E’ successo in modo inaspettato, in un weekend di Novembre.
Sono bastati due giorni, un po’ di fantasia e di voglia di esplorazione e la “frittata è stata fatta”. Mi sono innamorato del gravel!
Vi racconto com’è andata e, a fine articolo, vi spiego le motivazioni tecniche ed “emotive”…

Succede questo: il direttore mi affida una 3T Exploro, montata Campagnolo Ekar e gomme da 40 millimetri mediamente tassellate.
La bici in questione, tra le altre cose, servirà a testare le SuperMousse Andreani Pac Evo Lite, di cui vi parleremo in un articolo specifico tra qualche giorno…



Ho già avuto una precedente esperienza con una bici gravel, breve ma intensa.
Avevo infatti partecipato all’Umbria Trail: la bellezza di 450 km e 10.000 metri di dislivello percorsi in due giorni, che vi abbiamo raccontato in questo articolo.
Esperienza bellissima, ma che mi aveva lasciato non pochi dubbi su questo tipo di bici. Insomma, avevo un po’ rimpianto la mia Mtb da XC, nello specifico una Scott Scale 920.

“Bene, ci risiamo” – penso tra me – ho un’altra possibilità di cimentarmi su una bici Gravel.
C’è stato qualcosa che fino ad ora non ha funzionato e allora cerco di rompere i miei schemi mentali e pensare a qualcosa di nuovo.
Col senno di poi, vi confido che il segreto è proprio questo…

innamorato del Gravel.

Mi viene in mente che dalle mie parti c’è una zona che da tanto tempo non frequento più in bici.
Strade bianche, larghe e battute, che costeggiano il fiume Tevere e che portano in una zona collinare distante circa 10 km da casa mia.
In Mtb quegli stradoni non mi sono mai piaciuti, li consideravo solo una gran perdita di tempo, un trasferimento per arrivare nella zona collinare dove percorrere qualche bel sentiero.
Insomma, preferivo di gran lunga la montagna sopra casa, che con poche pedalate mi permetteva di immergermi tra i boschi e i sentieri del monte Peglia.

E’ sabato, dopo le classiche regolazioni parto in direzione opposta a quella solita.
Già il fatto di fare qualcosa di diverso mi stuzzica non poco.
L’asfalto scorre veloce, prendo il primo tratto sterrato e mi perdo in una stradina fangosa.
“Cavolo” – mi dico – “ci risiamo, meglio la Mountain bike…”

Ne esco a piedi e riprendo la strada battuta che volevo.
Sto viaggiando ad una buona velocità, 35 km/h senza neanche troppo sforzo, la cosa si fa interessante.
Poter pedalare a velocità vicine a quelle della bici da corsa, e dunque percorrere anche distanze notevoli, è uno dei plus più importanti rispetto alla Mtb.

Comincio a salire in collina alternando asfalto e strade bianche e me le godo tutte, insomma mi piacciono.
Arrivo al piccolo borgo di Castelleone, ma da una variante che non percorrevo più da tantissimo e che per di più mi aveva sempre annoiato in Mtb.
Qualcosa è cambiato.

Discesa in asfalto veloce, ma tortuosa.
Mani sulla presa bassa: sono su una gravel ma poco più che me ne accorgo, si vola e si piega da paura.

Il tratto che mi riporterà a casa è lo stesso dell’andata lungo il fiume, questa volta ho addirittura il vento a favore e volo a 40 km/h e oltre su quello stradone bianco schivando le pozze di acqua lasciate dall’ultimo temporale.

Mi rilasso, lascio le mani dal manubrio e penso a quanto mi sono divertito.
Sono tentato di condividere il tutto con gli amici della redazione, ma mi trattengo, sarà un fuoco di paglia, mi dico, meglio stare calmi.

Il pomeriggio, in preda alla voglia di esplorazione, mi metto su Komoot e traccio un percorso gravel che mi porterà a Collemancio.
Non è distante da casa (circa 20 chilometri) a patto di passare da Pomonte.
Il problema è che da Pomonte in poi la strada diventa bianca e con la bici da strada non è il caso di andare, inoltre facendo il solito giro su asfalto i km diventano circa il doppio.

Arriva la domenica e parto in direzione Pomonte.
Tutto asfalto, ma per arrivare al paese la traccia mi fa percorrere una salita inedita: cavolo sono 30 anni che vado in bici e il fatto di scoprire salite nuove in asfalto un po’ mi eccita e un po’ mi fa arrabbiare, pensando a quanto mentalmente sia stato limitato finora.

Arrivo all’inizio dello sterrato che mi dovrebbe portare fino a Collemancio e l’euforia sale ancora, territori inesplorati, giornata stupenda.
Uno spettacolo.

Ad un tratto la strada principale prosegue a destra, ma la traccia dice di andare a sinistra. Mi fido e seguo la traccia.
Mi trovo su sentieri più stretti, a tratti impervi, a farmi compagnia gruppi di cacciatori.
Ad uno chiedo se la direzione è giusta e mi fa cenno di sì con il pollice alto.
Proseguo.

La stradina diventa ripida e tecnica in discesa, con la 3T Exploro soffro un po’, ma se la cava comunque.
Arrivo in fondo e mi trovo nel bel mezzo di un allevamento di vitelloni, terreno fangoso misto a letame… lasciamo perdere.

Non trovo più la strada. Vado avanti a piedi tra gli animali, destra, sinistra ma niente, eppure la traccia dice di proseguire.

C’è un unico sentiero da salire a piedi che sembra faccia il giro dell’allevamento, lo imbocco sperando sia una deviazione che mi riporti in rotta ma cosi non è… Salite, discese, altri allevamenti, mucche ovunque. 

A Collemancio ci tornerò la prossima volta…
Proseguo e arrivo a passaggio di Bettona.
C’è una pasticceria aperta che fa asporto, ne approfitto per caffè e cornetto, riparto e risalgo su asfalto in direzione Bettona.

innamorato del Gravel

Salita fatta mille volte con la bici da corsa fino al centro storico, ma percorsa invece raramente fino alla cima in quanto, solito problema di noi stradisti, la strada diventa sterrata.
Questa volta non importa, si può proseguire verso quella che tutti chiamano Perugia Vecchia.

Il clima è stupendo, me lo godo a pieno, scambio qualche battuta con due biker per avere conferme sulla traccia che ho ritrovato e mi fanno qualche domanda sulla mia bici.
Sono incuriositi. Da queste parti si vedono molte Mtb full, ma di gravel non ne girano ancora molte.

Qualche scambio di opinioni e proseguo in discesa dopo aver abbassato un po’ la pressione delle gomme, passando da 3 bar a 2,7 circa.
Riesco a scendere in modo efficace e non rimpiango affatto la Mtb. 

Pedalo forte fino a casa gasato dalla bella uscita domenicale, questa volta tiro fuori il cellulare e mando un audio alla redazione in cui gli dico che la bici gravel non la restituisco più!

Ora ne ho la certezza, il sabato mi sono infatuato, ma da domenica mi sono innamorato del Gravel.
Forse lo avrete già capito da questo lungo racconto, ma qui sotto vi spiego rapidamente perché il gravel riding mi ha rapito:

– Possibilità di pedalare a velocità simili alla bici da corsa, ma con più versatilità e comfort
E’ uno degli aspetti chiave. Le caratteristiche tecniche e l’impostazione in sella permettono di viaggiare con facilità a velocità più elevate rispetto ad una Mtb.
E, di conseguenza, immaginare uscite di 80-100 km senza particolare difficoltà.

Allo stesso tempo, rispetto alla bici da strada, si pedala meno scomodi (sia come posizione che come capacità di assorbire le sconnessioni del terreno) e quindi si torna a casa meno stanchi.

– Più spazio all’esplorazione e alla scoperta di nuovi percorsi
La bici da corsa ti permette di fare tanti chilometri, ma a volte ti devi limitare perché su sterrato non puoi andare.
La Mtb ti porta ovunque, ma è oggettivamente meno adatta a fare grandi distanze.
La Gravel sta esattamente nel mezzo: puoi fare lunghi giri, ma senza i limiti del fondo stradale. E nel mio caso è stato il divertimento più grande.
Andare oltre le solite strade, scoprire nuovi percorsi e punti di vista, anche se nelle zone in cui pedalo da sempre.

– Divertimento assicurato, a patto di rompere i propri schemi mentali
Il gravel si presta a molteplici interpretazioni e la sua forza sta proprio in questo.
Per goderselo in pieno, però, è necessario andare oltre i propri schemi mentali e pensarlo come qualcosa di diverso.
Devi pedalare off-road non pensando di essere su una Mtb e su asfalto non pensando di essere su una bici da corsa.
Per me è il punto di incontro ideale, capace di unire queste due anime e darti qualcosa in più…

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