È giusto proporre il pavé al Tour de France? Le corse a tappe hanno veramente bisogno dello sterrato?
La 5° tappa del Tour de France, Lille Métropole-Arenberg Porte du Hainaut di 157 km, vinta a sorpresa dall'australiano Simon Clarke (Israel-Premier Tech, foto sotto) ha riacceso il dibattito.
Un argomento che aveva innescato più di qualche polemica ad inizio stagione in occasione della Volta Valenciana. Qui sotto il nostro approfondimento.
11 i settori di pavé affrontati oggi dalla Grande Boucle, di lunghezza compresa tra 1,3 e i 2,8 km. "Solo" due i tratti in comune con il tracciato della Parigi-Roubaix (Warlaing à Brillon e Tilloy-lez-Marchiennes à Sars-et-Rosières).
Sono bastati 157 km per vederne di tutti i colori, mettere in discussione alcune certezze (soprattutto in casa Jumbo-Visma) e segnare pesantemente il destino di alcuni corridori di primo piano. Un nome su tutti, Primož Roglič (Jumbo-Visma), caduto all'uscita del settore 5 quando al traguardo mancavano 29,8 km.
Un momento cruciale perché il quel frangente la Jumbo era già impegnata a far rientrare Jonas Vingegaard, a sua volta vittima di una foratura e protagonista di un rocambolesco cambio bici.
Pavé al Tour de France: tra storia, incidenti e pericoli
Lo sterrato ed il pavé della Roubaix al Tour sono dei classici che non passano mai di moda. Ambienti "dimenticati" dalle grandi corse a tappe all'inizio degli anni '90 e tornati in voga per esigenze di spettacolo a metà degli anni 2000 (vedi Colle delle Finestre, 19° tappa del Giro d'Italia 2005).
Il Tour aveva già attraversato l'Inferno del Nord nel 1982. 6° tappa da Lille a Lille, 233 km. Era l'8 luglio. Il giorno prima la corsa era stata bloccata a causa di una manifestazione che aveva portato ad annullare la cronosquadre.
A seguire l'indimenticabile e "dantesca" impresa di Vincenzo Nibali nel 2014 (foto sotto) con il pavé che condanna al ritiro Chris Froome e Alberto Contador costretto ad inseguire. Poi la tappa del 2018 vinta da John Degenkolb.
Il pavé al Tour non è nulla di nuovo, sopratutto per gli appassionati di lungo corso.
Oggi però parliamo di un ambiente a metà strada tra la storia e l'esigenza di vivere e vedere una corsa equa, dove è la strada a decidere e non incidenti e pericoli pressoché seriali. Evitabili, in parte. Ed è questo uno dei punti a far deflagrare la fatidica domanda sull'effettiva utilità del pavé nel percorso della corsa ciclistica più importante al mondo.
L'aria di Roubaix ha sempre il suo fascino ed un arrivo alle porte della Foresta di Arenberg pure.
Le biciclette di oggi assistono molto di più il corridore rispetto a quelle di 40 anni fa. Vedi freno a disco. In tanti oggi hanno usato coperture da 30 mm, con pressioni attorno ai 4 bar frutto di numerose sessioni di test. Componenti (es. il reggisella di Pogačar) più resistenti che per un giorno hanno messo da parte la leggerezza e nastri manubrio con inserti in gel.
Il team Movistar nonostante i recenti incidenti alla Roubaix ha corso con i tubolari.
Al di là delle scelte tecniche la domanda rimane. Forse non c'è una risposta giusta ed una sbagliata, ma quando lo spettacolo finisce per creare situazioni al limite della sicurezza ecco che qualcosa non torna.
Voi cosa ne pensate?
Foto in apertura: © A.S.O. / Pauline Ballet
Tutte le classifiche sono disponibili QUI
Per maggiori informazioni: letour.fr
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Sull'autore
Giovanni Bettini
"I poveri sono matti" diceva Zavattini. Anche i ciclisti oserei dire. Sono diventato "pazzo" guardando Marco Pantani al Tour de France 1997 anche se a dire il vero qualcosa dentro si era già mosso con la mitica tappa di Chiappucci al Sestriere. Prima le gare poi le esperienze in alcune aziende del settore e le collaborazioni con le testate specializzate. La bici da strada è passione. E attenzione: passione deriva dal greco pathos, sofferenza e grande emozione.