Viaggio nell'Inferno del pavé: quelle pietre, così affascinanti, così spietate...
Nicola Checcarelli
Viaggio nell'Inferno del pavé: quelle pietre, così affascinanti, così spietate...
Nicola Checcarelli
ROUBAIX - Se lo guardi da vicino, ti fa paura.
Se lo temi, ti distrugge.
Devi affrontarlo con decisione e grinta, ma con il giusto rispetto, perché altrimenti ti presenta il conto.
Lo farà subito, sbalzandoti via dalla bici.
Oppure dopo tanti chilometri, con dolori che ti pervadono tutto il corpo.
Pedalare sul pavé è affascinante e faticoso.
Anacronistico e doloroso.
Forse appaga quel masochismo nascosto nell’animo di ogni ciclista.
Ti fermi qualche centinaio di metri prima di entrare nella foresta.
Ti guardi intorno.
Sulla sinistra c’è la vecchia miniera di carbone.
Ti senti piccolo.
La pioggia fitta e le nuvole basse rendono ancora più affascinante, ma allo stesso tempo inquietante, questo scenario che è stato teatro di mille battaglie su due ruote.
Qualcuno la chiama "la trincea".
La verità? Hai paura.
Il pavé è già difficile sull’asciutto, ci voleva proprio la pioggia a renderlo ancora più viscido e complicato?
Ma poi ti dici che non poteva essere che così. La Roubaix è questa.
E allora ti lanci verso quella striscia di pietre e fango di cui non vedi la fine, perché tutti ti hanno detto che devi entrare forte, altrimenti il pavé ti respinge e ti disarciona.
Se riesci a pedalare ad una velocità sufficiente ci galleggi sopra e la sofferenza è un po’ meno estrema.
Un metro prima di lasciare l’asfalto chiudi gli occhi, trattieni un attimo il respiro e d’improvviso ti trovi in un'altra dimensione.
Dentro un frullatore.
Stai concentrato.
Non ti irrigidire.
Non frenare.
Pedala più forte che puoi.
Ma i 2,4 km di Arenberg sono interminabili e la velocità, inevitabilmente, cala.
Cerchi di restare al centro della strada (strada??) perché la forma a schiena d’asino non ti permette di fare diversamente.
Se non stai lì, cadi.
Se non ce la fai devi spostarti in modo deciso sul sentiero di terra che si trova ai lati.
Ma devi farlo senza esitazione, perché altrimenti rischi grosso.
Tieni le mani salde sul manubrio, ma non troppo rigide.
Com’è possibile fare fatica a 25 all’ora senza essere in salita?
Il pavé è così, ogni impatto con una delle pietre ti ributta indietro, ti frena e ti fa sobbalzare.
Alla fine, in qualche modo, esci dall’altra parte.
Poggi la bici sul segnale con su scritto "Pavé d’Arenberg", ti guardi intorno e dentro di te tiri un sospiro di sollievo.
Anche se per arrivare a Roubaix mancano ancora 100 km e tanti tratti di pavé, ora le cose ti sembrano meno difficili.
Guardi da vicino quelle pietre viscide.
Tra un blocco di pavé e l’altro ci saranno almeno 5 cm.
Sono messi lì così, un po' a caso.
Pensi in che modo è stato possibile passarci sopra in bici e ti chiedi cosa provano i pro’ quando si buttano dentro a 60 all’ora.
Capisci perché ti raccontano l'ingresso nella foresta come una grande esplosione.
Il rumore è quello.
Sentire il gruppo compatto che entra a velocità folle su quel pavé dovrebbe essere eccitante. E spaventoso al tempo stesso.
Trovarsi lì in mezzo, forse, è solo spaventoso.
Coraggio!
Adrenalina!
Sofferenza!
Emozione!
Speranza!
Solo dopo averci pedalato sopra capisci per davvero cosa vuol dire e pensi che quelli che corrono (per davvero) la gara domenica sono extraterrestri.
Un po’ folli, un po’ eroi.
Ma anche le migliaia di ciclisti che l’affronteranno il sabato, da cicloturisti, qui diventano eroi dei nostri giorni. Capaci di superare i propri limiti.
Ti rendi conto che non è una corsa per tutti.
E’ anacronistica e forse per questo il suo fascino non ha eguali.
O la AMI o la ODI.
Le vie di mezzo non esistono.
Puoi affrontarla solo se sei veramente convinto di farlo.
Altrimenti è come le bestie feroci, sente che hai paura e ti divora.
Ogni maledetta Parigi-Roubaix, per me, saranno sempre tutti eroi.
Il primo, così come l’ultimo che taglierà il traguardo al velodromo di Roubaix.
Ognuno si sarà guadagnato la sua porzione di gloria!
Buona Parigi-Roubaix a tutti.
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Sull'autore
Nicola Checcarelli
Passione infinita per la bici da strada. Il nostro claim rappresenta perfettamente il mio amore per le due ruote e, in particolare, per la bici da corsa. Ho iniziato a pedalare da bambino e non ho più smesso. Ho avuto la fortuna di fare della bici il mio lavoro, ricoprendo vari ruoli in testate di settore, in Regione Umbria per la promozione del turismo in bici, in negozi specializzati. Con BiciDaStrada.it voglio trasmettervi tutta la mia passione per le due ruote.