La settima tappa del Giro arriva sul Gran Sasso, ai 2.130 metri di quota di Campo Imperatore. Si tratta di una delle salite più lunghe del centro Italia, che è rimasta nell’immaginario collettivo per l’esaltante arrivo solitario di Marco Pantani nel 1999.
Campo Imperatore è stato sede di tappa per 4 volte, l’ultima delle quali nel 2018, quando si impose Simon Yates davanti a Pinot e Chaves. I chilometri finali della tappa di quest’anno saranno esattamente identici a quelli del 2018.

Le informazioni ufficiali considerano il GPM di Calascio e quello di Campo Imperatore come due salite separate. A nostro avviso, però, è più sensato parlare di un’unica lunghissima ascesa, suddivisa in tre tronconi uniti tra loro da due tratti di falsopiano.
Se intesa in questo modo, l’ascesa finale che conduce a Campo Imperatore misura ben 46 chilometri, con quasi 1.800 metri di dislivello.
Le pendenze sono veramente severe solo negli ultimi 4 chilometri, ma a fare la differenza potrebbe essere proprio la lunghezza, visto che anche per i più forti si tratterà di uno sforzo di circa 1h30’.

La salita di Calascio
La tappa misura 218 km ed è una delle più lunghe del Giro d’Italia 2023. Nella prima parte i corridori dovranno affrontare il GPM di Roccaraso, ma tutto sommato il percorso non è particolarmente impegnativo.
Si inizierà a fare sul serio a 46 chilometri dall’arrivo, quando lasciata la SS 602 il gruppo imboccherà la salita di Calascio, che misura 13,5 km al 6%. Niente di proibitivo, ma se affrontata forte contribuirà ad accumulare fatica nelle gambe.
Una volta giunti a Calascio non ci sarà discesa, ma 5,5 km di falsopiano (pendenza media 0,6%) su strada tortuosa per arrivare a Santo Stefano di Sessanio, dove partirà il secondo troncone dell’ascesa verso il Gran Sasso.
Da Santo Stefano di Sessanio a Campo Imperatore
La salita che conduce da Santo Stefano di Sessanio all’altopiano di Campo Imperatore misura 10 chilometri, ma è molto dolce, tanto che la pendenza media è del 4%. Qui si starà bene a ruota e l’unica cosa che potrebbe fare la differenza è il ritmo imposto da qualche squadra che vuole rendere la corsa dura.
Terminato questo tratto ci sono 9 chilometri di saliscendi prima di iniziare l’ultimo segmento. Il ritmo con cui si affronteranno questi chilometri inciderà su quelli che potranno essere i distacchi all’arrivo.
La salita riprende in modo dolce a circa 7 chilometri dal traguardo, per poi diventare davvero dura nel finale.
Gli ultimi 4,5 chilometri hanno una media dell’8,2% con punte del 13% ed è qui che c’è da attendersi battaglia tra gli uomini di classifica.
L’entità dei distacchi, però, dipenderà da cosa è successo prima.
Se fino agli ultimi 4,5 chilometri il ritmo sarà regolare è difficile attendersi grandi distacchi. Se invece dovessero prendere di petto già la prima parte di salita che conduce a Calascio, nel finale ne vedremo delle belle.
Altitudine e incognita meteo
Altitudine e condizioni meteo saranno altre due variabili da considerare.
Gli ultimi chilometri della tappa porteranno i corridori sopra quota 2.000 metri e sappiamo che la rarefazione dell’aria dovuta alla quota non è tollerata da tutti i corridori allo stesso modo.
A questo si aggiungerà l’incognita del freddo.
Le previsioni meteo, almeno per ora, sembrano scongiurare una giornata da tregenda, ma rimane il rischio che nel pomeriggio possa piovere o addirittura nevicare. Le temperatura, in ogni caso, saranno di poco superiori allo zero e questo renderà la tappa ancora più impegnativa.
Qui sotto trovate la web cam dell’albergo di Campo Imperatore per vedere le condizioni in diretta:
I tempi da battere
I migliori tempi su Strava sono di Pinot e Chaves, che nel 2018 arrivarono secondi e terzi a pochi metri da Yates.
Gli ultimi 4,4 chilometri furono percorsi da Pinot in 12:44” con una VAM di 1.590 m/h.
Il KOM sugli ultimi 26,3 chilometri da Santo Stefano di Sessanio a Campo Imperatore è di Chaves, con 53:01”.
L’intera ascesa finale di 46 chilometri nel 2018 fu percorsa in circa 1h35’.
Meteo permettendo, le prestazioni che abbiamo visto da inizio anno a questa parte ci fanno immaginare un sensibile miglioramento di questi tempi…
Nel 1999 Pantani affrontò la salita da un altro versante, quello di Fonte Cerreto: 26 chilometri percorsi in 53:50″. Il finale, però, sarà lo stesso. Il Pirata scalò gli ultimi 3 chilometri in circa 7:30″, gli ultimi 2 in 5:15″.
Per maggiori informazioni: giroditalia.it