Tre condizioni servono per un’uscita perfetta in bici.
Sole.
Tempo libero.
Motivazione.

Oggi c’erano tutte e tre e anche qualcosa in più.
Oggi c’erano il buonumore, il desiderio di uscire di casa, anzi, no, di più.
Tanto di più!
Fuggire dallo smart working, evadere dall’oppressione dei DPCM, pestare i pedali con la frustrazione accumulata in mesi di regole e regolette, costrizioni, statistiche, contagi e numeri nefasti.
E provare a schiarire l’orizzonte, abbracciando una giornata di sole come non se ne vedevano da settimane.
Urlare al mondo “Oggi è la mia giornata!!!!”

Perché la Zona Arancione per un ciclista può diventare una zona felice.

La Zona Arancione per un ciclista



Oggi sono salito in bici (realmente) dopo circa un mese di pedalate indoor (poi vi dirò…).
Senza pensare troppo a dove sarei andato.
Prendi la bici e vai, mi sono detto, come hai fatto tante altre volte.
Fa freddo, c’è la Tramontana, ma basta solo evitare salite e discese lunghe.
Inizio a pedalare con due idee nella testa: curare l’agilità e filtrare i pensieri.
O meglio, sbrogliare la matassa dei pensieri che si è fatta insopportabilmente pesante.
Parto da Subiaco e vado verso la Tiburtina e poi Mandela.
Mi aspettano circa 23 km di saliscendi tendenzialmente in discesa.
Vento contrario.
Tanto, anzi, tantissimo traffico verso Subiaco: sono i romani che vanno su a Monte Livata, la montagna più vicina alla Capitale, dove, ironia della sorte, quest’anno c’è tantissima neve.
Ma gli impianti devono restare chiusi.
Una quantità di auto mai vista in vita mia.

La Zona Arancione per un ciclista

La gamba gira alla grande: 53×19 a 33 all’ora.
Evito di usare il 53×17 anche quando potrei, proprio per allenare il colpo di pedale.
L’obiettivo di quest’uscita pian piano si delinea: 2 ore e mezza, massimo 3 ore e circa 80-90 km.
Devo riuscire a stare sotto le 3 ore.
Posso farcela e poi le gambe oggi vanno proprio bene.
Il cuore anche sta bene: sale di frequenza se serve e scende svelto quando non serve più.
Non ho il misuratore di potenza, ma non mi manca.
Per ora.
So quali sono i wattaggi che sto facendo perché, beh, alla fine dell’articolo vi dirò.

Non incontro molti ciclisti.
Per essere preciso ho incontrato una quindicina di ciclisti.
Tutti da soli o, al massimo, in due.
Cosa davvero insolita per un sabato mattina con questo sole.
Uscire in bici da soli, con il freddo, è diventato più difficile?

Mi allontano dal grande traffico appena arrivo al bivio di Mandela e salgo verso Sambuci e Pisoniano.
Ho in mente di starmene su quel pianoro, lontano dal caos della Tiburtina e godermi il sole.
Mi ritrovo a pensare al mio lavoro, agli impegni del 2021, alle mille cose programmate e da programmare.
All’organizzazione e alle necessità di un gruppo di lavoro composto ormai da 8 persone.
Riesco però ad evitare i pensieri più pesanti che, puntualmente, quando arrivano, mi bloccano la pedalata.
Accade anche a voi?
Ma oggi va che è una meraviglia.
53×19, 53×21 se la strada sale un po’, e tanta voglia di tenere questo ritmo.
Anche mentale.
Fino ad ora ho 34 e rotti di velocità media.

La Zona Arancione per un ciclista

Penso all’ultima uscita che ho fatto insieme a Nicola.
E’ passato tanto tempo.
Troppo.
Non ho mai pedalato su strada insieme ad Emanuele.
Solo una volta in gravel.
E ho capito che per me c’è tanto da fare se non voglio perdere la sua ruota.
Per non parlare di Daniele: ricordo bene l’uscita dell’estate scorsa su strada.
E di quanto umiliante possa essere pedalare con lui…
Eppure io ce la metto tutta e non credo nemmeno di essere così scarso!
Ok, sono 3 soggetti simpatici, ma in bici è meglio lasciarli stare.
Poi penso al fuoristrada.
Penso che se sto su asfalto sto disimparando qualcosa con la Mtb.
E mi immagino Stefano e Simone che invece stanno facendo cose assurde su qualche sentiero.
O magari in moto.
Sì, la forma fisica e l’allenamento contano, ma il colpo d’occhio, la voglia di azzardare, l’adrenalina del riuscire a mettere in sequenza perfetta traiettorie, trucchi, derapate e salti è… beh, meglio che smetto di pensarci sennò me ne torno a casa!
La Mtb è un altro sport.

Il Garmin mi segnala l’avvicinarsi di un segmento.
Un segmento che conosco molto bene.
Che faccio?
Cambio schermata, salgo su con il mio ritmo senza farmi influenzare.
O almeno ci provo.
Ma niente da fare, non resisto!
Metto la schermata del segmento che mi dice che sto salendo bene.
Ma non benissimo.
Provo ad impegnarmi un po’.
Mi dico: faccio solo questo massimale!
In fondo è meno di un chilometro…
Poi, per il resto dell’uscita rimango in Z2 e Z3 (anche se non ho il misuratore di potenza), con qualcosa in Z4.
Intanto sono sul punto dove la strada inizia a salire.
E inizi a prenderci gusto: rimango su una cadenza di pedalata più alta rispetto al solito.
53×21, poi 53×24 per un bel pezzo.
La strada impenna di più e passo al 53×27.
Lo so, lo so: l’incrocio della catena non è ottimale e si perde qualche watt.
Nicola lo ha scritto in un articolo.
Lo so benissimo.
Ma dopo quella curva la pendenza cambia e posso scendere al 24, al 21 e poi sprintare fino alla fine del segmento.
Tengo su la cadenza.
Dovrei essere intorno alle 85 rpm.
E appena c’è da allungare la gamba risponde molto meglio.
Sono a tutta.
Continuo a spingere.
Ce la faccio, ce la faccio.
Il segmento sta per finire e proprio sul finale capisco che le volte precedenti ho mollato prima.
E infatti riesco ad avvicinarmi molto al mio record personale.
Solo 6 secondi più lento.
Ok, adesso pace.

La Zona Arancione per un ciclista

Ho bisogno di tutto questo.
L’adrenalina dello sforzo massimo.
Le endorfine della fatica e della conquista.
Ho bisogno che al cervello arrivi meno ossigeno per alleggerirlo.
A quel punto, questo ormai mi è chiaro da tempo, restano solo i punti salienti.
Le cose che contano.
E oggi ho pensato agli amici.
Alla socialità.
All’essere circondato dalle persone che vorrei avere intorno.
Ho una famiglia magnifica, ma, capiamoci, la socialità è anche altro.
E’ ciò che sta all’esterno della famiglia.
La Zona Arancione protrarrà questo stato di cose ancora a lungo.
Fino al 5 marzo.
Forse, se siamo bravi (o se sono bravi…), magari qualche regione italiana tornerà ad essere gialla.
Guardo in basso, come a chinare il capo davanti a tanta impossibilità di cambiare le cose.
Guardo in basso e se non altro i numeri del Garmin mi danno sollievo.
Ho lavorato tanto (dentro casa…) per arrivare ad avvertire queste sensazioni.
Ciò mi consola.
Ma in parte.
Perché ho la consapevolezza di cavarmela in qualche modo.
So come fare per schiarire l’orizzonte.
Per stare un po’ meglio.
Tenere duro senza indurirsi.
Ma gli altri?
Le persone meno fortunate?
Chi ha meno chance?
Cosa diamine posso fare io per costoro?
Cosa possiamo fare noi per costoro?
Vorrei portarli con me in bici.
Insegnare loro lo strumento di gioia che è la bicicletta.
Che, certo, non ti aiuta a trovare lavoro, né ti fa guarire dal Covid, né riporta in vita chi hai perso, ma se non altro, voi ciclisti lo sapete, ti schiarisce un po’ l’orizzonte.
Che è già una grossa parte del lavoro necessario.
Continuare a pedalare, continuare ad insistere, sospinti dalla curiosità di vedere che cosa c’è dietro quella salita o dietro quella curva, è l’unica ragione che spinge una persona ad amare tanto la bicicletta.
Perché così scopri la vita e impari a tenere duro senza indurirti.
Senza smettere di sorridere.
Sono certo che di lezioni ne devo ancora imparare tante, perché di salite e di curve ne vedo ancora molte davanti, ma oggi mi sembrano un po’ più difficili.
Ok l’allenamento, la tenacia e tutti i vantaggi dell’essere rigorosi e motivati in bici, ma non posso nascondere a me e a voi, giacché vi ho fatto entrare così tanto nei miei pensieri, che questa situazione, a volte, rende meno efficaci le mie risorse.
Ho aggiunto un “a volte” perché sono ottimista…
Ho pensato questo, oggi: non ho la ricetta per risolvere lo scenario Covid e tutte le sue implicazioni socio-economiche (che i media descrivono come catastrofiche), ma ho e abbiamo un’unica possibilità: fare del nostro meglio.
Cioè, non dare tutto per perso.
Curare l’oggi, il momento che stiamo vivendo come unico e importante.
Un’opportunità di miglioramento.
Comunque sia, anche se circondati da eventi negativi, drammatici, assillanti, asfissianti e deprimenti.
Lo dico a me stesso e lo dico a tutti voi che leggete: una volta che abbiamo toccato il fondo (sì, mi ci metto anche io) si può soltanto risalire.
E’ già capitato altre volte.
E se siete dei ciclisti, sarà capitato tantissime volte…
Dico a me stesso di tenere duro, di non smettere di sorridere e di essere gentile, di guardare verso gli altri mettendo a disposizione qualcosa che so fare.

La Zona Arancione per un ciclista
Sosta al bar. Crostata e thè per l’ultima parte dell’uscita.
Quasi a casa…

Il sole scalda una piccola porzione di viso.
Sono quasi a Subiaco, ho 90 e rotti km e la media è buona: quasi 32 all’ora.
Quindi, meno di 3 ore.
Quindi, obiettivo raggiunto.
Me ne torno a casa.
Sto meglio e con l’urgenza di scrivere.
Come mi succedeva agli esordi con il mio lavoro.
Ho ancora tanto da imparare e davanti vedo ancora tante salite e curve.
Qualunque sia il colore della vostra regione, serve tenere duro e se volete condividere con noi i vostri pensieri a riguardo scrivete nei commenti oppure inviateci una mail a: redazione@bicidastrada.it
Grazie a tutti voi

PS: questo inverno ho deciso di darci dentro con l’allenamento indoor, grazie a quanto “appreso” durante il lockdown di marzo e aprile scorso e costretto in casa dal maltempo nelle ultime settimane.
Usando Zwift, sì, ma soprattutto l’app Tacx di cui vi parlerò a breve.

E di cui continuerò a farne uso almeno fino a quando le giornate non saranno abbastanza lunghe e calde da uscire in bici dopo le 18.
Che per me è gioia pura.
Un abbraccio a tutti voi