Monocorona sulla bici da corsa.
Se ne parla ormai da qualche anno, ma per il momento non ha mai preso piede definitivamente. L’aumento del numero di pignoni posteriori e altre nuove tecnologie potrebbero sdoganarlo definitivamente? Forse sì, anche se dipende dal tipo di percorso e dal tipo di utilizzo che si fa della bici.
Ecco che cosa ne pensa Matteo Montaguti, ex professionista, che ha scritto per noi questo articolo, in cui esprime le sue impressioni e ci racconta un aneddoto particolare proprio legato al monocorona.
NC

Era il lontano 2018 a Geelong, nel sud Australia, quando ho visto per la prima volta una monocorona montata su una bici da strada, in quel caso dell’americana Sram.
La utilizzava il team Aqua Blue Sport, che aveva in dotazione biciclette 3T Strada (foto in basso).

Monocorona sulla bici da corsa

Da allora abbiamo visto qualche altra fugace apparizione, ma per il momento tra bici da corsa e trasmissione monocorona non è mai davvero scoppiato l’amore.

In Mtb, invece, negli ultimi 10 anni siamo passati dalla “tripla” all’uso quasi esclusivo della trasmissione 1x, in ambito agonistico, ma non solo. Sia Shimano che Sram, oltre a tante piccole aziende artigianali, si sono omologate a questi standard.
Un passaggio che gradualmente sta interessando anche il mondo gravel.




Il sistema permette di togliere definitivamente un comando e il deragliatore, alleggerendo la bici e rendendo più facile e affidabile la cambiata. Con il numero di rapporti oggi a disposizione (Campagnolo e Rotor ne prevedono 13 per la cassetta posteriore) restano quasi invariati gli sviluppi metrici dei rapporti massimi e minimi.
Nel mezzo, inevitabilmente, ci sono salti un po’ più ampi, ma in fuoristrada, su percorsi sconnessi e infarciti di cambi di pendenza repentini, si notano meno che su strada.

Con L’Ekar Campagnolo ha introdotto il monocorona a 13 velocità. Le cassette disponibili sono 3: 9-36, 9-42, 10-44

E’ anche per questo che nelle specialità off-road l’1x è ormai la scelta per eccellenza, anche se qualche limite ce l’ha, specie in termini di durata. 
Infatti, il sistema ad una sola corona anteriore è soggetto, in media, ad un’usura molto più precoce della trasmissione, soprattutto per chi non è molto attento alla manutenzione.

Nel 2021 diversi brand hanno riproposto in catalogo bici, anche di alta gamma, allestite con trasmissioni monocorona (qui sotto trovate una Specialized Tarmac SL 7 e una Cipollini, ma ce ne sono anche altre). Tuttavia questa soluzione è ancora guardata con scetticismo da tanti.

Monocorona sulla bici da corsa

Eppure, se paragoniamo lo sviluppo metrico minimo e massimo non c’è poi così tanta differenza tra le trasmissioni 1x e quelle 2x, soprattutto da quanto Campagnolo ha introdotto l’Ekar a 13 velocità.
Senza dimenticare il sistema Classified, che sposta la funzione normalmente svolta dal deragliatore all’interno del mozzo posteriore, dove troviamo un meccanismo di demoltiplica che aumenta il range della cassetta. Ne abbiamo parlato in questo articolo in modo approfondito.

Se prendiamo a riferimento una classica ruota da corsa da 28”, un monocorona da 44 denti, abbinato con una cassetta 10-36, permette di avere sviluppi compresi tra 2,57 e 9,24 metri. Un classico 50-34 abbinato ad un 11-28 posteriore consente sviluppi metrici che partono da 2,55 e arrivano a 9,55 metri.

Monocorona sulla bici da corsa
Foto 3t.bike

Lo stesso vale per rapporti più lunghi, magari più indicati in gara o per un eventuale uso professionistico, in quanto si può arrivare a montare un 54 anteriore, con rapporti posteriori da 11, 10 o 9 denti in base ai produttori.

Proprio a quest’ultima opzione fa riferimento un aneddoto che vi voglio raccontare.

Riguarda quella prima volta che vidi usare un sistema monocorona sulla bici di un collega professionista, di cui vi ho accennato in apertura di questo articolo.
Si correva la “Cadel Evans Great Ocean Road Race” lungo le coste meravigliose della Ocean Drive del sud Australia. Il percorso non era proprio montagnoso, ma collinare, con le salite più lunghe che in quella zona non superano i 4-5 chilometri. 

Ebbene, una volta percorsi i primi chilometri a tutta velocità il gruppo arrivava sul circuito finale da ripetere 3 volte con una salita secca e corta, che era facilitata da una rampa in discesa che la precedeva e permetteva di superarla di slancio, tutto sommato senza troppo sforzo.

Il caldo e l’umidità di quel periodo (a Gennaio è estate piena nel sud Australia) ci aveva fatto arrivare all’ultimo giro disidratati e allo stremo delle forze. In quel punto specifico, su un tornante a sinistra largo e molto ripido, Archbold Shane, un collega neozelandese del Team Aqua Blue Sport, che usava una bici 3T Strada montata Sram Red 1x con il 54 x 11-32, non riuscì a oltrepassare lo strappo e letteralmente si piantò nel bel mezzo del tornante.
Fu costretto a scendere di bici e salire a piedi l’ultimo tratto di salita, mentre sul traguardo si imponeva l’australiano Mc Carthy davanti al nostro Elia Viviani in uno sprint di circa 15 uomini.

Di certo la bici sarà stata più leggera e la cambiata più semplice, ma quando a livello muscolare non ce la fai più, non si può far altro che mollare e andare all’arrivo, cosa che è senz’altro più semplice con una vasta scelta di rapporti come quella offerta dalla trasmissione doppia.

Foto 3t.bike

Beh, ripensando a quell’aneddoto ho capito perché per i successivi 2 anni non ho più visto trasmissioni monocorona in competizioni su strada, fino a poco tempo fa quando un fortissimo Bauke Mollema (Trek-Segafredo), ha vinto una tappa della Vuelta proprio con una trasmissione 1x.
Trasmissione 1x utilizzata sempre dalla Trek-Segafredo per la Parigi-Roubaix e portata al successo da Lizzie Deignan nella prima edizione della Roubaix femminile. Trovate l’articolo qui sotto:

Domane con il monocorona: ecco la scelta della Trek-Segafredo per la Roubaix

In conclusione

L’evoluzione della trasmissione monocorona sulla bici da corsa probabilmente ha ancora tanto da dire, dipende dall’ambito di utilizzo.

A livello professionistico e agonistico evoluto, potrebbe risultare una soluzione davvero valida se l’utilizzo si limitasse a singoli eventi, come gare contro il tempo oppure percorsi pianeggianti e con pochi cambi di pendenza e di ritmo. La Roubaix, per intenderci, è l’esempio perfetto.

Il discorso cambia quando ci si trova di fronte a percorsi misti, con tratti pianeggianti, ma anche lunghe salite e discese. In questo caso, per avere sviluppi metrici massimi e minimi adeguati si deve rinunciare a qualche rapporto nel mezzo, con conseguenti salti troppo accentuati per una gara.
Insomma, ci troviamo di fronte alla famosa coperta corta.

Monocorona sulla bici da corsa
Foto Ridley

Per chi non fa gare (cicloturismo o amatore che sia), invece, la questione cambia e si fa decisamente più interessante, poiché in questo caso un “dente nel mezzo” non è così determinante.
Prestando attenzione alla scelta dei rapporti si può trovare una combinazione adatta a quasi ogni percorso, ma con i vantaggi del monocorona, ovvero bici più leggera, cambiata più intuitiva, fattore Q più stretto e soprattutto niente più rischio di caduta di catena quando si aziona il deragliatore.

Insomma, se pedalate su percorsi molto vari e fate gare, a qualsiasi livello, la doppia rimane ancora la scelta più versatile e sicura.
Se amate divertirvi, vi piace la semplicità e la praticità, ma non avete l’assillo dell’agonismo e delle prestazioni, allora un pensierino al monocorona potete/dovete cominciare a farcelo…

Foto d’apertura 3T Bike

Se vi interessa l’argomento, qui sotto trovate l’esperienza un po’ folle del nostro direttore Simone Lanciotti, fatta qualche anno, con il monocorona sulle Dolomiti: