Questo articolo non è un vero e proprio test, perché si è svolto in un contesto, come poi leggerete, che è diventato quasi il vero soggetto dell’articolo, cioè le Dolomiti.
L’obiettivo era rispondere a questa domanda: bici da strada aero in montagna: quanto sono davvero efficaci?
Cioè laddove la velocità è bassa (e il vantaggio aerodinamico quasi sparisce) e le salite sono lunghe e/o ripide, e la leggerezza diventa un caratteristica cruciale, come si comporta questa tipologia di bici?

Durante i test delle più recenti bici aero abbiamo notato che la grande rigidità di queste bici compensa in parte una leggerezza non da primato.
Siamo su pesi che, in taglia 56, si aggirano fra i 7,1 e i 7,4 Kg, quindi valori ancora di tutto rispetto.
Ebbene, per farmene un’idea più precisa ho portato la Giant Propel Advanced SL 0 su alcune delle salite più celebri, magnifiche e temute delle Dolomiti.
Ne è venuta fuori un’esperienza che merita di essere raccontata.

Sono a Rina, un villaggio non lontano da San Vigilio di Marebbe (BZ), e qui le pendenze definiscono un concetto di salita al quale avevo perso l’abitudine.
Dopo aver preso contatto con le pendenze dell’Alto Adige in un’uscita precedente (che mi ha impegnato sul Passo delle Erbe e sui circa 30 Km di salita che da Ponte Gardena portano a Passo Gardena) decido che è il momento di fare la salita più dura della zona, ossia le Tre Cime di Lavaredo.
Pianifico il giro, passando per Brunico, Villabassa, Dobbiaco e quindi salire verso Cortina e in località Carbonin, dopo circa 50 km, cominceranno le salite vere.
Le Tre Cime sono un mostro che temo non poco.
Sono abbastanza allenato, ma vi confesso di aver commesso un errore: non aver montato il pacco pignoni 11-32 in luogo di quello da 11-28.



E’ vero, c’è la corona da 36, ma un 36×32 (dopo aver affrontato il Passo delle Erbe…), mi avrebbe fatto senza dubbio comodo.
Anche in virtù dei miei 82 Kg di peso…
L’obiettivo è affrontare le Tre Cime e arrivare in cima, pensando che poi vorrei affrontare anche il Falzarego e il Valparola, per poi scendere fino a Brunico.
Un giro che mi permetterà di capire quanto la rigidità di una bici come la Propel Advanced SL 0 è utile in salita e quanto invece può penalizzare il comfort su lunghe distanze.
Mi aspetta una bella prova, ma… non vedo l’ora.

Sull’asfalto, intorno al Gruppo del Sella, capita spesso di incontrare la segnaletica della Maratona Dles Dolomites

Aggancio i pedali, mi lancio nella discesa che da Rina porta sulla statale 244 verso Brunico.
L’obiettivo, continuo a ripetermi, è tenere il cuore basso fino a Carbonin, dove inizierà la sfida vera.
Sulla statale della Val Pusteria c’è traffico, ma la velocità è molto buona, quasi sempre ben sopra i 30 all’ora senza troppo sforzo.
Il vantaggio aerodinamico di telaio e ruote si fa sentire.
Passo a Villabassa, il paese della Sudtirol Dolomiti Superbike, guidato dal mio DNA di biker, per una sosta zuccherina.
Mi guardo intorno e incontro proprio la persona che speravo di incontrare, Kurt Ploner, l’organizzatore della gara.
Uno scambio rapido di saluti e quando gli menziono uno degli obiettivi di giornata, cioè le Tre Cime, Kurt si incupisce.
Della serie “Ma questo qui sa di cosa sta parlando?”
Ecco, in quel momento ho l’ennesima conferma che l’obiettivo prefissato è una bestia vera.
Due pezzi di crostata, CocaCola e si riparte.
Arrivo in un attimo a Carbonin, giro a sinistra, tiro un lungo respiro e cominciamo con le pendenze più serie.
La salita che porta a Misurina è la più facile di giornata e lo scenario intanto inizia a cambiare.
Entro nelle vallate, nelle Dolomiti e salendo incontro un cippo commemorativo ai Caduti della Prima Guerra Mondiale.
Con tanto di bandiera tricolore brillantissima.
Mi tocca il cuore e torno a pensare che queste zone, se sono così affascinanti, non è solo per la maestosità della natura, ma anche per quella guerra cruenta che si consumò in queste vallate circa 100 anni fa.
Non posso non pensarci.

Sto usando un 36×25 e non sento ancora bisogno del 36×28 che userò solo quando la pendenza andrà sopra il 12%.
Tengo il cuore basso e cerco di controllare il respiro e il passo di conseguenza.
Inizio a salire e in un attimo mi trovo su ai 1770 m di Misurina.

Bici da strada aero in montagna
Il profilo altimetrico della salita delle Tre Cime di Lavaredo dal Lago di Misurina. Fonte Salite.ch

Ci siamo.
Da adesso non sono ammessi indugi e tutta la forza che ho la devo tirare fuori.
Non solo quella fisica, ma soprattutto quella mentale.
Il primo strappo, di circa un chilometro che porta al Lago di Antorno, fa subito capire che la situazione è fuori dal comune.
La pendenza è del 14% e nei tornanti va anche oltre.
Il 36×28 e un ritmo sui pedali molto controllato sono la mia unica arma.
Devo gestirmi con cura, mi ripeto, ma il cuore schizza in alto, ben sopra le 165 pulsazioni che per un ciclista di 42 anni sono tante.
Un po’ mi spaventa, ma l’obiettivo è fissato: le Tre Cime e poi il Valparola.
Non mi importa del ritmo, non mi importa di Strava: punto ad arrivare su al Rifugio Auronzo.
Vi confesso che mi tornano in mente le immagini del Giro d’Italia e la sofferenza dei pro’.
Passo la sbarra del pedaggio (in bici non si paga) e in un attimo inizia la salita delle Tre Cime.
Da qui in poi non c’è sosta, non c’è pietà da parte della strada e serve tutto quello che hai in corpo.
Penso alla vetta, al sollievo della vetta, ma la percepisco ancora così lontana che smetto di pensarci.
In fondo, da qui fino su alla fine della strada sono poco più di 4 km, ma con pendenze che mettono in crisi anche le auto.
Il 36×28 è fisso da un po’, e alzandomi sui pedali sento che la bici è molto reattiva.
Sono abituato alla risposta immediata della ruota posteriore, che diventa lenta solo se si deve aumentare il ritmo con rapidità.
La ruota con profilo da 65 mm ha la sua inerzia.
Il telaio è super solido e quando mi siedo e spingo con tutta la forza sui pedali sento la ruota anteriore sollevarsi.
Il carro infatti è molto corto.
Il manubrio con sezione aero è molto rigido e nel corso degli ultimi mesi mi sono abituato alla diversa presa delle mani.
Sto salendo a un ritmo che ancor prima di metà salita so che non è sostenibile.
Il cuore è sopra le 170 pulsazioni e non sono in grado di tenere questo ritmo per altri 2-2,5 km
La quota aumenta, sono a 2050 metri e il pensiero appannato di arrivare ai 2300 del parcheggio in cima mi atterrisce e mi spegne.
So che sto per cedere, le gambe non riescono a girare come dovrebbero, inizio a zigzagare quando il traffico me lo permette, mi rialzo sui pedali ma sento la pendenza che mi respinge, alzo lo sguardo, intravedo un leggero decremento della pendenza e mi aggrappo a questa visione per resistere ancora.
Sto facendo uno sforzo che pagherò caro e che non ha eguali in nessun’altra salita mai fatta prima.
Sono proprio un testone: pensare al pacco pignoni 11-32 a casa, in questo momento, mi fa letteralmente incaxxare…
Ma sono qui, conto i metri in avanti e vedo i metri che aumentano sull’altimetro del Garmin.
Sono già a 2100 metri di quota.
Lassù c’è un tornante, guardo in alto sperando di vedere il rifugio, ma niente, c’è ancora da soffrire.
Sono ben oltre il mio limite.
La pendenza è proibitiva e mi ricorda alcune “salitelle” dalle mie parti che sono anche più ripide, ma di sicuro meno lunghe e soprattutto a quote più basse.
Qui la quota e la pendenza stanno facendo impazzire il battito cardiaco.
Guardo in basso, vedo l’asfalto vicino al mio naso.
Mi alzo sui pedali e decido di non sedermi più almeno fino a quel tornante, sperando che lì la pendenza sia un po’ più clemente anche solo per 30 metri.
Ma lo sforzo che sto facendo lo pago troppo caro.
Metto il piede a terra al tornante.

Mi fermo 30 secondi, il cuore scende e riparto.
Le gambe hanno pagato un prezzo altissimo e hanno perso brillantezza.
Il tornante successivo è quello più duro: siamo al 19%.
Mi fermo di nuovo.
Guardo l’altimetro: sono salito di 50 metri di quota in circa 200 metri di strada.
Non so se i conti sono esatti, ma mi dico che devo continuare.
Mi guardo intorno, vedo uno scenario che non ha eguali, ma che ancora non riesce a zittire la mia fatica.
Devo arrivare su.
Riparto.
Il cuore è fisso a 160 battiti e in un attimo ritorna a 170-175 che per me è il limite della soglia aerobica.
Punto un altro traguardo parziale dove rimettere piede a terra, ma non riesco a raggiungerlo.
Mi fermo prima.
Mi dico che se voglio fare il Valparola dopo, non ho scelta.
Ma in realtà non ho scelta comunque, perché il 36×28 è decisamente fuori luogo qui.
Per me, almeno.
Un gruppo di escursionisti italiani mi incita urlando proprio nel punto dove il successivo tornante torna a impennare la strada.
Sparisce per un attimo la fatica.
Sensazioni da Giro d’Italia.
Ma solo per un attimo, poi sono di nuovo da solo con una fatica che è più grande di me e di questa montagna insieme.
Un ciclista che scende mi urla: Vai che è fatta!
Avrei voluto fermarlo e chiedergli se è davvero così o se è solo la classica incitazione che fa incazzare ancora di più chi sta in bici.
Nel mio essere concreto, tendo a pensare alla seconda ipotesi.
Arriva un altro tornante e credo sia l’ultimo, perché si intravedono le auto parcheggiate e il Rifugio Auronzo.
Allora aveva ragione!
Torno a pensare al sollievo della vetta, a sperare che la vetta sia vicina e che la parte finale della salita sia più clemente.
Ma mi sbaglio.
La salita è sempre la stessa bestia infame di prima.
Ok, devo dare tutto, tenere duro e pensare che presto sarà tutto finito.
Sono a quota 2260 metri e se il cuore sta così in alto di frequenza è più che normale.
Ci sono, sono arrivato.



Passo il cartello tanto agognato che segna la fine della salita.
Intorno a me, una marea di turisti saliti fin quassù che della conquista della salita forse non sanno nulla.
Mi fanno sentire solo.
Non sento freddo, non sento caldo, ho una tale adrenalina che ancora non ho sganciato i pedali.
“Sei arrivato, Simo, fermati!” dico fra me e me.
Vado al cartello, vi appoggio la Propel e faccio una foto che ricorderò a lungo.
Sono le 13:40 e dovrei mangiare qualcosa di più sostanzioso se voglio affrontare il Valparola.

Bici da strada aero in montagna

Bici da strada aero in montagna
Le statistiche sulla frequenza cardiaca del Garmin fenix 5x sono… allarmanti

Faccio un giro intorno al Rifugio Auronzo e… fermi tutti.
Lo spettacolo qui vale il prezzo del biglietto.
Che per me non è il pedaggio che pagano tutte queste persone, ma è qualcosa di più grande.
E anche remunerativo.
Sono arrivato fin quassù con le mie forze e questo panorama lo sento molto di più mio.
Il sollievo della vetta, qui, è maestoso.
Guardo la Propel e mi compiaccio, di me e di lei.
Qualche mese fa, qui, l’avrei giudicata fuori luogo, ma dopo aver scalato le Tre Cime di Lavaredo posso dire che di sbagliato ha solo la rapportatura.
Ed è un mio errore.
Ora basta pensieri, si deve tornare giù.
So già che mi fermerò al Lago di Antorno per mangiare qualcosa, magari un panino con il formaggio, di modo che durante la discesa del passo Tre Croci riesca a digerirlo per bene.
La discesa delle Tre Cime è spaventosa.
Non ho un freno a motore e i due dischi da 140 mm iniziano a strillare di brutto, soprattutto il posteriore.
Le pasticche hanno la mescola organica, cioè non quella più indicata per queste circostanze, ma sono nuove e mi sento più tranquillo.
Sorpasso diverse auto per evitare di cuocere i freni a una velocità troppo contenuta e sui tornanti mi accorgo di quanto ripida sia questa salita.
Sorpasso anche una coppia in tandem (con freni V-brake), che scende una velocità bassissima.
Tremo solo all’idea di affrontarla con freni non a disco…
La pendenza è così marcata che in discesa faccio ricorso all’impostazione di guida di una Mtb.
Pazzesco.

Mi fermo per mangiare un panino con prosciutto e formaggio e le gambe stanno molto meglio di quanto pensassi.
E’ deciso: farò il Valparola e non tornerò direttamente a Brunico.
Da qui in poi l’andatura è tranquilla, perché devo digerire quel panino prima di fare il Falzarego.
Dopo un po’ di salita arrivo al Passo Tre Croci.
Mi rimetto l’antivento e vado giù, verso Cortina.
La discesa è a tratti molto veloce e a tratti da guidare, un vero piacere con questa bici.
Ad eccezione di quando si entra nella scia delle auto davanti, quando le ruote con profilo di 42 e 65 mm portano il manubrio a muoversi un po’.
Ci sono abituato, dopo mesi di uso, e non mi spaventa più di tanto.
Il rigore direzionale che ha questa bici è fantastico: basta impostare la traiettoria e capire qual è la velocità giusta per fare delle curve velocissime.
Ho una segnalazione da fare: ho sostituito le gomme tubeless Schwalbe Pro One con le Hutchinson Fusion 5 con mescola Performance e sezione sempre di 25 mm.
Poi ve ne parlerò in un articolo dedicato, ma per ora tutto bene, specie in curva.
Arrivo a Cortina e lo scenario, qui, è magnifico.
Questa cittadina ha la fortuna di essere incastonata fra le più belle cime dolomitiche.
E di essere ai piedi del Passo Falzarego. E del Valparola.
Mi preparo a salire, tolgo la mantellina, ma decido di fermarmi a un bar per una crostatina e fare il pieno di acqua.
Sarà l’ultimo rifornimento di cibo della giornata.
Inizio la salita che conosco piuttosto bene.

Bici da strada aero in montagna
Il profilo altimetrico della salita da Cortina d’Ampezzo al Passo Valparola. Fonte Salite.ch

La pendenza è morbida, solo a tratti sale di più, ma siamo su una pendenza media del 5,5%.
Però sono circa 18 km e il dislivello, da Cortina, è di 987 metri.
Sono pronto perché qui inizia una sfida con la mia resistenza.
Tengo sotto controllo il cuore, le gambe, il respiro e salgo perlopiù con il 36×23 e il 36×25.
Mi riservo il pignone da 28 denti solo per i tratti più ripidi.
Mi alzo sui pedali ogni tanto, scendendo di un pignone, e le gambe stanno bene.
Ce la posso fare.
La bici ha la solita prodigiosa prontezza nel rispondere agli input e in salita questo diventa un vantaggio non solo dinamico, ma anche una specie di comfort psicologico.
So che ogni stilla di energia viene trasferita alla ruota.
Inizio a superare diversi ciclisti.
La quota aumenta e in un attimo mi ritrovo a ridosso dei 2000 metri.
Sento le gambe che girano meglio del previsto e per un attimo assecondo la loro voglia di frullare un po’ di più.

Bici da strada aero in montagna

Poi però ripenso al Valparola e decido di essere più conservativo.
Mancano 2,5 km alla vetta del Falzarego.
Si vede la funivia del Lagazuoi già da un po’.
Intorno le Tofane di Rozes.
2100 metri di quota, ci siamo, ecco il Falzarego, ora il Valparola.
La salita è una specie di rettilineo infestato dal vento contrario.
L’ho sempre trovato a ogni mio passaggio e oggi non fa eccezione.
Tengo il pignone da 28 denti fisso, le gambe sono molto provate.
Il cuore urla di nuovo a 174 battiti (e oltre) e devo tenere questo ritmo per circa un chilometro.
Un chilometro che vedo bene davanti a me e inizio a contare i metri, fino a quando non vedrò il cartello del Passo Valparola.
Poi, da lì, potrò dire che la salita è finita davvero.
Tengo duro, spingo soprattutto da seduto, il busto è schiacciato sul tubo orizzontale, smetto di guardare avanti, mi concentro sulle gambe, sui muscoli, che sento esplodere a ogni pedalata.
Il vento contrario sta mettendo alla prova la mia determinazione, ma alla fine ecco quel cartello.
E’ fatta, da ora, fino a Brunico, è praticamente solo discesa.
Mi fermo al Forte Tre Sassi, mi godo la vetta, mi preparo per la discesa, foto di rito e via verso San Cassiano.

La discesa è molto veloce e molto bella da guidare.
Il vento contrario mi impone una cautela maggiore, ma sono talmente eccitato che freno poco, lascio andare la bici dando fiducia alle gomme.
E il risultato è fantastico.
La Giant Propel Advanced SL 0 è una bici esaltante in discesa.
Nelle curve larghe si disegna la traiettoria e la bici la rispetta.
Sensazioni quasi motociclistiche.
Supero diverse auto con facilità anche perché il traffico è insolitamente scarso.
I primi 4-5 km di discesa permettono velocità molto elevate che superano gli 80 orari.
E si poteva fare anche di più se non ci fossero state delle auto, proprio lì, dove la velocità iniziava a salire.
Arrivo ad Armentarola e proseguo verso San Cassiano.
Il vento è deciso a darmi fastidio, ma non cedo, mi schiaccio sul tubo orizzontale e vado giù, sfruttando l’aerodinamica di questa bici.
Sono a La Villa e continuo a scendere in direzione Brunico.
Mancano svariati km e sebbene la pendenza mi sia a favore, inizio a sentire la stanchezza.
I piedi mi richiedono di allentare la chiusura delle scarpe.
Le gambe vorrebbero che mi fermassi un attimo per stiracchiare, cosa che cerco di fare restando in movimento.
Sì, adesso inizio a sentire la stanchezza, le gambe non tollerano più i cambi di pendenza (a meno di non ridurre molto la velocità) e conto i km che mancano a Brunico.
Il vento è sempre lì, deciso a seccarmi la bocca e ad opporsi con forza alla mia avanzata.
Ma la discesa gioca a mio favore, posso smettere di pedalare e lasciar scorrere comunque la bici.
Ecco la Statale della Val Pusteria ed ecco Brunico.
Ormai sono nella magia dell’ultimo chilometro.
Guardo il Garmin: 142,72 Km (senza contare le lunghe gallerie da La Villa fino a Brunico) e 2766 metri di dislivello, con una velocità media di 24,6 km/h.
Avvisto la mia famiglia, sparisce la stanchezza e sono felice come non mai.

Bici da strada aero in montagna
I trofei dei vari giri dolomitici in sella alla Giant Propel Advanced SL 0. Qui sulle Tre Cime di Lavaredo e…
Bici da strada aero in montagna
…e qui sul Passo Gardena



In conclusione…
Le bici da strada aero in montagna stanno trovando, negli ultimi tempi, una collocazione sempre più sensata.

Il peso
E’ la discriminante principale che è strettamente (ed inevitabilmente) legata al costo della bici: nel caso della bici da me usata, infatti, siamo a ridosso dei 10000€, una cifra stratosferica che permette a una bici da strada aero di essere anche molto efficace in salita.
Il peso scende a 7,4 kg, con pedali, quindi un valore ancora accettabile.
Ma il prezzo è decisamente elevato.

Bici da strada aero in montagna

La rigidità del telaio
Geometria e specifiche costruttive sono rivolte a massimizzare la rigidità e questo si avverte subito appena ci si alza sui pedali.
La ruota posteriore con profilo da 65 mm, poi, incrementa questa sensazione e se non fosse per le gomme tubeless il comfort sarebbe proprio ai minimi storici.
Il telaio, però, è molto appagante in salita dove riesce a far valere la sua rigidità e a far passare in secondo piano una leggerezza non da primato.

Bici da strada aero in montagna

I cerchi a profilo alto
I cerchi in fibra con profilo molto pronunciato (42 mm davanti e 65 mm dietro) incrementano la rigidità torsionale delle ruote, ma inevitabilmente aumentano sia il peso che l’inerzia della bici nei cambi di velocità e di traiettoria.
Diciamo che se siete degli scattisti, in salita potrebbero non piacervi, ma se procedete ad andatura regolare, allora potrebbero esaltarvi.

I freni a disco
Con la premessa che li uso da oltre 15 anni sulla Mtb, nel fare questo giro non avrei avuto altrettanta sicurezza in discesa con un freno a pattino.
La mia corporatura “non da scalatore” impegna di più i freni in discesa, soprattutto su pendenze folli come quelle delle Tre Cime, e sinceramente avrei preferito avere un disco da 160 mm di diametro davanti.
E forse anche dietro.

Bici da strada aero in montagna Bici da strada aero in montagna

L’aggravio di peso è ancora accettabile.
I freni Shimano Dura-Ace si sono comportati bene: nei punti di maggiore sollecitazione li ho “strizzati” a dovere e la frenata è stata sempre affidabile.
Certo, il surriscaldamento allunga un po’ gli spazi di frenata, ma non mi ha mai dato sensazioni di pericolo o di inaffidabilità.
Scaldandosi tanto, però, questi freni, specie il posteriore, diventano molto rumorosi.
Vi invito a leggere tutti i nostri approfondimenti sul tema freni a disco.

Bici da strada aero in montagna

Il comfort
Serve una certa preparazione per stare in sella a questa bici così a lungo.
Non è una bici facile, non è una bici per fare di tutto e se sono riuscito a fare questo giro è anche perché le condizioni dell’asfalto sono comunque piuttosto buone da queste parti.
Il comfort, insomma, non è eccezionale, ma dopo questa uscita posso dire che è migliore di quanto credessi.

Bici da strada aero in montagna

Le gomme tubeless
Ho deciso di provare le Hutchinson Fusion5 perché il marchio francese è stato fra i primi a credere nel sistema tubeless.
Ad oggi le ho usate per circa 240 km e il feeling è stato molto buono.
La pressione che ho usato è stata di 7 bar davanti (la pressione suggerita) e di 7,5 dietro.
Sono curioso di verificare come si comporteranno nel corso del test.

Dalle Dolomiti, per ora, è tutto, ma prima di salutarvi vi invito a restare connessi con BiciDaStrada.it tramite la nostra pagina Facebook

PS: se vi è piaciuta questa storia, vi invito a leggerne una ancora più folle: il giro dei 4 Passi in sella a una bici con trasmissione 1×11…
Realizzata la scorsa estate (foto in basso)

Bici da strada aero in montagna