Remco Evenepoel in Maglia Rosa che abbandona il Giro d’Italia. RCS, a seguire, che reintroduce l’obbligo della mascherina (parcheggio bus delle squadre partenza/arrivo area podio firma; area podio premiazioni; mixed zone; area linea d’arrivo; area conferenza stampa; area antidoping).

L’onda lunga delle positività ha travolto il gruppo (18 i test positivi).
Il Covid al Giro è (forse) l’avversario numero uno da battere per raggiungere il traguardo di Roma.

Covid al Giro
Foto: LaPresse

Sullo sfondo corridori che comunicano l’abbandono prematuro dell’attività per via di alcune irregolarità emerse a seguito dei programmi di screening cardiologico.
Gli ultimi casi riguardano Jan Polanc (UAE Team Emirates, foto sotto), 31 anni, e Heinrich Haussler (Team Bahrain Victorious), 39 anni.

La percezione del rischio

Il 13 gennaio 2023 l’UCI ha provveduto ad aggiornare il protocollo Covid-19 per la stagione 2023, documento che ad oggi non è stato cancellato né tantomeno aggiornato.

Venerdì 5 maggio, alla vigilia della partenza del 106° Giro d’Italia, l’Organizzazione Mondiale della Sanità dichiara la fine dell’emergenza sanitaria pubblica di portata internazionale (Public Health Emergency of International Concern, PHEIC). Un atto che però è ben lontano dall’essere un “liberi tutti” perché vengono identificati nuovi parametri e linee guida per monitorare il Covid-19.

Al netto di tutti gli elementi in campo sul piano della salute pubblica le maglie si sono allargate mentre nel ciclismo, in occasione del Giro, la politica adottata sembra di verso opposto. Sembra… perché non dimentichiamolo: tra Covid e ciclismo di mezzo c’è sempre la salute dei corridori, ovvero, chi questo sport lo fa ed in un certo senso lo produce, a beneficio di molti.

Covid al Giro
Foto: Fabio Ferrari/LaPresse

A cambiare veramente è la percezione del rischio da parte delle squadre.
La classifica (la Maglia Rosa in questo caso) importa, ma fino ad un certo punto: non si esita troppo a scombinare piani, investimenti ed allenamenti.

Fanno pensare le parole di Patrick Lefevere (foto sotto), CEO del team Soudal Quick-Step, rilanciate dal quotidiano belga Het Nieuwsblad a proposito del ritiro dal Giro di Evenepoel: «L’anno scorso abbiamo avuto diversi caso di Covid nella nostra squadra, Tim Declerq è finito addirittura in ospedale con una pericardite. Per me non ne vale la pena, non gioco con la vita di un ragazzo di 23 anni».

Covid e ciclismo

Lefevere risponde all’articolo di Pier Bergonzi, “Evenepoel, il Covid e il rispetto che si deve al Giro”, apparso sulla Gazzetta dello Sport del 16 maggio scorso.
Al di là delle modalità con cui Evenepoel ha comunicato il suo stato di salute ed ha abbandonato la Corsa Rosa rimane una frase che non concede appello: «Non gioco con la vita di un ragazzo di 23 anni».

Ok, parliamo pur sempre del Campione del Mondo, ma dopo l’incidente di Colbrelli più di qualcosa è cambiato. C’è di mezzo il Covid? Meglio fermarsi, fare un “tagliando” a tampone negativo e riprendere a correre “da osservati speciali”, ovvero, con gli occhi del medico addosso.

Foto: Fabio Ferrari/LaPresse

Il perché di questa virata ancora non è del tutto chiaro. O meglio: non ci sono studi scientifici in grado di certificare le ricadute del Covid-19 sulla salute di un atleta, professionista o amatore che sia.

E l’incognita a cascata riguarda anche lo stato di salute del cuore, un organo che negli sport di resistenza è particolarmente sollecitato.

Foto: Istituto delle Riabilitazioni Riba (IRR) – Torino

Covid al Giro: fermarsi per ascoltarsi

Per chiarire la situazione siamo ritornati dal dott. Massimiliano Maines (foto sotto), 49 anni, medico chirurgo, specialista in Cardiologia e responsabile dell’ambulatorio di Cardiologia dello Sport all’ospedale “Santa Maria del Carmine di Rovereto”.
Un profilo che avevamo già interpellato per cercare d’analizzare il rapporto tra Covid e ciclismo e patologie cardiache.

Covid e ciclismo
«La Scienza Medica non ha ancora elaborato studi sulle ricadute del Covid-19 sul corpo di un atleta al punto che la Federazione Medico Sportiva Italiana non ha espresso giudizi in merito
– precisa Maines -. Se giochiamo le valutazioni sul piano della salute posso dire che le decisioni delle squadre di mandare a casa alla minima avvisaglia anche corridori che potrebbero correre a seguito di un tampone positivo (vedi Bystrøm della Intermaché, ndr, foto sotto) sono corrette».

Covid al Giro
Foto: Intermarché-Circus-Wanty

«A dire la verità bisognerebbe ritirare da una competizione qualsiasi atleta con una infezione in atto. È innegabile: la mancanza di certezze porta le squadre ad essere molto caute».
Non a caso lo screening cardiologico è stato rafforzato.

Come si deve comportare però un ciclista amatore che non può contare su una équipe medica sempre a disposizione che si avvale talvolta dei miglior consulenti in ambito internazionale?
È possibile anche per un atleta non professionista “fare un tagliando al cuore” per capire se è tutto ok al punto da limitare il rischio di complicazioni?

«L’elettrocardiogramma basale e da sforzo obbligatorio in occasione della visita di idoneità medico sportiva – prosegue Maines – offre già un primo livello di monitoraggio. Buono, oserei dire, al punto che se non vengono rilevate anomalie non si prosegue oltre. Diventa fondamentale “ascoltarsi”: dolore al petto, fatica a respirare, episodi di batticuore o svenimenti sono tutti indicatori che non devono essere trascurati».

«C’è una considerazione a monte da fare. I sistemi sanitari dei vari paesi sono sotto pressione. La questione è che non è sempre così facile sottoporre un paziente con patologia ad una risonanza al cuore, figuriamoci un soggetto sano…».

Dalle vicende del Giro possiamo quindi ricavare un insegnamento: visita medico sportiva annuale anche se non abbiamo bisogno del certificato per prendere parte alle gare ed una maggiore capacità di ascoltare i segnali del nostro corpo.

In attesa di certezze…

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