Ciclista, giornalista, presentatore.
Ad 85 anni se n’è andato Vittorio Adorni: vincitore del Giro d’Italia 1965 e Campione del Mondo ad Imola nel 1968 con una fuga epica partita quando al traguardo mancavano 235 km.

Vittorio Adorni

Garbato ed elegante. Preciso ed essenziale. Caparbio e spettacolare. Persona e personaggio televisivo grazie all’intuizione del grande Sergio Zavoli che lo considerava «l’emblema del corridore moderno».

Vittorio Adorni è e rimarrà per sempre il primo commentatore tecnico della storia della Rai. Uno di quelli che a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 suscitava l’interesse (e l’invidia) dei media di mezzo mondo per via di quelle interviste in bicicletta nella pancia del gruppo.

Vittorio Adorni, Campione poliedrico. Commentatore tecnico, uomo da varietà e di pubbliche relazioni (ruolo ricoperto per Campagnolo) in grado di sfatare lo stereotipo del ciclista proletario e benevolmente ignorante.
QUI un’intervista a Pier Paolo Pasolini.

Per la Rai non solo gli incisi al Processo alla Tappa o in telecronaca di fianco ad Adriano De Zan, ma anche la conduzione di Ciao Mamma (foto sotto).
Un programma che muove dalle prime parole pronunciate da Fausto Coppi dopo la vittoria alla Milano-Sanremo del 1946: «Sono contento di aver vinto. Ciao mamma».

Vittorio Adorni

La squalifica di un mese per una non negatività ad un controllo antidoping in occasione del Giro di Sardegna 1968, gli anni da direttore sportivo, la carriera come assicuratore nella sua Parma e dal 9 maggio 1979 ufficialmente giornalista.

Di seguito vi proponiamo alcuni stralci della Lectio doctoralis proclamata da Vittorio Adorni all’Università di Parma il 18 maggio 2015 in occasione della cerimonia di conferimento della Laurea magistrale honoris causa in Scienze e tecniche delle attività motorie.

Vittorio Adorni
Foto: Massimo Paolone / LaPresse

«In quel periodo vengono a casa mia i due autori delle trasmissioni televisive di Pippo Baudo. Mi propongono, visto che sono inattivo, di fare il presentatore di una trasmissione che si chiamava “Ciao mamma” che era la parodia di quei corridori che a fine gara salutavano con una frase che diventata poi una specie di refrain: “Ciao mamma sono contento di essere arrivato primo”. Se non “arrivato uno” come aveva detto un tale».

«Chiesi tempo e telefonai a Zavoli e a Pippo Baudo. Entrambi mi risposero: “Accetta poi si vedrà”. Sergio Zavoli, ideatore e conduttore del Processo alla tappa al Giro d’Italia, è stato sicuramente determinante nella mia carriera. Mi aveva dato modo di mettermi in evidenza, che c’erano persone diverse dal classico corridore, quello che al traguardo si impappinava davanti al microfono o al piccolo schermo e sapeva dire soltanto frasi banali».

Vittorio Adorni

«Zavoli, intervistandomi anche in corsa, allungando il microfono, mi fece entrare nella casa della gente, mi fece conoscere come corridore ma anche per la mia corretta dialettica. Mi insegnò a gestire la discussione, il dibattito. Devo a lui quella popolarità che andava oltre i successi ciclistici anche perché allora c’era soltanto la Televisione di Stato per cui tutti, volenti o nolenti, la guardavano».

Vittorio Adorni

«Il Giro d’Italia ed il Tour erano due appuntamenti che gli sportivi non disertavano. Zavoli d’altronde era un vero maestro e quasi tutti i giorni, all’arrivo, mi faceva partecipare al commento generale, discutendo su quanto era avvenuto in corsa, facendomi anche rispondere alle domande dei giornalisti. La gente ricorda ancora quel “dopo tappa”, incontro gente di una certa età che me ne parla con nostalgia».

Foto: Gian Mattia D’Alberto / LaPresse

«Dunque firmai il contratto: la trasmissione sarebbe iniziata a giugno ma intanto mi stavo allenando per affrontare il Giro d’Italia. Come “allenamento” partecipo al Giro di Spagna, faccio una fatica da morire per conquistare il quinto posto. Vinse Gimondi. Al Giro ero in squadra nella Faema con Eddy Merckx che non aveva vinto ancora una grande corsa ma era reduce del mondiale conquistato l’anno prima».

«Corsi al suo fianco potendo così ammirare un grande campione che vinse il Giro onorandomi della sua amicizia. Io arrivai dietro di lui: essendo compagni di camera, rappresentammo una coppia davvero insolita, primo e secondo! A metà giugno cominciai a frequentare gli studi della Rai a Milano per la trasmissione “Ciao Mamma”, mi sentivo un po’ a disagio ma dicevano che andavo bene».

Foto: Gian Mattia D’Alberto / LaPresse

«Mentre facevo il presentatore, vinsi a Imola il Campionato del mondo con una fuga solitaria, arrivando con dieci minuti di vantaggio sul secondo. Più nessuno è riuscito a farlo. La fuga che mi portò al traguardo iniziò a 235 km dall’arrivo: eravamo in sette e andammo tutti assieme sino a novanta km dall’arrivo. A quel punto nulla salita dei Tre Monti sopra l’autodromo di Imola staccai i miei compagni d’avventura filando verso il titolo assoluto. Sul rettilineo dell’Autodromo mi registrarono un vantaggio di 9’50” su Van Springel e 10’18” su Michele Dancelli».
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Vittorio Adorni
Vittorio Adori con Chris Froome. Foto: Massimo Paolone / LaPresse

«Fu il mio un doppio successo: in bicicletta e in televisione, venni “scoperto” anche dai giornali stranieri e in effetti era una cosa insolita che un presentatore televisivo vincesse anche il titolo mondiale. Una bella soddisfazione. Anche perché nelle varie trasmissioni ebbi modo di conoscere e frequentare personaggi come Mina, Milva, Morandi, la Tebaldi, Del Monaco, Dallara, Celentano e poi Sordi, Tognazzi, Vianello e l’ineffabile Villaggio. E poi personaggi come Paolo VI, Giovanni Paolo II, Saragat, Pertini, Cossiga, Scalfaro, il premier canadese Trudeau, il principe Ranieri e Grace Kelly, tutti appassionati di sport, e ancora Andreotti, Craxi, soprattutto… Re Umberto».

Vittorio Adorni

Ciao Vittorio!

Foto in apertura: Massimo Paolone / LaPresse