GATTEO – Conosciamo a menadito i dettagli tecnici della bici, dal telaio al cambio, ma l’attenzione che si rivolge all’abbigliamento, a volte, è piuttosto ridotta.
Il vestiario da bici, cioè i cosiddetti “capi tecnici”, invece, hanno un ruolo decisivo sia per il piacere dell’attività in sella, sia per le prestazioni durante la pedalata.
E in Italia in particolare abbiamo numerose eccellenze nella produzione di abbigliamento da bici, fra cui la Alexander Bike Wear, nota soprattutto in ambito amatoriale agonistico per la fornitura (personalizzata) delle divise a numerosi team.
La storia di questo marchio inizia oltre 40 anni fa, nel 1977, quando nel ciclismo non esistevano (e neanche si pensava) ai materiali che caratterizzano l’abbigliamento attuale.
Un tempo le maglie da ciclismo erano realizzate in lana o con un misto lana-acrilico e parliamo di maglie che si utilizzavano anche d’estate…
Capirete bene che, da allora ad oggi, di passi in avanti se ne sono fatti tantissimi e proprio insieme al titolare del marchio romagnolo, Roger Alessandri, abbiamo deciso di ripercorrere insieme le tappe più significative dell’evoluzione dell’abbigliamento da ciclismo.
Per iniziare dobbiamo tornare al 1985, anno in cui venne prodotta la maglia giallo-blu che vedete nella foto in basso.
L’evoluzione dell’abbigliamento da bici
Verso gli Anni Ottanta le maglie e i calzoncini da bici iniziarono ad adottare un tessuto che invece della sola lana era costituito da un misto lana e acrilico 60-40% o 80-20%.
L’obiettivo era dare maggiore aderenza all’abbigliamento e iniziare ad avvicinarsi, come concezione, all’abbigliamento attuale.
D’inverno, per aumentare la protezione contro il vento o la pioggia, i rimedi erano molto semplici: o si metteva il classico foglio di giornale sotto la maglia (che si inumidiva ben presto…) oppure, quando faceva davvero freddo, in aggiunta al maglione pesante, si poteva mettere una camicia di cotone più spesso, che “frenava” un po’ il vento.
Cioè, un rimedio in più contro il freddo che però era ben lungi dal garantire l’isolamento di un giubbino invernale di oggi.
A contatto con la pelle c’era la cosiddetta “maglia della salute”, cioè una maglia di lana.
E di lana, come detto, erano anche i pantaloncini.
E passiamo al fondello: scordatevi i materiali di pregio di oggi, perché si ricorreva alla pelle di daino (pelle vera…) il cui spessore, anche nel migliore dei casi, era comunque davvero esiguo.
Più che per l’assorbimento delle vibrazioni (concetto introdotto in tempi abbastanza recenti) e per il comfort, la pelle di daino era pensata per ridurre il rischio di irritazioni della pelle nelle zone intime.
Senza dimenticare, però, che dopo un paio di lavaggi in lavatrice diventava tipo cartone e quel poco di comfort che aveva si andava a far benedire…
Davvero un’epoca molto lontana.
Per fortuna.
Il debutto delle fibre sintetiche
Siamo al 1987, anno in cui, per il maglificio Alexander, si abbandona la lana e si passa ad una maglia interamente sintetica con finiture stampate, cioè con il processo della sublimazione, lo stesso che si usa ancora oggi.
Migliorano l’aderenza al corpo del ciclista e il comfort.
I materiali utilizzati erano l’acetato (ossia quello più facilmente reperibile all’epoca perché già usato per le tute da ginnastica) e solo poi sarebbe arrivato un tessuto a base di poliestere più specifico per i pantaloni.
Nel 1986, ad onor del vero, c’era già il pantaloncino in Lycra sul quale, per aggiungere scritti e loghi, si usava il processo della floccatura.
Le scritte, in pratica, risultavano leggermente in rilievo.
E il fondello?
Si stava abbandonando la pelle di daino per passare ad un materiale in “simil-daino”, passateci il termine, ancora lontano dall’Alcantara, ossia il materiale che si sarebbe utilizzato negli anni a venire.
Questo “simil-daino” era comunque più spesso e migliore della pelle di daino vera.
Dal 1986 in poi, anno indicativo del suo debutto nel ciclismo, la Lycra non ha più smesso di essere utilizzata, seppur sempre più raffinata ed evoluta nel corso di questi decenni.
Membrane e traspirazione: arriva la svolta
Se le fibre sintetiche iniziano a stravolgere l’abbigliamento estivo, è in quello invernale che avviene la rivoluzione verso la metà degli Anni Novanta ad opera delle membrane.
Ma torniamo un attimo indietro.
Molto prima delle membrane si usava il giubbino di lana con una protezione antivento in Nylon sulla parte frontale (maniche incluse) applicato sopra la lana.
Poi debutta la giacca termica composta da un accoppiato di materiali diversi: una maglina leggera all’interno con una parte esterna in Lycra per renderla un po’ più “scivolosa”.
Ma tutto questo non prendeva in considerazione un fattore che solo qualche anno dopo sarebbe diventato di importanza cruciale: la traspirazione.
Per l’abbigliamento invernale, infatti, si pensava solo all’isolamento termico e al riparo dal vento.
Il calore prodotto dall’attività fisica del ciclista rimaneva all’interno dell’abbigliamento, tramutandosi in umidità.
Ovvero nella spiacevole e pericolosissima sensazione di umido addosso.
Tutto questo è destinato ad essere spazzato via con l’arrivo delle membrane a metà Anni Novanta.
Ed è da questo momento che si riesce a fare dei capi finalmente molto più tecnici ed efficaci.
Ma cosa sono i tessuti a membrana?
In sostanza la membrana (introdotta da Gore con il Windstopper) è costituita da una pellicola di materiale sintetico capace di non far passare le gocce d’acqua (leggasi pioggia) verso l’interno, ma di far uscire il vapore (cioè l’umidità generata dal sudore) verso l’esterno.
In pratica, una sorta di barriera intelligente che permette all’acqua di non entrare sotto forma liquida, ma di uscire sotto forma gassosa (il vapore).
Questa pellicola viene inserita fra due strati di tessuto con una costruzione a sandwich.
E questo cambia, anzi, rivoluziona completamente e definitivamente le prestazioni dei giubbotti e dei capi di abbigliamento invernali in generale.
E’ in questi anni che si comprendono le necessità di traspirazione e si decide di applicarle su tutti i capi e gli accessori da ciclismo.
Siccome però i tessuti con le membrane costano, l’industria dell’abbigliamento pensa anche a soluzioni più economiche o meno prestazionali.
Quindi, oltre alle membrane, si usano anche le spalmature, un surrogato più economico che isola dall’esterno ma non traspira come una membrana vera e propria.
Ancora oggi alcuni capi di abbigliamento (anche di marchi prestigiosi) per la mezza stagione non adottano la costruzione a membrana, sia per ragioni di costo, sia per necessità tecniche.
Aerodinamica e aderenza
Il fattore aerodinamica ha fatto il suo debutto nel ciclismo nelle prove contro il tempo negli Anni Ottanta, ma solo nei primi anni del 2000 ha iniziato ad essere applicato in maniera sempre più significativa su bici, componenti, accessori e infine sull’abbigliamento.
Aerodinamica uguale abbigliamento aderente.
Cuciture a scomparsa.
Tagli sempre più raffinati e precisi.
Materiali più elastici e confortevoli.
E anche più traspiranti.
I professionisti del pedale li sfoggiano con grande stile e per gli appassionati, sempre desiderosi di emulare i loro beniamini, diventa uno stile da imitare.
Anzi, diventa lo stile per l’abbigliamento moderno da bici.
Salvo però non avere necessità o possibilità di indossare un abbigliamento super fit.
Infatti, seguendo i consigli di Roger Alessandri:
«Se non si ricercano prestazioni in sella è meglio un abbigliamento più comodo.
Poi, certamente, l’occhio vuole la sua parte e lo stile dell’abbigliamento crea anche l’appartenenza al mondo della bici».
Quale sarà il prossimo step per l’abbigliamento?
A rispondere è sempre il titolare del maglificio Alexander:
«Ci sono sempre tessuti e tagli nuovi da valutare, come ad esempio i filati con tessuti derivati dai riciclati, cioè hai la possibilità di utilizzare un tessuto che proviene da una filiera diversa.
E’ qualcosa che si può proporre a chi ha una maggiore attenzione e sensibilità verso la tematica ambientale, ma per ora, almeno in Italia, non incontra grande interesse da parte del pubblico».
L’estetica conta più della qualità del prodotto?
A questa risposta Alessandri risponde in modo chiaro: dipende dal tipo di cliente.
«L’estetica ancora conta più della qualità del prodotto, perché le competenze e la sensibilità del cliente (che nel caso di Alexander sono le società sportive, ndr) sulle caratteristiche tecniche dell’abbigliamento sono ancora ridotte.
E molto dipende – dice sorridendo – dalle competenze di chi gestisce il budget per l’abbigliamento della squadra…
Il singolo utente, magari, ha una preparazione maggiore ed esigenze e possibilità di spesa diverse.
«Ma l’abbigliamento da bici è da paragonare ad un componente della bici, perché ha un impatto significativo sia sul piacere in sella, sia sulle prestazioni.
Sull’invernale c’è già più attenzione, ma sull’estivo, diciamo, ci si accontenta.
Posso dirvi che il fondello dei pantaloncini è un elemento al quale tanti prestano attenzione e si lasciano anche consigliare da noi, arrivando a spendere di più per questo particolare.
Per altri è sufficiente acquistare l’ultimo modello solo perché c’è il fattore novità che, lo sappiamo, nel ciclismo, in Italia, conta tanto.
E questa cosa si lega in qualche modo al fattore estetico».
Gravel: serve un abbigliamento specifico?
Roger Alessandri risponde che il numero di richieste è in crescita e che pian piano questa specialità si sta costruendo una proprio identità.
Le specifiche tecniche dell’abbigliamento sono comunque più vicine al mondo road, ma riprendono qualcosa anche dalla Mtb.
E in futuro ci saranno anche ulteriori sfaccettature, proprio perché ancora non si è capito cos’è e cosa non è il gravel.
Ci sarà l’agonismo in gravel oppure saranno solo eventi di aggregazione?
La risposta a questa domanda influenzerà anche l’evoluzione dell’abbigliamento specifico.
La visita alla sede del magnifico Alexander si conclude con un tour nell’area di ideazione delle grafiche e produzione dei capi che, vale la pena ricordare, è interamente realizzata nella loro sede.
Questo consente un controllo molto preciso sia della qualità finale, del prodotto, sia dei suoi tempi di consegna, fattore, quest’ultimo, quanto mai critico negli ultimi tempi.
Vi invitiamo, quindi, a dare uno sguardo a questa galleria di foto:
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Per informazioni AlexanderBikeWearShop.com