weekend.
Gli hotel che son sbarrati quasi a sembrare in un momento post-bellico, e quel silenzio che ti entra nel cervello e, per la prima volta, però, ti fa riflettere su ciò che stai pedalando, secondo dopo secondo, perché non devi badare alle auto, alle moto, al traffico, ma riesci ad alzare lo sguardo e portarlo in alto, di lato, ovunque, ad ammirare un panorama che spesso era offuscato da tanta civiltà.
Selva, La Villa, Corvara, Badia: paesi che sei abituata a vedere pieni di persone, vestite nei mille colori dell’arcobaleno.
Igor stesso mi dice: «Giugno, per noi, era come se non esistesse», perché in questi paesi si entrava in una centrifuga di eventi che li portava a fine estate in un batter d’occhio.
E questo scenario, immagino, si ripeta anche in altre località montane.
Il Covid-19 ha fermato tutti, lo sappiamo, e qui diventa particolarmente evidente.

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Il Passo Valparola, qualche giorno fa – foto Chiara Ciuffini
Il Passo Valparola durante la Maratona Dles Dolomites

E’ vero: prima si era arrivati molto vicini all’eccesso di presenze sui Passi, ma le nostre Dolomiti devono comunque essere vissute a pieno, pedalate e percorse, magari con più moderazione e regolamentazione, ma assolutamente vissute.
E questo silenzio, questo pedalare contemplativo, lento, mi è piaciuto molto, sì, sono entrata in una introspezione tra me e la mia passione, ma sono anche arrivata alla conclusione che c’è bisogno di vita, gioia, schiamazzi, rumori e suoni.
E di mostrare al mondo quanto bella è l’Italia.
Ho sentito la mancanza di quella normalità che mi aspettavo di trovare qui, in un posto che percepivo quasi come immune da tutto.
E invece ho trovato un panorama mutato, non tanto nella morfologia, quanto nei suoni.
Quel silenzio, io, non credo di poterlo dimenticare, e credo che ne farò tesoro.
Come esperienza unica e, sinceramente, spero non ripetibile.
L’assenza di quei suoni e di quei rumori, impressi nei miei ricordi, pedalando in solitaria ha creato un velo di malinconia.
Ho fatto fatica a riconoscere quei luoghi a me così familiari.

Qui altre Storie di Strada e qui l’account Facebook di Chiara Ciuffini

PS: vi ricordiamo che il 5 luglio si svolgerà il Maratona Day. Leggete qui in basso di cosa si tratta…

Maratona Day e tante altre iniziative per vivere comunque la Maratona 2020