Nella dodicesima tappa de La Vuelta i corridori hanno affrontato il terribile Angliru, la salita più iconica e dura della corsa a tappe spagnola e una delle più dure d’Europa.

L’altimetria ufficiale parla di 12,4 km al 9,9%, ma questi numeri non rendono l’idea di quanto sia difficile questa ascesa, poiché nella media sono considerati anche due brevi tratti di discesa, uno a metà e uno prima dell’arrivo.
Il tratto più duro, prima dei 400 metri di discesa finale, misura 6,4 km con una pendenza media del 13,1% e punte al 23%.

Per capire lo sforzo disumano richiesto per superare queste pendenze, basta guardare le facce dei corridori dopo l’arrivo, stravolte e quasi assenti.

Terribile Angliru
Foto facebook.com/lavuelta



Uno sforzo che, su una salita del genere, accomuna i primi come gli ultimi: i più forti a tutta per cercare di fare la differenza e vincere la tappa, gli altri semplicemente per arrivare in cima senza mettere piede a terra…

La tappa, anche un po’ a sorpresa, è andata all’inglese Hugh Carthy, che ha preceduto di pochi secondi Vlasov, Mas e Carapaz. Poco più staccati Kuss e Roglic.
Qui sotto la classifica dei primi 10.

Come abbiamo fatto più volte in questa stagione, andiamo ad analizzare i dati di scalata. Per il terribile Angliru, oltre a Vam, velocità e watt dei primi, vediamo anche come si sono comportati gli “ultimi”.

Hugh Carthy ha impiegato ufficialmente 43:34”, un tempo ottimo, in linea con quello fatto registrare da Nibali nel 2013, circa un minuto più veloce di quello di Contador nel 2017 (44:46”), ma quasi due minuti oltre il record di Heras del 2000 (41:55”), che nel ciclismo moderno difficilmente potrà essere battuto.

Foto facebook.com/EFProCycling

Non abbiamo i dati esatti di Carthy, ma come successo per la scalata all’Alto de de Moncalvillo, ci viene “in aiuto” il profilo Strava di Sepp Kuss, gregario di lusso di Roglic, giunto a soli 26” dal vincitore.

Il segmento scelto per l’analisi tiene conto dell’intera scalata fino al valico, cioè senza i 400 metri di discesa finale.
Kuss (così come Roglic), ha impiegato 43:39”, facendo segnare una VAM di 1.708 metri.
Il wattaggio medio è stato di 374 watt, ovvero circa 6,15 w/kg.
Valori molto simili a quelli registrati sull’Alto de Moncalvillo, ma tenuti per quasi il doppio del tempo e dopo una tappa con altri 4 Gpm.

Considerando il distacco di circa 30”, Hugh Carthy ha sviluppato una VAM di 1.730 metri/h.

Terribile Angliru

Ancora più impressionanti sono i dati relativi al segmento più duro della salita.
Qui Kuss ha espresso 378 watt, facendo segnare un tempo di 44” migliore di quello di Nibali nel 2017.
La VAM, in virtù della pendenza maggiore, sale a 1.805 m/h.
Ciò significa che Hugh Carthy si è avvicinato ai 1.850 m/h su 27:30” di salita.

Veniamo ai tempi dei corridori che sono andati “più piano”, prendendo come riferimento Niki Terpstra, uno che proprio sconosciuto non è…
Terpstra, giunto all’arrivo con il gruppo dei velocisti, ha affrontato l’intera salita in 1 ora 7’ 22″.
Ma quello che fa impressione è la velocità media sui 6,4 km più duri: 8,9 km/h, pur con una VAM non così bassa di 1.173.

Tirate voi le conclusioni…

Qui sotto il video dell’ultimo chilometro del terribile Angliru. Guardate le facce dei corridori…

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