L’allenamento della forza in questo periodo della stagione gioca un ruolo fondamentale. Non serve essere atleti professionisti: in assenza di particolari controindicazioni i benefici di un programma mirato sono alla portata di ogni ciclista.
La palestra è l’ambiente ideale per allenare questa qualità motoria che in genere viene sviluppata con tabelle d’allenamento basate su una specifica percentuale di carico (PBT, percentage based training) e numero di ripetizioni.

In sostanza viene individuato il cosiddetto carico massimale (1-RM) ovvero il peso massimo che è possibile spostare, spingere, alzare, sollevare, etc. con una singola ripetizione.

Foto: bazzanatraining.it

Una volta stabilito l’1-RM le tabelle vengono elaborate prendendo in considerazione carichi che in genere si assestano tra il 70 e l’80% del massimale (carico relativo, ndr).

C’è una nuova metodologia che sta prendendo sempre più piede. Si tratta del velocity based training (VBT), ovvero, l’allenamento basato sulla velocità del movimento (misurata in metri al secondo, m/s).

Velocity based training
Foto: @vitruvefit

Velocity based training: cos’è e come funziona?

Per addentrarci in quella che sembra essere la “nuova frontiera dell’allenamento della forza” abbiamo chiamato Mattia Michelusi (foto sotto), ex ciclista Under 23, preparatore atletico e membro del Team Performance della Federazione Ciclistica Italiana che in queste settimane sta curando la preparazione dei corridori del neonato Q36.5 Pro Cycling Team.
QUI la nostra news.

«La velocità d’esecuzione del movimento – precisa Michelusi – è uno dei parametri che da sempre viene preso in considerazione per valutare la qualità di un gesto atletico. È difficile, quindi, identificare un vero e proprio punto di partenza per il velocity based training anche se i primi studi ed approfondimenti rimandano a metà degli anni ’80».

«Non si tratta di sminuire o criticare l’approccio basato sulle percentuali che tutt’ora è efficace ed ancora molto usato. Parliamo di due protocolli diversi per raggiungere il medesimo obiettivo».

Foto: Daniel Tengs / Red Bull Content Pool

«Il velocity based training è sempre più diffuso perché la relativa tecnologia è diventata più accessibile. Per allenarsi con questa tecnica, infatti, è indispensabile dotarsi di un accelerometro o meglio ancora di un encoder. Quest’ultimo strumento è caratterizzato da un cavo che viene agganciato, ad esempio, al bilanciere dello squat ed in genere è più preciso dell’accelerometro. La velocità di spostamento del cavo identifica la velocità del movimento».

«Una metodologia utilizzata anche dagli atleti Q36.5 grazie alla partnership che il team ha instaurato con l’azienda spagnola ADR Encoder».

 

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Ci sono diversi vantaggi che giocano a favore del velocity based training. Per capire il loro peso specifico è necessario fare qualche passo indietro.
L’allenamento basato sulle percentuali (PBT) porta ad identificare il massimale con due metodi.

Diretto: l’atleta deve individuare il carico in grado di essere sostenuto per una singola ripetizione. Questa via è la più affidabile, ma prevede il confronto con pesi molto elevati che richiedono una perfetta esecuzione dell’esercizio per non rischiare lesioni articolari o patologie da sovraccarico.

Indiretto: l’esercizio viene eseguito per 6-10 ripetizioni con carichi elevati e grazie ad una serie di formule matematiche è possibile stimare l’1-RM.

Senza contare il fatto che il massimale deve essere ricalcolato o aggiustato costantemente se si allena la forza con regolarità.

Velocity based training

ll PBT, inoltre, non tiene conto del fattore soggettivo e tende a mettere tutti sullo stesso piano. Due atleti sottoposti alla stessa intensità (intesa come percentuale dell’1-RM) ed allo stesso numero di ripetute possono rispondere allo stimolo in maniera differente.

«Il grande vantaggio del velocity based training emerge proprio in questo frangente – precisa Michelusi -. È sempre necessario calcolare l’1-RM che però viene rilevato sulla base della velocità di esecuzione del movimento. La scienza è riuscita a dimostrare una correlazione diretta tra carico e velocità. In sostanza la velocità di movimento 1-RM a varie percentuali di lavoro ed intensità è sempre la stessa».



«Un secondo aspetto che “stacca” con i metodi utilizzati fino ad oggi è proprio la possibilità di identificare l’intensità su diversi carichi di lavoro. Significa che ogni seduta potrebbe restituire un numero di ripetizioni differenti per il medesimo esercizio con il medesimo carico perché sono le condizioni dell’atleta a cambiare in meglio o in peggio».

«Osservando la velocità è possibile stabilire quindi l’efficacia, l’efficienza del movimento e monitorare se l’atleta è in grado di mantenere la stessa rapidità di movimento per un determinato numero di ripetizioni».

Foto: Brett Hemmings / Red Bull Content Pool

Serie, ripetute e… velocità

La velocità 1-RM è riconosciuta e stabilita dalla comunità scientifica per ogni esercizio. Il preparatore ha così in mano un riferimento dotato già di un buon grado di precisione ed affidabilità. A questo punto sono necessarie solo alcune prove per ritoccare leggermente i carichi.

Oltre alle serie ed alle ripetute l’elemento velocità aggiunge una variabile in più che per i tecnici diventa un vero e proprio elemento di creatività.

Velocity based training

«Se con il metodo tradizionale si lavora, in genere, con serie a scalare (es. 3×8, 3×6, 3×4) adesso è possibile tenere costanti serie e ripetute giocando sulla velocità di movimento oppure, a parità di serie e velocità, è possibile metter mano al numero delle ripetute».

«Un’ulteriore curiosità è rappresentata dal fatto che se intendiamo sviluppare un programma d’allenamento della forza basato sulle percentuali nulla vieta di utilizzare l’encoder per avere un riscontro circa la qualità del lavoro. Una scelta che potrebbe portare a modificare il numero di ripetute. Il bello è che percentage based training e velocity based training non sono indipendenti, ma talvolta complementari».

 

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Allenarsi con il velocity based training: i primi passi

Per Michelusi risulta fondamentale saper eseguire correttamente ogni esercizio prima di passare ad un programma d’allenamento basato sulla velocità. Se i meccanismi non sono del tutto fluidi il consiglio è quello di affidarsi ad un personal trainer prima di introdurre l’encoder.

Velocity based training
Foto: Philip Platzer / Red Bull Content Pool

«Si tratta di mettere in campo un approccio molto simile a quello usato per i misuratori di potenza. In una prima fase la consulenza di un preparatore può essere utile per individuare le velocità di riferimento ed approfondire la metodologia».

«A seguire curiosità, voglia d’imparare e tentare nuove strade giocano un ruolo fondamentale: queste attitudini portano ad aprire la mente. Leggere, informarsi, approfondire, provare: azioni che in fin dei conti fanno già parte del bagaglio tecnico di un buon ciclista. E non solo. Vale anche anche per noi tecnici…».

Velocity based training
Foto: @adr_encoder

Qui sotto due studi applicati al ciclismo che dimostrano la validità del velocity based training (anche Optimum Power Load Training) rispetto al metodo tradizionale basato sulle percentuali.

Gil-Cabrera J, Valenzuela PL, Alejo LB, Talavera E, Montalvo-Pérez A, Lucia A, Barranco-Gil D. Traditional Versus Optimum Power Load Training in Professional Cyclists: A Randomized Controlled Trial. Int J Sports Physiol Perform. 2021 Apr 1;16(4):496-503. doi: 10.1123/ijspp.2020-0130. Epub 2021 Jan 5. PMID: 33401239.

Montalvo-Pérez A, Alejo LB, Valenzuela PL, Gil-Cabrera J, Talavera E, Luia A, Barranco-Gil D. Traditional Versus Velocity-Based Resistance Training in Competitive Female Cyclists: A Randomized Controlled Trial. Front Physiol. 2021 Feb 25;12:586113. doi: 10.3389/fphys.2021.586113. PMID: 33716761; PMCID: PMC7947617.

Per approfondire il velocity based training consigliamo questo libro:

Foto in apertura: @vitruvefit

Qui sotto qualche nota pratica per rendere più efficace l’allenamento in palestra.

Allenamento in palestra per il ciclismo: verità e falsi miti